< PreviousSi può fare Ristrutturare una casa in maniera ecologica produce benessere per chi la abita, oltre che risparmio A bbiamo ristrutturato casa. È stato un lungo viaggio ma alla fine ce l'abbiamo fatta. Abbiamo preso una casetta tra i monti costruita negli anni '70 e l'abbiamo trasformata in una moderna-antica casa ecologica, con cappotto esterno in canapa e interno in terra cruda, intonaci naturali, riscaldamento a pavimento, pompa di calore, pannelli fotovoltaici, infissi in legno con doppi vetri, cocciopesto al posto delle mattonelle, pavimenti in graniglia e cucina a induzione. Non abbiamo più gas, stufe a pellet o altro. Facciamo tutto con l'elettricità (che in gran parte autoproduciamo e che in ogni caso è fornita da ènostra ed è quindi 100 per cento rinnovabile e appunto “nostra”) e – in caso di necessità o soprattutto di piacere – possiamo accendere il vecchio caminetto che abbiamo mantenuto. Siamo entrati lo scorso ottobre e stiamo affrontando uno degli inverni più freddi degli ultimi anni. E stiamo divinamente. È quasi impossibile spiegare il comfort che si prova. I pavimenti mai freddi. L'umidità pressoché assente. Il calore uniforme e diffuso. La possibilità di regolare la temperatura nelle diverse stanze e nei diversi orari con una semplice App del telefono. Il gusto di scoprire ogni giorno quanta energia abbiamo prodotto con il fotovoltaico. Le finestre si affacciano su alberi e montagne di giorno (nonché uno spicchio di mare) e stelle di notte. L'aria che respiriamo è salubre, completamente priva di odori chimici o di sostanze dannose per la salute. Si può fare. Le case italiane sono in gran parte un colabrodo incapace di mantenere calore. Sprechiamo quasi il 70% dell'energia che produciamo e ci scaldiamo con gas, gasolio, carbone, o chissà quale altra fonte inquinante e spesso non ce ne rendiamo conto o, se lo facciamo, decidiamo di costruire una nuova casa in bioedilizia, ma anche in questo modo sottraiamo nuovo spazio alla natura, ai campi agricoli, al Pianeta. Si può recuperare l'esistente e farlo nel migliore dei modi. È economico? No, se lo fate come lo abbiamo fatto noi, no. Ci sono soluzioni più economiche utilizzando materiali meno ecologici ovviamente. Ma in quel caso, il prezzo lo paga l'ambiente e la nostra salute. Con tutti gli incentivi previsti dal 50, al 65 al 110 per cento, inoltre, anche il tema economico diventa assolutamente sostenibile. E allora, è il momento giusto per intervenire. Certo, ci è voluto più di un anno prima di mettere su una squadra di eccellenza, composta da un architetto innovativo, umile e versatile, Silverio Edel; un consulente competente e puntuale che ci ha traghettato nei mondi dell'impiantistica e delle rinnovabili, Tommaso Galameri di ènostra; intonaci in materiali naturali – Terrapaglia di Fausto Cerboni. Con questo trio, tantissima passione e tantissima fatica, siamo riusciti a realizzare il nostro sogno ma trovare persone serie è stata la sfida più grande. Chiudo richiamando una delle famose citazioni che vengono sempre utilizzate negli ambienti degli attivisti: «Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo» diceva Mahatma Gandhi. Forse oggi potremmo aggiungere «… e abita in una casa che preservi il mondo», e la tua salute. Su Italiachecambia.org pubblicheremo una serie di articoli che racconteranno le varie tappe necessarie alla ristrutturazione ecologica della nostra casa. ITALIA CHE CAMBIA a cura di Daniel Tarozzi* 11 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 * Fondatore di Italia che cambia, giornalista e scrittoreL e fonti rinnovabili sono molte e diverse tra loro. In passato si sono innescate "lotte intestine" nel campo stesso delle diverse rinnovabili. Fotovoltaico contro solare termico, eolico contro idroelettrico e viceversa sono solo alcuni esempi di ciò che è