< PreviousL'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2019 8 In alto, i funerali del futuro che si sono conclusi con il seppellimento reale del feretro del "nostro futuro”, a seguire in senso orario, una famiglia durante una manifestazione, a fianco e sotto la manifestazione contro la Bbc accusata di non informare a sufficienza sui cambiamenti climatici. Il simbolo di Extincion Rebellion è stato studiato per essere semplice da riprodurre, riconoscibile e fa leva su elementi essenziali, come il cerchio - la Terra - e la clessidra - il tempo. 9 L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2019 In alto la manifestazione a sostegno delle api, un indicatore ecologico fondamentale per la biosfera e la vita stessa sul Pianeta, a seguire in senso orario, una lezione di ambiente per i bambini durante un blocco stradale - i bambini sono spesso coinvolti sia per una questione simbolica, sia tattica, è molto difficile per la polizia sgombrare dei bambini senza attrarre l'attenzione dei media, a fianco un blocco stradale a margine di una manifestazione autorizzata sul marciapiede. In basso il versamento di sangue che è vernice d'origine vegetale. L'avvicinamento da parte dei manifestanti al luogo dello sversamento è stato effettuato usando una disposizione in fila indiana al centro della strada in modo d'offrire una scenografia appetibile per i media. L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2019 10 In alto a sinistra una manifestante bloccata con un lucchetto da motocicletta alla cancellata di un ministero, a seguire in senso orario su questa pagina, una manifestante con le manette e sotto una militante viene arrestata. L'arresto viene pianificato nei minimi dettagli.L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2019 11 arresti che avrebbe messo in crisi la polizia londinese e sono stati pianificati mille arresti, sempre con azioni non violente, nell'area metropolitana. «Arriverà il momento in cui il capo della polizia riferirà al governo circa l'impossibilità di eseguire altri arresti, specialmente se sono nonne e bambini», prosegue Hallam. Momento che è regolarmente arrivato ai primi di aprile. Oltre a ciò, come si vede dalle foto, una grande cura è stata data alla mediaticità delle azioni. Blocchi stradali con giochi dei bambini - a prova di sgombero poliziesco -, militanti incollati alle porte delle istituzioni, funerale del futuro con tanto di bara e una barca a vela dipinta di rosa sono solo alcuni dei sistemi utilizzati. Con una pianificazione meticolosa. A ogni militante coinvolto nelle azioni è stato dato un codice di comportamento, coordinando le coreografie, ma lasciando una grande libertà alla fantasia dei singoli. E il movimento è stato concepito per evitare cappelli politici proprio perché questo mix di pragmatismo e libertà dei militanti, lo ha reso "liquido" e pertanto per niente strumentalizzabile. ▲ In alto a sinistra su questa pagina una manifestante davanti alla sede dell'Organizzazione Marittima Internazionale, a seguire in senso orario militanti con un'immagine sui cambiemanti climatici. Qui sotto giovani liceali durante la manifestazione del 15 marzo e in basso la protesta del mondo della cultura nell'atrio della Tate Gallery.L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2019 12 Coltivando sobrietà “Devo lasciare un biglietto a mio nipote: la richiesta di perdono per non avergli lasciato un mondo migliore di quello che è” Per scoprire di più sul progetto: http://www.laminieracurno.it COMUNI VIRTUOSI / A cura di Marco Boschini* A Curno (BG) questa citazione di An- drea Zanzotto non avrebbe diritto di cit- tadinanza. Basta scoprire il progetto “La Miniera – chi cerca trova”, premiato nell’ambito del Premio Comuni Virtuo- si, per avere conferma del fatto che la co- munità ha scelto, già da tempo, di dare un taglio alla propria impronta ecologi- ca. A cominciare dalla punta dell’ice- berg: i rifiuti. Il progetto si impernia sul centro comu- nale di riuso in cui cittadini di Curno e di Mozzo (il paese limitrofo) possono conferire oggetti, piccoli arredi, abiti, giocattoli, accessori e molto altro in buo- no stato e riutilizzabile. Chiunque può accedere al centro per prelevare ciò che serve, lasciando una piccola offerta libe- ra. Il progetto mira a contrastare l’abitu- dine dell’usa e getta e dello spreco, ridan- do valore alle risorse esistenti, diminuen- do la quantità di rifiuti ingombranti e coltivando la sobrietà. A questi