< PreviousL'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 50 I n un corto geniale di qualche anno fa, il protagonista - Ivano Marescotti - rischiava di morire soffocato perché aveva dimenticato di pagare la “bolletta dell’aria”. Al di là della provocazione, l’aria costituisce qualcosa di molto particolare per tutti. Se possiamo scegliere personalmente con cura il cibo che mangiamo, l’acqua che beviamo e i vestiti che indossiamo, per l’aria che respiriamo non è la stessa cosa. Non dipende solo da noi, ma dall’insieme delle azioni collettive che ne determinano la qualità. Sappiamo che le principali fonti d’inquinamento sono trasporti, riscaldamento, industrie e produzione di energia. L’inquinamento però non è solo quello outdoor, ma anche quello indoor che può essere fino a venti volte maggiore del primo ed è fra i principali responsabili dei problemi di salute legati alla qualità dell’aria. La pandemia non fa eccezione. È dimostrato che i contagi al chiuso sono venti volte maggiori di quelli all’aperto. Ciò ha portato l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema della sanificazione dell’aria, come strumento per prevenire i possibili contagi negli spazi chiusi, in particolare quelli legati agli aerosol che è dimostrato possono rimanere nell’aria fino a tre ore. Si è iniziato, in pratica, a parlare di “aria potabile”. Come sempre accade in questi casi, il mercato si è trovato invaso da mille proposte, non sempre serie e non sempre efficaci. È difficile districarsi nel labirinto delle tecnologie disponibili, specialmente per chi non ha - come noi di Ecofuturo - la fortuna di poter ricorrere a un robusto Comitato scientifico che aiuta a discernere e a sviscerare le tecnologie. Sanificazioni diverse Voglio condividere alcune delle riflessioni emerse negli ultimi mesi, ricordando che già a luglio (quando la pandemia si era ridotta al punto da indurre alcuni a pensare che fosse finita), avevamo presentato durante le Settima edizione del Festival Ecofuturo, in un’apposita sessione, le eccellenze in materia di sanificazione dell’aria. Prima di tutto occorre identificare i sistemi incompatibili con la presenza umana come l’ozono, che richiedono dopo ogni trattamento di aerare i locali, e quelli compatibili. Occorre distinguere fra i sistemi passivi, che utilizzano filtri (Hepa o altri) e quelli attivi che trattano l’aria in continuo (plasma freddo, fotocatalisi, raggi Uvc). Discorso a parte per i sistemi di ricambio d’aria con l’esterno attraverso la ventilazione meccanica controllata che sono molto utili, così come il ricambio che avviene aprendo le finestre, ma col vantaggio di non raffreddare i locali SALUTE E SICUREZZA ARIA POTABILE La sanificazione dell’aria è ormai una possibilità concreta. E non solo per il Covid-19 di Michele Dotti*51 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 * Direttore L'Ecofuturo Magazine per evitare un’eccessiva concentrazione dei contaminanti nell’aria. L’utilizzo di questi sistemi è la via che ha scelto la Germania per affrontare il Covid-19 nelle scuole. Torniamo un attimo alle tecnologie disponibili per la sanificazione dell’aria, ponendo ovviamente l’attenzione ai sistemi compatibili con la presenza umana. Plasma freddo Quella che fra tutte pare mostrare la maggiore efficacia è la ionizzazione al plasma freddo, soprattutto per la rapidità con cui elimina i virus dall’aria, nell’ordine di minuti e non di ore come per le altre tecnologie considerate, oltre ad aver raggiunto, come hanno dimostrato i test condotti dall’Università di Padova - Dipartimento di Medicina Molecolare, il 99,99% di efficacia nell’eliminazione dei virus: in soli trenta minuti. Ciò che vorrei rilevare è che si tratta di una tecnologia che potrà essere preziosa anche una volta finita la pandemia, per la sua efficacia nella riduzione delle muffe, dei batteri e dei composti volatili organici (Voc), fra i principali responsabili -per la parte indoor- delle oltre 60 mila