< PreviousPERSONAGGIl’istinto di prenderci cura di chi chiede aiuto. Si tratta di ipotesi, non possiamo generalizzare. Ci sono, in realtà, grandi donne così come ci sono grandi uomini, sulle questioni ambientali. È necessario comunque che sviluppiamo tutti una sensibilità a queste tematiche. Oggi abbiamo Greta Thunberg, ma domani potremmo avere un uomo, un ragazzo che magari farà delle cose più importanti di quelle che ha fatto e continua a fare Greta Thunberg. In ultima analisi non farei una distinzione di sesso». E per finire parliamo di futuro. Come lo immagina tra dieci anni? «Tra dieci anni vorrei un futuro ovviamente radioso. Senza mascherine e senza paura dell'altro, con città molto più verdi, con la mobilità elettrica, con i parchi urbani curati e con una mentalità sostanzialmente cambiata. Io faccio sempre la domanda: “Qual è la ricetta per essere più green?”, alla quale rispondo: “dobbiamo semplicemente chiederci se ho sul serio bisogno di un oggetto o di un servizio”. Perché dobbiamo avere uno stile di consumo diverso e fare delle scelte più ragionate, meno istintive, guardando meno all'apparenza e più a tutto ciò che ci circonda e viene distrutto a causa di comportamenti sbagliati, poco responsabili o semplicemente perché non conosciamo quello che c'è dietro agli oggetti. Ecco, vorrei un mondo più unito, vorrei un ambiente più sano, vorrei vedere tante più persone che magari d'estate vanno nella natura in maniera rilassata, calma e senza affollarsi. Poi vorrei che tra dieci anni fossero state fatte delle scelte, nelle città, verso la sostenibilità, come quella di organizzare in modo diverso e più intelligente la vita, per esempio variando gli orari delle scuole, del lavoro e dei servizi affinché la mobilità sia più fluida. E si tratta di soluzioni semplici, che possono far diventare le nostre città più smart in molti settori. Ecco vorrei che tra dieci anni si fosse su questa strada». ▲22 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 LA CORNICE / di Giuliano Tallone* Biodiversità: ultima frontiera Spesso relegata agli ultimi posti fra le priorità ambientali, la biodiversità del Pianeta è invece fondamentale U ltimamente l’attenzione generale sui cambia- menti climatici è cresciuta molto, mentre l’o- pinione pubblica internazionale è meno at- tenta al problema della perdita della biodiver- sità che è altrettanto grave e strettamente connesso alla questione climatica. Già dalla fine degli anni ’80 era tangibile un serio peggiora- mento della condizione globale degli ecosistemi e delle specie e un numero notevole di studi segnalava il rischio di gravi dan- ni non solo alle comunità vegetali e animali ma anche ai pro- cessi ecologici che sostengono le popolazioni umane. Per que-23 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 sto nel 1992 durante il Summit della Terra a Rio de Janeiro fu approvata, insieme alla Convenzione Quadro sui Cam- biamenti Climatici, anche la Convenzione sulla Diversità Biologica (Cbd). Negli ultimi anni, la comunità internazionale scientifica e conservazionista ha intensificato gli sforzi per comprendere le dimensioni del fenomeno della perdita degli ecosistemi, attivando numerosi progetti di sur- vey globale per raccogliere dati sulla scomparsa di specie ed ecosistemi, con risultati davvero preoccupanti. L’ Indice del Pianeta Vivente ( Living Planet Index ) è un indicatore dello stato della biodiversità globale, ela- borato dal WWF e dalla Zoological Society of London , che segnala la si- tuazione della biodiversità del no- stro Pianeta. Pubblicato per la pri- ma volta nel 1998, per due decenni ha registrato la situazione e nel suo recente Rapporto del 2018 dimo- stra che dal 1970 al 2014 si è accer- tato un declino del 60% di oltre 16.500 popolazioni di più di 4 mila specie di animali vertebrati (mam- miferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci). Estinzione