obiettivi culturali ed ecologici si accompagnano i vantaggi nel campo del sociale, visto che il centro consente l’inserimento lavorativo di persone con fragilità, stimolando al contempo un gruppo di una ventina di volontari che ge- stiscono le attività del centro, e sostenen- do con il 50% degli introiti un’esperienza di residenzialità per giovani con disabilità dei comuni di Curno e di Mozzo. “Per un caso fortunato – mi racconta la sindaca Luisa Gamba - il nostro progetto ha incrociato un bando regionale che ha finanziato il 50% delle spese che si sono rese necessarie per adeguare ed attrezza- re una parte del magazzino comunale; inoltre, un’azienda del territorio ci ha donato le scaffalature industriali che co- stituiscono l’arredo principale del cen- tro e del magazzino”. Il progetto è nato grazie ad un coinvolgi- mento attivo della cittadinanza, a partire dalla commissione consultiva per l’am- biente che ha collaborato con l’ammini- strazione per l’ideazione del nome e del logo del centro di riutilizzo, fino alla campagna di informazione che è stata oggetto di particolare attenzione: incon- tri di zona, cartelloni, video, articoli sul notiziario comunale, sui quotidiani e nelle TV locali. “I volontari che sono stati reclutati sono, nella quasi totalità, persone “nuove”, non impegnate in altre attività associative, che si sono rese di- sponibili per questo specifico progetto. Il centro, poi, proprio grazie alle capacità proattive dei volontari, è diventato in pochi mesi un luogo di incontro e di col- laborazione per i giovani con disabilità che vivono l’esperienza di residenzialità finanziata dal centro del riuso, per i quat- tro richiedenti asilo ospitati in paese, per altre associazioni che hanno progetti di solidarietà”. “Fare oggi gli amministratori è faticoso e frustrante – continua la sindaca - ma an- che bello e gratificante. Faticoso, perché si devono conciliare la vita familiare, quella professionale e l’attività ammini- strativa che impone molto lavoro per ap- profondire, programmare, realizzare, rendicontare, mantenere i contatti con i cittadini, le associazioni e gli enti. In una realtà piccola come la nostra (7.600 abi- tanti e 33 dipendenti comunali), gli am- ministratori sono impegnati sul campo come manovali, scrivani, factotum. Ma amministrare è anche gratificante, per- ché si può davvero incidere sulla qualità della vita delle persone, soprattutto delle più fragili, si possono utilizzare bene le risorse pubbliche, si può trasformare una comunità. Alla politica nazionale chie- diamo maggiore autonomia nella gestio- ne delle risorse”. *Coordinatore Nazionale Associazione Comuni Virtuosi1 3 L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2019 Seminare un altro mondo. È possibile Un uomo solo può creare una casa editrice, ispirare una legge sullo scambio di semi, dare vita a consorzi e fiere agricole dal basso, scrivere libri e diffondere bellezza ITALIA CHE CAMBIA / A cura di Daniel Tarozzi* Oggi voglio raccontarvi la storia di Massimo Angelini. Questo straordinario agente del cambiamento vive nell’entroterra ligure, si definisce filosofo della terra e della parola e da ormai molti anni si attiva concretamente per cambiare le cose. Riuscendoci. Quello che più mi ha colpito della sua storia è la capacità di realizzare progetti tra i più disparati: ha aperto una casa editrice – Pentàgora -, coprogettato una delle più importanti reti di scambio di semi, la Rete di Semi Rurali, avviato un importante consorzio agricolo, organizzato festival culturali e – tra una cosa e l’altra – dato vita ad una proposta di legge, poi approvata, grazie alla quale oggi è legale in Italia lo scambio dei semi. Il consorzio della quarantina In passato i contadini si autoproducevano le sementi. Poi, con la cosiddetta rivoluzione verde, questa abitudine si è persa. Eppure, intorno ai semi, c’era tutto un mondo. «Ricordo ancora – ci confida Massimo – di un uomo nato nel secolo scorso che aveva tirato fuori un po’ di semini piccolini che teneva da più di 60 anni. Ovviamente pensai che fossero di qualche varietà speciale e lui invece mi spiegò che li teneva perché li aveva portati la moglie l’anno in cui si erano sposati, e ogni anno era come se rifacesse il matrimonio. Le sementi, infatti, le portavano le donne con il corredo». Un aneddoto tra mille. E infatti Massimo ce ne racconta molti. Aneddoti raccolti in centinaia di incontri alla ricerca di un’agricoltura e di un mondo che si