vittime per inquinamento che si contano ogni anno nel nostro Paese. La tecnologia della ionizzazione al plasma freddo esiste da anni, ma è stata perfezionata dalla Jonix con importanti investimenti in ricerca e sviluppo, raggiungendo risultati davvero sorprendenti, documentati da numerose certificazioni. Come Ecofuturo abbiamo proposto alle scuole, negli ultimi mesi, l’installazione dei sanificatori d’aria al plasma freddo, per mettere in sicurezza la didattica in presenza. Una proposta che è stata rilanciata anche dall’ex- Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti e ripresa da varie testate, alimentando un importante dibattito sul tema. Sono interventi che possono, nella maggior parte dei casi, ripagarsi in pochi anni con il risparmio economico generato dalla contestuale introduzione di una centralina smart per il risparmio energetico (Eless) che può portare a una riduzione media del 30% sul riscaldamento. Anche senza questa possibilità, i costi sono molto contenuti. Non è un caso se questi sistemi di sanificazione dell’aria si stanno diffondendo sempre più, in Italia e nel mondo intero. Ci auguriamo che essi possano rimanere, anche una volta finita questa terribile pandemia, insieme a una rinnovata attenzione al tema fondamentale della qualità dell’aria indoor. ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 52 MOBILITÀ SOSTENIBILE/ di Ivan Manzo Con l'elettrone è gratis Viaggiare elettrico al centro di Faenza: la soluzione gratuita per il trasporto pubblico. Un'esperienza da replicare in altre città S econdo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, in Italia oltre 60 mila persone perdono la vita ogni anno per via dell’inquinamento atmosferico. Un numero altissimo, che fa del Belpaese la nazione europea con il maggior numero di vittime per smog; la Pianura padana è la zona più colpita (anche a causa di una conformazione geologica che limita il ricambio di aria). Sebbene la maggior parte delle polveri sottili presenti nelle città sia da imputare alle operazioni di riscaldamento e raffrescamento che avvengono nei nostri edifici, gran parte è comunque prodotta dal processo di combustione delle auto endotermiche (quelle a benzina e a diesel), per questo motivo sempre più città in Europa si preparano a bandire dai 53 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 propri centri le auto convenzionali, a potenziare le reti di trasporto pubblico e a favorire l’esplosione della mobilità elettrica. L’Italia, seppur indietro in questo processo di trasformazione soprattutto rispetto ai Paesi del nord Europa, ha diversi esempi virtuosi da cui prendere spunto per una mobilità più sostenibile e finalmente a misura d’uomo. È il caso di Green Go Bus , flotta di autobus elettrici, nata grazie a una stretta collaborazione tra pubblico e privato, il comune di Faenza e il “Gruppo Viaggi Erbacci”. «L’idea parte dalla decisione del Comune di voler rendere a pagamento tutti i parcheggi nel centro della città. Per fornire un’alternativa e non creare disagi ai lavoratori, insieme all’amministrazione faentina abbiamo deciso di istituire una linea di autobus che parte da un parcheggio di scambio non a pagamento e fuori città, in grado di raggiungere in pochi minuti (tra i 4 e i 6 minuti) il centro urbano» ci ha detto Giorgio Erbacci, Amministratore Delegato dell’omonimo gruppo. Parcheggi e viaggi La cosa interessante è che parliamo di un servizio totalmente gratuito, finanziato grazie ai flussi di cassa generati dai parcheggi a pagamento. Un progetto che ha permesso al Comune di raggiungere una serie di obiettivi, come lo snellimento del traffico nel centro urbano e l’opportunità di far crescere il numero di parcheggi disponibili per chi ha intenzione di fermarsi solo per una breve sosta in città, magari per un acquisto, aiutando così anche le piccole botteghe messe in difficoltà dai recenti e lunghi periodi di lockdown e dalla presenza sempre più massiccia dei grandi centri