successo e ancora oggi, in un periodo in cui le fonti rinnovabili stanno letteralmente esplodendo a livello mondiale, si vedono delle contrapposizioni che non hanno ragione di esistere. Per un semplice motivo: non esiste la fonte rinnovabile adatta a tutti i contesti e "perfetta". Le rinnovabili, essendo diffuse sui territori devono per forza essere tarate per i luoghi dove sono installate. Per diversi motivi. Il primo è quello della neutralità tecnologica verso i differenti sistemi di generazione a fonti rinnovabili. Non deve sfuggire la necessità di operare in termini di "sartoria energetica" nei confronti dei territori, applicando le singole metodologie di generazione delle rinnovabili in base alle caratteristiche di ognuna senza alcuna preclusione, industriale, culturale o ideologica, al fine di sfruttare al massimo - l'obiettivo di lungo periodo è 100% rinnovabili e zero CO 2 - le fonti in base alle caratteristiche peculiari del territorio. In sintesi, le rinnovabili devono essere "cucite addosso" ai territori. Il secondo motivo è quello legato alla neutralità rispetto ai soggetti operanti. Nel prossimo futuro assisteremo a un rimescolamento delle soggettività energetiche, con utilities che si occuperanno del sistema assicurativo delle auto elettriche, per includervi i sistemi di bilanciamento della rete oppure con agenzie immobiliari che faranno da tramite con un sistema immobiliare per favorire la compravendita di immobili attivi sotto la generazione energetica, senza contare le nuove forme di soggettività energetica che potrebbero essere create con l'ingresso nello scenario di prosumer, comunità energetiche e aggregatori. Il terzo motivo è quello della fiducia tra soggetti diversi, problema sentito in Italia, basti pensare allo stato della giustizia civile. Si tratta di una questione che può essere risolta con l'adozione di sistemi di certificazione distribuiti in rete, come la blockchain, su più livelli, quali la cessione di energia, di servizi, e la certificazione energetica. Sono tutte questioni dirimenti sulle quali le scelte collettive come le politiche faranno la differenza per il successo, in un ambito variegato e multiforme, come per esempio quello urbano che dopo la crisi pandemica richiede una profonda ristrutturazione anche sotto il profilo dell'energia, della produzione energetica da fonti rinnovabili. Senza dimenticare l'innovazione sociale che deve accompagnare la sartoria energetica dei territori. Si tratta di un esercizio che potremmo considerare di "alta moda", poiché il lavoro sartoriale sulle rinnovabili deve calzare a pennello sia sui territori sia sulla società. ▲ * giornalista scientifico, caporedattore L’Ecofuturo Magazine Alta moda energetica Le rinnovabili devono vestire bene sia i terrori sia la società, perché gli abiti dell'energia devono essere impeccabili ma comodi ENERGIA a cura di Sergio Ferraris* 13 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 Per le rinnovabilli bisogna operare come una sartoria energetica artigianale, senza scordarsi la dimensione industriale15 L a tradizione italiana da sempre ama un legume: la lenticchia, una delle coltivazioni più antiche del mondo. Ne esistono tantissime varietà regionali, da valorizzare e sperimentare: di Castelluccio, di Norcia, di Colfiorito, di Leonforte o di Altamura, solo per citarne alcune. Le forme e i colori sono una gioia per gli occhi: si possono presentare a tavola il tipo verde, marrone, rosso, la piccola o la grande. Le lenticchie, meglio se di produzione biologica e possibilmente a km0, possono essere consumate oltre al modo più conosciuto quello per cottura, anche per germogliazione. Da piccoli, abbiamo provato tutti l’emozione di vedere germogliare questo legume a scuola. Un seme, una ciotola e un po’ di ovatta da bagnare per veder spuntare, dopo qualche