concreta Lo stesso rapporto informa che l’ In- tergovernamental Science/Policy Platform on Biodiversity and Ecosy- stem Services (Ipbes) ha pubblicato la valutazione sul degrado dei suoli (Land Degradation and Restoration Assessment): oggi meno del 25% del- la superficie terrestre è in condizioni naturali e, nel 2050, continuando con l’attuale sfruttamento senza invertirne la tendenza, que- sta percentuale si abbasserà probabilmente al 10%. Il degra- do dei suoli mina il benessere di circa 3,2 miliardi di persone; inoltre, nell’era moderna, le zone umide hanno perso l’87% della loro estensione. L’aggiornamento 2019 della “Lista Rossa” dell’Unione Inter- nazionale della Conservazione della Natura (Iucn) ha dimo- strato che complessivamente di circa 106 mila specie valuta- te, classificate secondo una scala che va da quelle a minor rischio di estinzione a quelle seriamente minacciate fino a quelle ormai estinte, sono diventate 28 mila quelle a rischio di estinzione, ossia il 27% del totale. Insetti in picchiata A ottobre 2017 un gruppo di ricercatori europei, coordina- to dal C.A. Hallmann, ha pubblicato su Plos One uno studio in cui si riferisce che in Germania la biomassa degli insetti è crollata del 76%, notizia ripresa anche dal National Geo- graphic. Gli autori della ricerca, tra il 1989 e il 2016, hanno condotto 96 campionamenti in 63 riserve naturali della Ger- mania, coprendo un'ampia varie- tà di habitat come paludi, aree periurbane, dune di sabbia e ter- reni arbustivi. Perché l'analisi fosse rappresentati- va del paesaggio frammentato dell'Europa occidentale, la scelta è caduta su riserve di piccole dimensioni, comune- mente circondate da terreni desti- nati all'agricoltura. Per stimare la biomassa delle specie volatrici, hanno fatto ricorso alle trappole Malaise, una sorta di tende canadesi caratterizzate da un setto verticale interno che dirige la fuga degli insetti verso un contenitore dove rimangono intrappolati. L'a- nalisi ha restituito uno scenario preoccupante, che si spinge ben ol- tre le previsioni più pessimistiche: in appena ventotto anni la biomas- sa media è crollata del 76%, rag- giungendo picchi dell'82% nei campionamenti estivi. Il declino non ha risparmiato alcuno degli habitat considerati. Secondo gli autori, non è ascrivi- bile a un'unica causa quanto piut- tosto a un insieme di fattori di grande scala tra i quali lo smodato uso di pesticidi, il cambiamento climatico e so- prattutto la trasformazione del territorio da parte dell'uo- mo. Come testimonia uno studio del 2019 (coordinato da Sanchez-Bayo e Wyckhuys), il declino del 40% delle specie di insetti sta mettendo a grave rischio il funzionamento de- gli ecosistemi terrestri. Questi dati ci dicono una cosa sola: ormai la crisi delle estin- zioni globali di specie e la distruzione di ecosistemi non è solo una questione per anime pie sensibili ai panda o alle far- falle, ma è un processo che mina la capacità degli ecosistemi di produrre i propri servizi (depurazione acqua, aria, forni- tura di risorse) che a breve potrebbe avere pesantissime ri percussioni sui sistemi economici e sociali del Pianeta. ▲ *Professore a contratto, Scienze Ambientali, Università La Sapienza, Roma 28 mila specie sono a rischio estinzione, ossia il 27% del totale24 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 Con "Farming for Future" il Consorzio Italiano Biogas, mette in campo dieci azioni per progettare il futuro, sostenibile, dell'agricoltura U n nuovo paradigma. 