commerciali. Per la realizzazione di un servizio davvero efficiente, è stata importante la fase di ascolto degli utenti, come ha ricordato Erbacci: «Oltre alle operazioni di marketing per far conoscere il progetto, ogni tre mesi chiedevamo ai nostri utenti se fossero soddisfatti del servizio e se avevssero dei consigli per migliorarlo. Oggi, il 96% degli utenti si dice soddisfatto, mentre il restante 4% non ha espresso un giudizio negativo. Un ottimo risultato che potevamo raggiungere solo attraverso un rapporto diretto con i nostri pendolari». Da quando il progetto è partito, il 16 settembre 2013, fino a oggi l’autobus green è stato utilizzato da quasi 900 mila utenti, per la precisione 890.293 utenti hanno compiuto la tratta, per un totale di oltre 481 mila chilometri percorsi. Oltre una volta e mezza il viaggio verso la Luna. Numeri che si concretizzano in un vantaggio non solo per le tasche dei consumatori ma per l’intera collettività; basti pensare che in termini ambientali è stata scongiurata la combustione di circa 480 mila litri di gasolio all’interno del centro urbano e ridotto l’inquinamento acustico generato dal traffico, di cui si sente troppo poco parlare ma che invece è in grado di turbare la tranquillità quotidiana dei cittadini. «I nostri mezzi essendo elettrici sono silenziosi. L’aria pulita – ha continuato Erbacci– è un diritto di tutti. Per migliorare sempre di più le performance ambientali, dal 2015 abbiamo iniziato a produrre l’energia che occorre al nostro servizio. Abbiamo montato la prima parte di pannelli fotovoltaici sui nostri depositi. Per essere più efficienti possibile, abbiamo deciso di acquistare degli accumulatori per stoccare l’energia in eccesso che altrimenti avremmo dovuto reimmettere in rete quando i nostri autobus sono in giro». Obiettivo indipendenza energetica Al momento, dopo aver aumentato il numero delle linee a disposizione per gli utenti, l’energia autoprodotta è in grado di soddisfare oltre il 50% del fabbisogno annuale, «ma l‘obiettivo è uno, arrivare al 100% il prima possibile e per questo stiamo pianificando un nuovo intervento di ampliamento dei nostri pannelli fotovoltaici», conclude Erbacci. Per evitare inutili attese, cosa che purtroppo capita spesso a chi sceglie di spostarsi con i mezzi pubblici (soprattutto nei grossi centri), al servizio è stata abbinata una comoda App per conoscere il momento esatto dell’arrivo dell’autobus. Il Green Go Bus è un esempio virtuoso da replicare in larga scala, in grado di dimostrare che quando c’è unità di intenti, l’unione tra pubblico e privato funziona e sortisce effetti positivi e che le soluzioni per rendere le nostre città meno inquinate ci sono e non si deve andare troppo lontano per scoprirle. ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 54 LA RIVOLUZIONE DELL’ORTO / di Andrea Battiata* Guarire il mondo La pandemia da Covid-19 ci sta insegnando che dobbiamo proteggere la biodiversità e cambiare il sistema alimentare C iò che mangiamo e come lo coltiviamo è fondamentale per mantenere la salute nella speranza di uscire dalla pandemia globale Covid-19. L'umanità è attonita e sotto choc ma la crisi pandemica non è finita. Sebbene in molte aree della Terra il numero di casi stia diminuendo, la nostra salute sarà in pericolo fino a quando non faremo un cambiamento di paradigma. Uno dei cambiamenti che possiamo attuare subito è più vicino di quanto si possa immaginare. È nella nostra cucina, nell'orto di casa e al mercato che visitiamo ogni settimana. La soluzione è il nostro suolo e il nostro cibo. Ciò che mangiamo è fondamentale per proteggere la nostra salute e aumentare le difese immunitarie. La pandemia ha concentrato l'attenzione sull'importanza dell'immunità e della prevenzione delle malattie. Abbiamo osservato come i nostri sistemi ospedalieri siano stati inondati da pazienti spaventati anche da un colpo di tosse, mentre ci sentivamo impotenti di fronte a una minaccia invisibile.55 