giorno, una graziosa piantina da interrare e far crescere a casa. Possiamo riprovare anche da adulti, autoproducendo con stupefacente semplicità dei germogli da mangiare, semplicissimi e sani. Consumare quotidianamente una porzione di germogli di lenticchie, permette di assimilare un’esplosione di vitamine, antiossidanti e minerali, paragonabile alle proprietà di grandi quantità dello stesso legume cotto. Sono davvero molto economici. La germogliazione delle lenticchie è facilissima. Per farle reidratare e riattivare si procede con il classico ammollo: sei cucchiai di lenticchie in una ciotola con abbondante acqua per 8-10 ore. Trascorso il tempo, vanno scolate e risciacquate con acqua corrente. Ormai ammorbidite, si trasferiscono all’interno di un capiente barattolo di vetro. Il contenitore va chiuso con una garza fermata da un elastico per scolare l’acqua delle innaffiature con facilità e perché i germogli hanno bisogno di aria per crescere. Il contenitore va posto in una zona della casa in penombra, dove la temperatura sia compresa fra i 18 e i 24°C. Per quattro-cinque giorni l’unico impegno sarà di fargli un bagnetto! Mattino e sera si riempie di acqua metà barattolo (la garza permetterà all’acqua di entrare). Dopo circa un minuto, s’inclina leggermente per scolare le lenticchie. È importante drenare bene tutta l'acqua dalla germinazione perché altrimenti potrebbero formarsi muffe. Già al secondo giorno accadrà la magia: spunteranno e cresceranno le piantine germogliate. Una meraviglia! Il procedimento termina quando dai semi saranno man mano cresciute delle piccole piantine, alte qualche centimetro. Prima che si aprano, le foglioline vanno poste in un barattolo chiuso in frigorifero. I germogli di lenticchie sono ottimi crudi, conditi con un po’ di limone nelle insalate, per arricchire un secondo o anche in un bel panino. Si conservano per cinque giorni in frigorifero. ▲ Germogli di lenticchie: come fare Un legume da scoprire, con tante varietà antiche * scrittrice e conduttrice tv, Presidente Movimento per la Decrescita Felice AUTOPRODUZIONE a cura di Lucia Cuffaro* Germogli di lenticchie in barattolo Occorrente: 6 cucchiai di lenticchie bio barattolo di vetro acqua corrente garza elasticoIl problema Gli apparecchi a legna e pellet installati in Italia da più di 10 anni rappresentano il 70% del parco generatori, circa 6,3 milioni, e contribuiscono all’emissione dell’86% del PM10 primario derivante dalla combustione domestica della biomassa. La soluzione Una strategia in 5 punti Ridurre le emissioni di polveri sottili (PM10) prodotte dal riscaldamento a legna si può. Ecco come. Il risultato Rottamazione dei vecchi apparecchi ed educazione dell’utente finale consentono di ridurre in 10 anni le emissioni di particolato del 70%, di cui il 35% riconducibile alla sostituzione complessiva di 3,5 milioni di apparecchi (almeno la metà degli apparecchi che allo stato attuale hanno oltre 10 anni) e il 35% alla scolarizzazione dell’utente. Il Libro bianco sulla prima fonte di energia rinnovabile del nostro Paese L’industria del settore del riscaldamento domestico a biomasse legnosa presenta “Rottamare ed educare”, la strategia proposta da AIEL per migliorare in modo tangibile la qualità dell’aria, riscaldando le famiglie italiane con una fonte rinnovabile, sostenibile e carbon neutral. 1 Accelerare il processo di rottamazione delle vecchie stufe: sostituire 350.000 apparecchi l’anno con i sistemi incentivanti già in essere: Conto Termico ed Ecobonus/Superbonus. 2 Promuovere l’uso di biocombustibili legnosi di qualità certificata. 3 Garantire una periodica manutenzione di apparecchi e canne fumarie da parte di operatori professionali. 4 Assicurare un’installazione alla regola dell’arte da parte di installatori qualificati. 