10 azioni per una riconversione agroecologica dell’agricoltura, per produrre di più usando meno risorse, contrastando il cambiamento climatico, garantendo cibo ed energia a tutti, ripristinando la fertilità dei suoli e la biodiversità. Sembra un futuro lontanissimo, invece la crisi climatica, la perdita di biodiversità, l’impoverimento dei terreni sono realtà concrete da affrontare nell’immediato. Il progetto Farming for Future , ideato dal Consorzio Italiano Biogas, è concreto. Con questo progetto si propongono azioni e soluzioni già disponibili e ampiamente utilizzate in campo dagli agricoltori del CIB che rappresenta da tempo il luogo dove agricoltura, industria e mondo della ricerca si possono incontrare e far nascere idee. La nostra esperienza ci ha insegnato come il mondo agricolo e il mondo industriale si possano muovere sinergicamente, fornendo soluzioni tecnologiche immediatamente applicabili. Dall’analisi dei dati elaborati per Farming for Future emerge che l’agricoltura, ridando centralità al suolo, diffondendo la digestione anaerobica, promuovendo la fertilizzazione organica e favorendo l’innovazione tecnologica è in grado di abbattere le emissioni continuando a fare agricoltura di qualità. Al 2030 l’agricoltura italiana, attraverso la produzione di 6,5 miliardi di m 3 biometano secondo i principi del Biogasfattobene e l’adozione delle soluzioni e delle tecniche di cui alle diverse azioni, potrà ridurre complessivamente del 32% le emissioni di CO 2 eq grazie agli investimenti propri e diretti. Tale riduzione è il risultato congiunto di misure di mitigazione e di attività di sequestro di CO 2 nel suolo; sostituendo poi il biometano all’uso di fonti energetiche fossili si potranno evitare ulteriori 19.000 kt di CO 2 eq pari al 6% delle emissioni italiane di CO 2 eq. Coltivare futuro FARMING FOR FUTURE / di Piero Gattoni*25 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 Suolo al centro Oltre alle emissioni, anche la tutela del suolo e della biodiversità sono temi portanti del progetto. In quest’ottica, il digestato e le doppie colture rappresentano importanti opportunità per i produttori di biogas. Il digestato, prodotto dalla digestione anaerobica di sottoprodotti, effluenti zootecnici e colture di secondo raccolto, utilizzato in agricoltura come fertilizzante organico, è essenziale per restituire nutrienti al suolo e ridurre l’uso di fertilizzanti chimici. Inoltre, grazie al digestato si forniscono al terreno non solo azoto, fosforo e potassio, ma anche importanti quote di carbonio organico permettendo di aumentare la fertilità del suolo, contrastando così il rischio di desertificazione e consentendo produzioni migliori sia in quantità sia in qualità. Il suolo è una risorsa non rinnovabile e la concimazione organica con digestato è la strada giusta per avere un suolo fertile e resiliente; da un lato, s'incrementa la sua dotazione di sostanza organica, dall’altro si combatte la crisi climatica grazie alla CO 2 sottratta all’atmosfera e fissata in modo stabile nel suolo. La centralità del suolo, la sua fertilità e la sua biodiversità sono alla base di altre pratiche agricole indicate tra le 10 azioni, quale per esempio il ricorso alle doppie colture che, intensificando la fotosintesi dello stesso campo, consente un maggior stoccaggio di carbonio e una maggiore attività delle radici e quindi della vita incredibile di funghi, microfauna, batteri, che c’è sotto ai nostri piedi (un quarto della biodiversità del Pianeta). Con le doppie colture il suolo è più resiliente perché rimane coperto tutto l’anno. In Farming for Future c’è molto di più: una nuova visione di agricoltura, capace di essere sempre più connessa con altri settori produttivi, più tecnologica (sensori, IoT, guida satellitare, mappe di fertilità) e più attenta al ritmo naturale delle proprie risorse, prima tra tutte il suolo. Farming for Future resta una piattaforma aperta alla condivisione, invitiamo tutti a seguire il nostro progetto su www.farmingforfuture.it. ▲ IMPIEGARE EFFLUENTI ZOOTECNICI E SCARTI AGRICOLI NELLA DIGESTIONE ANAEROBICA PER RIDURRE LE EMISSIONI E PRODURRE BIOENERGIE RINNOVABILI GESTIONE DEI LIQUAMI DA ALLEVAMENTO UTILIZZARE FERTILIZZANTE ORGANICO (DIGESTATO) PER RESTITUIRE NUTRIENTI AL SUOLO E RIDURRE