andava perdendo. Ma raccogliere informazioni non gli bastava: «Avevo voglia di restituire qualcosa a queste persone che mi avevano donato informazioni, tempo, emozioni – mi confida Massimo - non volevo agire secondo una sorta di ‘attività estrattiva’ nei loro confronti». Da qui nasce l’idea del Consorzio della Quarantina (una particolare varietà di patate tipica di quelle zone). «Ognuno coltiva qualcosa di specifico, ma tutti coltivano le patate. Queste diventano un linguaggio comune a tutti. Ho quindi invitato una ventina di contadini della zona di Genova a non coltivare le patate ‘commerciali’ bensì qualche varietà locale. E così è nato il progetto del Consorzio». La Rete Semi Rurali e una legge che cambia il mondo Nel 1998 la comunità europea, con la direttiva 95, ha emesso le regole per riformare le leggi sementiere. E nel primo articolo veniva stabilito, tra le altre cose, che i semi si sarebbero potuti scambiare (anche gratuitamente) solo tra soggetti iscritti ai registri sementieri nazionali. Questo comportava che le varietà non iscritte e che non rientravano nelle ‘caratteristiche di uniformità’, non potevano essere né vendute né regalate. «Il dono di una pannocchia o dei fagioli tipici diventava reato penale – ci spiega Massimo. – Per questo nel 2000, insieme a Isabella Dalla Ragione, Oriana Porfiri e pochissime altre persone, abbiamo deciso di lanciare un coordinamento fra chi si occupava di questi argomenti per lavorare su una proposta di legge che permettesse all’Italia di andare in deroga rispetto a quella direttiva europea. Obiettivo raggiunto nel 2007 quando la proposta approda in Parlamento e diventa legge. Oggi, quindi, si possono scambiare le sementi purché esse ‘siano di varietà conservate da una famiglia nel corso delle generazioni». Nel frattempo, e contestualmente, nasce la Rete Semi Rurali che si dà il compito di creare una sorta di coordinamento di secondo livello tra molte associazioni contadine. Massimo per un periodo è coordinatore nazionale. Oggi la rete è una struttura importante, che riunisce 40 associazioni, con uno staff di 10 persone che ci lavora a tempo pieno. Queste sono solo alcune delle iniziative a cui ha dato vita questo uomo. E quindi ancora una volta posso affermarlo con certezza. Possiamo davvero cambiare il mondo. Ognuno di noi può farlo. www.italiachecambia.org *Fondatore Italia che cambia, giornalista e scrittore1 4 L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2019 Energia di comunità Finalmente anche in Italia si potranno fare comunità energetiche. Con vantaggi per i cittadini e il clima *Giornalista scientifico L’energia, oggi, è concepita come un settore individuale. Da una parte del filo, o del tubo, c’è un produttore privato e dall’altra il consumatore. Sempre privato. Insomma l’energia è una questione tra privati con il pubblico che sta arretrando anche dall’aspetto regolatorio con l’introduzione del mercato libero. Ma le cose potrebbero cambiare, visto che le recenti direttive europee in materia d’energia hanno introdotto due nuove figure. La prima è quella del prosumer, ossia del produttore e consumatore d’energia, mentre la seconda è quella delle comunità energetiche. In pratica i cittadini che si dotano d’impianti a fonti rinnovabili per la produzione dell’energia che consumano potranno - in Italia e Spagna ciò è ancora vietato - associarsi in comunità e gestire al meglio la propria energia. Non si tratta di un fenomeno nuovo per l’Europa, dove le comunità energetiche - di solito la forma è quella delle cooperative tra cittadini - sono oltre 1.500 per un milione di cittadini. Si tratta di una forma associativa nella quale i cittadini possono realizzare progetti energetici rinnovabili, superando, la piccola scala dell’impianto domestico. Con una quota di denaro simile a quella destinata al sistema domestico si possono acquistare più kW da un impianto più grande perché per quest’ultimo ha prezzi di realizzazione più contenuti. Oppure, per esempio, si può destinare una parte della propria quota all’autoconsumo e un’altra all’investimento vero e proprio. Il tutto esercitando un controllo sulla gestione sia energetica, sia economica. Le comunità energetiche, oltretutto, nelle zone d’Europa dove sono state realizzate hanno portato anche nuova occupazione. «Ero un tecnico, rimasto disoccupato dall’industria petrolifera del Mare del Nord. - ci dice Donald Boyd, ingegnere energetico responsabile delle comunità energetiche scozzesi - E quando ho fatto ritorno alla mia città ho notato che da un lato c’era chi era disoccupato, chi soffriva di povertà energetica e chi aveva denaro e non sapeva come investirlo. E così abbiamo messo assieme questi soggetti in un’unica comunità». Non avendo scopo di lucro, le comunità energetiche riescono a tenere assieme soggetti con esigenze così diverse, come in questo caso, ma esistono anche soluzioni più semplici. Anche in Italia. In alcune zone della nostra nazione, infatti, le comunità energetiche non furono vietate, nel 1963 quando tutta la produzione elettrica passò in mano statale, perché - specialmente sull’arco alpino - alcune zone erano complesse da servire, per cui gli si lasciarono reti e impianti. È il caso di Funes, in provincia di Bolzano, dove già nel 1966 si sostituirono i generatori a gasolio con una centrale idroelettrica da 255 kWe, alla quale si sono aggiunti nel tempo 2,8 MWe, sempre di potenza idroelettrica e sistemi di teleriscaldamento a biogas per 1,8 MWth. Il tutto senza avvistare all’orizzonte la sindrome Nimby (inglese per Not In My Back Yard, lett. “Non nel mio cortile “), visto che gli impianti sono dei cittadini. Risultato l’energia utilizzata a Funes oggi è autoprodotta in comunità per il 98% e costa in media il 35% in meno. Funes, oltretutto, la notte del 28 settembre 2003 - quella dell’ultimo grande black out italiano - visto dallo spazio era una delle poche zone illuminate di tutta la nazione. E non ci si deve scordare dell’aspetto etico della comunità energetica. Questo tipo di associazione, infatti, consente di mettere in comune, dal basso, un bene quale l’energia, producendola da fonti rinnovabili e combattendo così i cambiamenti climatici. Ma non dimentichiamoci il portafogli. L’istituto Ambrosetti ha calcolato, infatti, che con una quota tra il 5 e il 15% della produzione, e dei consumi energetici, fatti in comunità, gli utenti delle stesse risparmierebbero tra i 2 e i 6 miliardi di Euro l’anno, con un impatto positivo sulle industrie tra gli 1,4 e i 4,3 miliardi di Euro, sempre ogni anno. Insomma l’energia in comunità è un affare. Per la comunità stessa, che siamo tutti noi. 15 L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2019 Zanzare: non è un arrivederci Anti zanzare e repellenti naturali per la pelle. Come realizzarli in casa con pochi semplici ingredienti AUTOPRODUZIONE / A cura di Lucia Cuffaro* Ronzano nell’aria e pungono all’im- provviso. Le zanzare oggi, causa combiamenti climatici le abbiamo in certe zone anche sei mesi l'anno. Per evitare il fastidioso prurito abbiamo a disposizione due possibilità: l’acqui- sto di repellenti insetti da supermercato, spesso troppo aggressivi per la salute umana di grandi e piccini, oppure la scelta di rimedi antichi, naturali ed efficaci. Il primo consiglio riguarda il vestiario. I colori più invitanti per le zanzare sono il nero e il rosso. D’estate quindi, meglio prediligere capi dalle tonalità chiare, in particolare il bianco, il meno attrattivo per gli insetti. Da lasciare nell’armadio gli abiti con le fantasie fiorate, onde evitare di sembra- re un prato fiorito per i piccoli insetti. REPELLENTE ZANZARE per adulti e bambini Occorrente 100 ml di olio di Neem • 50 ml di gel d’aloe vera flacone con dosatore spray Per realizzare un valido antizanzare basta versare all’interno di una bottiglietta, meglio se di vetro scuro e con dosatore spray, 100 ml di olio di Neem e 50 ml di gel d’aloe vera. L’olio di Neem è un efficace repellente contro le punture degli insetti in generale. Deriva dalla spremitura dei semi di una pianta tipica dell’India, dove da migliaia di anni viene spalmato direttamente sulla pelle sia per prevenire, che per lenire, l’irritazione delle punture. Si trova facilmente nelle erboristerie e nei negozi di prodotti naturali. Il gel d’aloe vera è rinfrescante e lenitivo e serve in questa lozione per far assimilare completamente l’olio che, emulsionandosi con l’acqua contenuta nell’aloe, sarà completamente assorbibile dalla pelle senza ungerla. Il composto va agitato prima dell’uso e si può spruzzare o spalmare sulle parti del corpo esposte agli insetti anche più volte al giorno, senza controindicazioni. Questa soluzione è adatta e perfettamente sicura anche per bambini e perfino per i neonati. La durata del preparato è di 5 mesi. *Presidente Movimento per la Decrescita Felice ANTIPARASSITARIO NATURALE per animali domestici Occorrente olio di neem • aceto di vino bianco • acqua panno in microfibra L’olio di Neem può essere applicato puro in gocce anche sul pelo degli animali domestici, in particolare sulle zone dietro le scapole. Ottimo per i cani, ha proprietà antisettiche soprattutto contro pulci, zecche e zanzare per via del suo odore sgradevole. Per rafforzarne l’effetto, si può ricorrere anche a un lavaggio col versatile aceto di vino bianco, un repellente naturale. Basta mescolare in una ciotola due parti di acqua e una parte di aceto. Questa soluzione va massaggiata sul pelo del cane o del gatto con un panno in microfibra intinto e ben strizzato nella mistura. www.lecofuturo.itNumero Zero1 7 L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2019 Coltivare l’amo La curiosità è all’origine della conoscenza. Conservare lo stupore e la meraviglia è il solo modo per migliorare il mondo ECOFILOSOFIA / A cura di Maura Gancitano e Andrea Colamedici* La filosofia serve a rendere il mondo un posto migliore. Hilary Putnam, uno dei più grandi filosofidel Novecento, ricorda che già Platone nella sua Repubblica era stato molto diretto su questo argomento: mentre Trasimaco sosteneva che le uniche cose per cui valesse la pena vivere fossero il denaro, il potere e la soddisfazione della lussuria, Socrate “credeva che il mondo potesse essere migliorato, così come le persone, con l’uso della ragione, comprese la ragione teoretica e la filosofia pura. Possiamo certamente sviluppare gli argomenti e le teorie di Platone, ma l’importanza e il valore della filosofia stanno proprio qui: nel rendere migliori il mondo e le persone attraverso il ricorso alla ragione, nel senso più ampio”. Ti sarà chiaro, quindi, che la situazione non è cambiata poi tanto in duemilacinquecento anni, cioè dai tempi di Platone: di Trasimaco ne vedi ovunque, specialmente nei posti in cui dovrebbe esserci qualcuno in grado di ricordarti che desiderare il denaro e i beni materiali non fa necessariamente di te un supercattivo di qualche serie tv o di un romanzo fantasy, ma che cercare solo questo nella vita di certo non ti aiuta a capire chi sei. Vivere solo per soddisfare questi bisogni ti impedisce di vedere che in giro c’è molto, molto di più di quel che sembra a un primo sguardo svogliato. Sta a te scegliere se accontentarti di ciò che ti viene offerto e farti andar bene le cose, oppure darti da fare affinché il mondo sia in grado di rispondere alle domande che ancora non hai immaginato. Conoscerai forse la storiella del tizio affamato vicino a un fiume che viene notato da un avventuriero di passaggio. Il tizio va dall’avventuriero e gli chiede qualcosa da mangiare; il secondo ha del pesce nella borsa ma non glielo offre. Al contrario, gli insegna a pescare: gli mostra come si costruisce una canna da pesca, come si crea un’esca, come e dove gettare la lenza. L’affamato impara, e da quel momento non ha più bisogno di andare a mendicare il cibo. In questa immagine la canna da pesca è il pensiero. V edi, tu credi di saper pensare, ma probabilmente non è così. Nasciamo tutti con una canna da pesca meravigliosa, con mulinello, esca e tutto quanto. Poi, giorno dopo giorno ce ne staccano un pezzetto: prima di tutto tolgono l’amo – che non a caso è fatto a forma di punto interrogativo – e ci garantiscono che è possibile pescare anche senza. «Vai tranquillo! A me l’amo l’hanno tolto da cinquant’anni e ho sempre pescato alla grande», ci hanno detto. L’amo è il domandare, la capacità di incidere nel mondo, di poter far qualcosa di realmente diverso e trasformativo. L’amo è il tuo modo di agganciarti a quel che davvero sei. Ora, se hai fatto attenzione ti sarà sorta spontanea una domanda: ma chi ci ha tolto tutto questo? Chi ci ha obbligato a smettere di pensare? Le domande stupide Cominci a disimparare a pensare quando i tuoi genitori, i tuoi parenti e in generale i tristi abitanti del mondo circostante ti fanno capire che, in fondo, non c’è niente da fare: «non si può cambiare il mondo, ci spiace! Anch’io alla tua età ero un illuso, ma poi ho capito cos’è davvero importante . Pensa a studiare, poi a trovare un lavoro e a farti una famiglia, e alla fine morirai felice». Il filosofo, sosteneva Edith Stein, deve invece guardare il mondo con “occhi spalancati”, proprio come un bambino. Ciò non significa essere infantili, ma non lasciare che la maturità e l’esperienza che hai acquisito ti impediscano di usare la tua capacità di meravigliarti. www.tlon.it *Filosofi, scrittori, ideatori di TlonNext >