5 Promuovere e diffondere tra i cittadini le buone pratiche di uso quotidiano degli apparecchi a biomasse. Così si riducono fino a 10 volte le emissioni di PM10. P e r s a p e r n e d i p iù. .. a i e l e n e r g i a . i t / l ib r o bi an co Riscaldamento a legna e pellet e qualità dell’aria: è tempo di agire –70% in 10 anni di emissioni di PM10 da combustione domestica di biomassa. 9 milioni di generatori in Italia 70 % 30 % con + di 10 anni con – di 10 anni 17 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 L a Biodiversità, parola coniata nel 1988 dall’entomologo Edward Wilson, può essere definita come la ricchezza di vita sulla Terra: all’interno degli ecosistemi convivono e interagiscono sia gli esseri viventi sia le componenti fisiche e inorganiche, influenzandosi reciprocamente, arrivando a comprendere anche la diversità culturale umana che peraltro ne subisce gli effetti isprambiente.gov.it. Il magazine “Leadership Management” indirizzato al management, sintetizza a sua volta la bioeconomia come quella parte dell’economia che utilizza il know-how sui sistemi biologici e sulle risorse biologiche per scopi commerciali, agricoli e industriali, “anche” al fine di migliorare la qualità della vita per gli esseri umani. Questo è un modo errato di spiegare la bioeconomia come un’opportunità per scopi di utilità economica e non di necessità sociale. La bioeconomia invece, se non fa proprio il principio cardine della biodiversità, sarà sempre fallimentare. I risultati di una visione meramente utilitaristica si vedono ovunque, purtroppo. La bioeconomia non può permetterselo: il profitto deve essere di tutto il sistema. Non c’è niente che un uomo possa inventare partendo dal nulla, ma certamente può interagire prendendo dalla Natura a qualunque livello abbia le competenze per farlo; ma spostare, accorpare, togliere o aggiungere da un ambiente chiuso senza prevederne le conseguenze è autodistruttivo, come finalmente sembra a molti. Che si tratti di casualità, ingenuità o speculazione, ogni azione determina un’alterazione del sistema nel piccolo come nel grande. Lo è nel piccolo la recente invasione delle cimici cinesi come dei calabroni asiatici nelle nostre campagne: non hanno un nemico in grado di riconoscerle e bilanciarne pertanto la presenza; trasportate a noi probabilmente nei pallet di merci o nelle valigie dei turisti, quindi per un altro scopo che non prevedeva l’interazione con la biodiversità. In Natura invece niente è deciso dal caso ma da una sequenza logica: Leonardo, mezzo secolo fa, aveva osservato che le foglie si dispongono su un ramo affinché tutte possano avere una quantità di luce durante la giornata, aria e nutrienti. «Le foreste - dice l’agronomo Andrea Battiata, anima del progetto Ortobioattivo - traboccano di equilibrio biologico e di uso sapiente delle risorse distribuite tra tutti gli attori del biotopo. Tutti i partecipanti alla vita della foresta, sia visibili sia invisibili, funzionano secondo il principio universale della cooperazione e dell'equilibrio delle forze in campo». In bioeconomia, la matematica è quella sequenza razionale che regola i princìpi, e il futuro della società è regolato da algoritmi basati su questa. In bioeconomia vale l’umiltà della scoperta non la vanità dell’invenzione; se gestita dal cuore è ancora meglio: non quello degli impulsi nervosi ma quello delle più imponderabili emozioni che ci fanno vedere bello un bosco o appetitoso un piatto di verdure miste con frutta, semi e formaggio.