L’USO DI FERTILIZZANTI CHIMICI FERTILIZZAZIONE ORGANICA SOSTITUIRE I COMBUSTIBILI FOSSILI CON FONTI DI ENERGIA RINNOVABILE PER RIDURRE L’INQUINAMENTO E LE EMISSIONI ENERGIE RINNOVABILI IN AGRICOLTURA ADOTTARE TECNICHE DI AGRICOLTURA E ZOOTECNIA AVANZATE PER CALIBRARE LE RISORSE NECESSARIE ALLE COLTURE E ALLEVAMENTI AZIENDA AGRICOLA 4.0 ADOTTARE TECNICHE AVANZATE DI LAVORAZIONE DEL SUOLO E FERTILIZZAZIONE ORGANICA PER RIDURRE LE EMISSIONI DAI SUOLI LAVORAZIONI AGRICOLE INNOVATIVE IMPLEMENTARE TECNICHE AGRICOLE E ZOOTECNICHE DI ECCELLENZA PER MIGLIORARE LA QUALITÀ E IL BENESSERE DEGLI ALLEVAMENTI QUALITÀ E BENESSERE ANIMALE ADOTTARE LE DOPPIE COLTURE PER INCREMENTARE LA CATTURA DELLA CO2 E LA FERTILITÀ DEI SUOLI INCREMENTO FERTILITÀ DEI SUOLI INTEGRARE COLTIVAZIONI LEGNOSE NEI CAMPI COLTIVATI PER AUMENTARE LA FOTOSINTESI E LA SOSTANZA ORGANICA NEI SUOLI AGROFORESTAZIONE SVILUPPARE E UTILIZZARE MATERIALI DI ORIGINE BIOLOGICA, NATURALI E RINNOVABILI PRODUZIONE E USO DI BIOMATERIALI PRODURRE METANO E IDROGENO RINNOVABILI DAL BIOGAS AGRICOLO BIOGAS E ALTRI GAS RINNOVABILI * Presidente del Consorzio Italiano Biogas" 26 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 BIOLOGICO / di Mariagrazia Mammuccini* La difesa della biodiversità è essenziale per l'agricoltura biologica È una fase decisiva per il biologico. Il settore è a due milioni di ettari coltivati, oltre 80 mila aziende, il 15,8% della superficie agricola è bio, pari al doppio della media europea. Il mercato negli ultimi dieci anni è cresciuto nell’ordine del 142%; ci troviamo di fronte a una vera e propria trasformazione del modo di produrre e consumare, determinato dalle scelte consapevoli verso prodotti che offrono garanzie per la salute, il rispetto dell’ambiente e che rispondono a princìpi di equità sociale. Le molteplici crisi, da quella ambientale a quella climatica fino a quella sanitaria, hanno reso più urgente e necessaria l’esigenza di cambiare il modello di produzione e consumo; l’agricoltura biologica Biologico è biodiverso27 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 rappresenta la punta avanzata della transizione più che mai essenziale. Le strategie europee “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”, presentate a maggio 2020, pongono l’agricoltura biologica al centro di una trasformazione dei sistemi agricoli europei verso l’agroecologia, elemento chiave del Green Deal europeo. Puntano a triplicare le superfici agricole coltivate a biologico entro il 2030, a tagliare l’uso dei pesticidi del 50%, quello dei fertilizzanti del 20% e quello degli antibiotici del 50%. Una vera e propria svolta delle politiche europee verso l’agroecologia di cui l’agricoltura biologica e biodinamica rappresentano le espressioni concrete più diffuse. Gli elementi fondamentali dell’agricoltura biologica sono la protezione e l’incremento della fertilità del suolo in cui si concentra il 90% della biodiversità del Pianeta. Un terreno degradato riduce la sua capacità di mantenere e immagazzinare carbonio innescando minacce globali. Le pratiche agroecologiche favoriscono il sequestro del carbonio nel terreno, contrastano il cambiamento climatico e preservano la biodiversità sotterranea. Il concetto di biodiversità è un principio generale dell'agricoltura biologica: per questa ragione, ogni anello della catena di produzione dei prodotti è studiato per mantenere e, dove è possibile, incrementare la diversità delle piante e degli animali. Una metanalisi pubblicata a marzo 2020 che integra i dati di 98 studi, conferma che l'agricoltura biologica rappresenta una strategia efficace per combattere la perdita di biodiversità. La ricerca ha analizzato 474 aziende tra agricole convenzionali e biologiche: la diversità e l'abbondanza di specie complessive è risultata per il 58% più elevata nelle aziende agricole biologiche, in particolare le piante hanno fatto rilevare una presenza del 95% superiore nelle terre coltivate con metodo bio e del 21% maggiore nei margini dei campi. Biodiversità agro La centralità della biodiversità per il biologico comprende anche le specie vegetali per la coltivazione e le razze animali per l’allevamento, utilizzando nei diversi territori le varietà più adatte alle specificità degli ecosistemi locali (agrobiodiversità). Con un approccio del genere, le conoscenze degli agricoltori e delle comunità rurali sono parte integrante del concetto di biodiversità. Nell’agricoltura biologica la figura dell’agricoltore ritorna a essere centrale rispetto all’agricoltura industriale che ne ha marginalizzato il ruolo mettendo al centro pacchetti tecnici predisposti dall’agrochimica. Nel biologico l’agricoltore deve conoscere bene la propria terra, il clima, le relazioni pianta-ambiente e impiegare le proprie competenze per rispettare la vocazione del territorio. Il nostro Paese è un punto di riferimento a livello internazionale per la qualità dell’alimentazione, la valorizzazione della biodiversità e delle varietà locali; il biologico è il metodo di produzione più coerente per dare valore a questo modello. Servono scelte politiche coraggiose, all’altezza della situazione. Occorre approvare la legge sull’agricoltura biologica per promuovere i distretti biologici e le filiere di “Made in Italy Bio” utilizzando tutte le risorse a disposizione, dai fondi stanziati con la Finanziaria al Recovery Fund e al Piano d’azione europeo sul biologico. Serve una riforma della Pac coerente con gli obiettivi delle strategie “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”, per supportare tecnicamente le aziende, con investimenti strategici in ricerca, innovazione e formazione per arrivare al 40% di superficie bio entro il 2030, poiché si parte da una superficie doppia rispetto alla media europea. La conversione al biologico è un’opportunità importante per il contrasto al cambiamento climatico e per frenare la perdita di biodiversità, ma al tempo stesso, rappresenta una possibilità concreta di sviluppo per i territori rurali e per l’occupazione dei giovani. ▲ La biodiversità per il biologico è centrale e comprende specie vegetali e animali cotivazione e allevamento * Presidente FederBio28 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 ORTI URBANI / di Giorgia Marino C ’erano una volta gli orti di città. Micro-mondi disordinati con recinzioni ricavate da reti da letto, capanni con tetti in lamiera e amianto e serre di nylon rattoppate. Non proprio “ecologici” eppure, dagli anni ’50, il diffuso fenomeno degli orti abusivi, ha tenuto vivo il rapporto con la terra, soprattutto nelle periferie delle città. Negli ultimi anni associazioni ed enti locali si stanno impegnando a mettere ordine in questo fenomeno di “resistenza” spontanea e ad attribuire il valore e lo spazio che merita all’agricoltura urbana. In gioco c’è – e lo dicono osservatori internazionali come la Fao - la sicurezza alimentare. Nel corso del 2020, il lockdown ha reso evidente quanto poco resilienti e autonome siano le aree urbane da un punto di vista di approvvigionamento alimentare; un piccolo appezzamento di terra da coltivare può essere di aiuto per una famiglia, mentre un sistema strutturato di orticoltura urbana potrebbe contribuire a una maggiore indipendenza alimentare dell’organismo città. Coltivare un orto è un mezzo di socialità e inclusione, un ottimo metodo di Orti e grattacieli Gli orti urbani portano una serie di valori nella metropoli quali quelli del cibo, delle comunità e della biodiversità29 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 didattica per le scuole, può diventare anche uno strumento terapeutico ed ha un enorme valore ambientale. Esattamente come il verde urbano, con la differenza che sono i cittadini a prendersene cura, gli orti contribuiscono a migliorare la qualità