▲ * Vicepresidente Ass. Chimica Verde Bionet, R&D manager Green Evolution BIOECONOMIA a cura di Marco Benedetti* Profitti biodiversi Il concetto di biodiversità deve influenzare quello di bioeco- nomia in maniera radicale per avviare la transizioneL icia Colò è la divulgatrice ambientale nota al grande pubblico, con un impegno ambientale che va oltre alla professione. È anche un volto della Tv di Ecofuturo. Le abbiamo posto una serie di domande sulle questioni ambientali, all'ordine del giorno in questo periodo difficile dominato dalla pandemia. Lei si è occupata per anni di ecologia. Può dirci cosa è cambiato sul fronte della coscienza ecologica? «Negli ultimi anni credo che la coscienza di gran parte di noi, per quanto riguarda l'ambiente, sia cresciuta. La questione è che oggi, con il dramma della pandemia il mondo intero si è concentrato per combattere un'altra emergenza: quella sanitaria. Però, voglio vedere il bicchiere mezzo pieno. Sicuramente dalle promesse che sono state fatte nel 2015 a Parigi dei passi avanti sono stati fatti ma, non a sufficienza. Ora, quando il Covid-19 sarà messo definitivamente da parte, dovremo impegnarci per tornare ad avere degli obiettivi importanti, perché non c'è più tempo da perdere». Bellezza d'ambiente L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 18 PERSONAGGI / di Sergio Ferraris Licia Colò ci spiega come divulgare i contenuti ambientali ai tempi del Covid-19 18All'estero le tematiche ecologiste sono sempre più seguite, in molti Paesi i Verdi viaggiano a due cifre, mentre in Italia sembra che vadano al rallentatore. Come mai secondo lei? «In Italia, al contrario di altri Paesi, il partito dei Verdi purtroppo non ha preso molto piede, però, penso che paradossalmente non dovrebbe esserci bisogno di un partito dei Verdi perché le tematiche ambientali devono essere trasversali e stare al primo posto per ogni partito politico. Poi, se parliamo di cose concrete, è ovvio, che se ci fosse un partito ecologista importante come per esempio in Germania, si otterrebbero risultati altrettanto importanti; il mio sogno è che ogni partito abbia a cuore il nostro futuro e la nostra salute». Qual è la ricetta giusta per fare divulgazione ambientale? «Magari conoscessi la ricetta giusta! Senza dubbio, in questo momento storico nel quale tutti siamo sotto pressione per la lotta al Covid-19 le persone sono ancora più restie a sentir parlare di tutela dell'ambiente. Il modo migliore penso che sia di parlare di bellezza per portare un po' di serenità nelle case e poi aprire delle finestre importanti sui temi che ci stanno a cuore, facendo vedere che cosa ci perdiamo se non ci comportiamo nel modo giusto. Insomma tentare di far vedere il bicchiere mezzo pieno rispetto a quello mezzo vuoto». Parliamo di clima? Come pensa che vadano comunicati i contenuti sul clima per essere efficaci? «È un momento difficile per cui noi non dobbiamo perdere di mira quelli che sono i nostri obiettivi che poi dovrebbero essere di tutti. Parlare di cambiamenti climatici in questo momento è difficile per la stessa ragione di prima, il Covid-19, però bisogna continuare a farlo e credo che un modo sia di fare esempi pratici e non soltanto spiegare ciò che succede dall'altra parte del mondo. Bisogna occuparsi anche di ciò che succede a casa nostra. Parlare di coltivazioni, di alluvioni, di disastri ecologici, di ciò che fa l'inquinamento, ecco, se parliamo di cose che coinvolgono la quotidianità allora si è più disposti a capire che i cambiamenti climatici sono un'altra malattia della Terra della quale ci dobbiamo prendere cura». Da qualche tempo si parla molto delle ecologiste. Quali sono le caratteristiche peculiari della visione ecologista propria delle donne? «Girando per il mondo ho incontrato tante persone che hanno dedicato la propria vita alla tutela dell'ambiente. È un dato di fatto che molto spesso si tratta di donne e perché le donne siano più sensibili alle questioni ambientali non lo so. Forse è nel nostro Dna essere più propense all'aiuto nei confronti degli esseri più deboli, forse la natura ci ha dato il dono della maternità e abbiamo 19 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 PERSONAGGINext >