dell’aria, preservano il suolo dalla cementificazione, lo rigenerano, mitigano l’effetto isola di calore in estate, riqualificano il paesaggio delle periferie e delle aree periurbane e sono fondamentali per la protezione della biodiversità. Comunità negli orti Con il suo passato da ex città industriale e le sue periferie nate come “dormitori” per gli operai, Torino è sin dagli anni ‘50 la città degli orti. Proprio dal sobborgo operaio Mirafiori, è partito uno dei più bei progetti di orticoltura di comunità in Italia: gli Orti Generali, curato dall’architetto paesaggista Stefano Olivari e dal sociologo Matteo Baldo e ispirato a esperienze europee come le Urban Farms inglesi e i Parc Potager francesi. Partendo da uno scenario di “agricoltura relitta”, cioè una serie di piccoli appezzamenti sparsi e inutili per le aziende agricole, l’associazione ha guidato un percorso di progettazione con i cittadini del quartiere. Il risultato è un’area ben organizzata che comprende 160 orti dati in affitto a cifre molto popolari (da un minimo di 25 euro/mese), un orto collettivo, aree per i corsi di formazione in agricoltura biologica, permacultura, apicoltura (https://bit.ly/2LQyBma) e un chiosco con tavoli all’aperto. «Insomma, non solo agricoltura urbana, ma un progetto di comunità», spiega Eleonora Ciampi, che si occupa della comunicazione. Una comunità ben organizzata grazie alle tecnologie digitali, con un servizio di assistenza online per gli orticoltori, una centralina meteo che controlla il tasso di umidità dei terreni e un sito aggiornato con le colture e i lavori da fare. «Durante il lockdown – racconta Ciampi – è stato attivato un servizio di tele-coltivazione: Stefano e Matteo hanno chiamato gli ortolani, uno per uno, chiedendo la ‘lista della spesa’, cioè quali verdure volessero piantare». Molto spazio è dato alla conservazione della biodiversità, con un giardino di piante aromatiche e fiori per gli insetti impollinatori e un bugs hotel ricavato da un vecchio capanno degli attrezzi. «Nella progettazione paesaggistica si è scelto di mantenere le bialere, i canaloni che un tempo servivano a irrigare i campi di grano e oggi sono diventate dei corridoi di biodiversità dove crescono erbe spontanee che attirano gli insetti». Biodiversità antiche Sulla conservazione della bio- diversità punta molto anche il progetto di orti urbani, or- mai ventennale, di Legambien- te Campania, probabilmente il più esteso d’Italia. “Mille Orti per la Campania” era il nome del programma: «un obiettivo raggiunto e superato - commen- ta Michele Buonomo – con centinaia di orti sul territorio regionale». Il nucleo più interessante è quello di Pontecagnano, alle porte di Salerno, dove Legambiente gestisce dal 1999 l’area del parco ar- cheologico etrusco, organizzata in un centinaio di appezzamenti dati in affitto perlopiù ad anziani, con iniziative anche per bambini per favorire lo scambio generazionale. In cantiere c’è un ambi- zioso progetto di conservazione della biodiversità. «Realizzeremo un giardino per gli impollinatori e colture di piante migranti, non originarie dell’a- rea, come il pomodoro o la melanzana – racconta Buonomo. In collaborazione con l’Università di Salerno, stiamo lavorando per reintrodurre piante antiche e spontanee, che non si coltivano più e di cui non si conoscono più le proprietà e gli utilizzi. Ci sono delle specie tintoree, che abbiamo utiliz- zato per ricavare pitture naturali con cui ridipin- gere i muri del Museo della Dieta Mediterranea». A dimostrazione di come il concetto di biodiversi- tà possa essere declinato a 360 gradi, migrando dal mondo naturale a quello della cultura e della storia. Passando, ovviamente, attraverso un orto. ▲ FAO – Urban Food Agenda (https//bit.ly:3bX3dNq) Orti Generali (https//bit.ly:3sIzf5Q) Calendario corsi: (https://bit.ly/39OTVR4) Orti Legambiente Campania (https://bit.ly/2LHskcz)Next >