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 Quando torneremo, se mai torneremo, a una nuova normalità, sarà imperativo rimanere vigili sul mantenimento della nostra salute. Le vendite di alimenti biologici sono aumentate da marzo a giugno, quando le persone hanno capito che era importante rafforzare il sistema immunitario. Non possiamo tornare a finanziare il sistema alimentare industriale e chimico pensando che la crisi stia per finire - un sistema alimentare che sta danneggiando sia le persone sia il Pianeta inquinando e diminuendo la biodiversità - e aspettarci impatti positivi sulla nostra salute e quella dei nostri figli. Wendell Berry ha scritto: «Le persone sono nutrite dall'industria alimentare che non presta attenzione alla salute e sono curate dal sistema sanitario che non presta attenzione al cibo». Abbiamo bisogno di un'agricoltura resiliente per il futuro. Abbiamo bisogno di proteggere la biodiversità del nostro Pianeta. Il mondo ha un disperato bisogno di guarigione. Non solo estinzione La biodiversità non riguarda solo l'estinzione del panda, del pangolino, dei ghepardi o dei rinoceronti. La biodiversità rappresenta l'elasticità del sistema vita sulla Terra, lo spazio di manovra che le forme viventi mettono in atto di fronte ai cambiamenti di sistema, siano essi lenti o rapidi. Se arriva una gelata in un campo e qualche piantina sopravvive, è perché ha una predisposizione genetica diversa. Questa è la biodiversità. Se tutte le piante di quel campo fossero state geneticamente uguali, nessuna di esse sarebbe sopravvissuta. Ciò che mangiamo è direttamente correlato a come ci sentiamo e a come proteggiamo la nostra salute. Allora perché abbiamo un sistema agricolo che inquina il nostro cibo con sostanze chimiche dannose, deteriorando in modo sproporzionato le comunità viventi vulnerabili e avvelena il nostro ambiente e, nonostante ciò, costituisce la principale fonte di cibo per le nostre famiglie? Perché il nostro sistema medico è così lontano dal ruolo che il cibo gioca nella nostra salute fisica e mentale, prescrivendo talvolta farmaci (il meno peggio) che creano più effetti collaterali e problemi? Per troppo tempo agricoltori e medici sono rimasti disconnessi mentre perseguivano lo stesso obiettivo: mantenere le persone in salute. Rigenerarsi in salute Il percorso verso il cambiamento può essere trovato nella Sanità Rigenerativa. Il cibo biologico rigenerativo è esente dalla minaccia di sostanze chimiche come il glifosato, un probabile cancerogeno. È stato dimostrato non solo che il cibo biologico può nutrire il mondo in termini di quantità, ma che può nutrirlo con cibi più nutrienti, ricchi di antiossidanti naturali e fitonutrienti che possono prevenire, sospendere e persino invertire le malattie legate all'alimentazione e allo stile di vita. Nelle nostre famiglie l'alimentazione è composta solo dall'11% da cibi vegetali e integrali e oltre il 50% da prodotti altamente trasformati dall'industria, impacchettati e pronti da mangiare. Il 70% dei decessi è dovuto a malattie legate a un’errata alimentazione e a un errato stile di vita che conducono al cancro, a malattie cardiovascolari, diabete e disturbi immunitari cronici. Quando affrontiamo una minaccia come la pandemia, dobbiamo avvalerci di tutti i sistemi di supporto alla salute. La nostra dieta è uno dei modi più semplici per prendere il controllo delle nostre vite, eppure, è certamente minimizzata dalla maggior parte della comunità medica. Dobbiamo implementare un sistema sanitario in cui agricoltori e medici lavorino insieme per creare un approccio basato sulla prevenzione per la salute umana e ambientale. La Sanità Rigenerativa è l'unica strada da percorrere. Dobbiamo combinare ciò che sappiamo sul potere del cibo con la conoscenza della nutrizione e del nostro corpo, per prevenire le malattie attraverso una dieta biologica, integrale e vegetale che inizia nelle fattorie che lavorano in armonia con la natura. ▲ * Agronomo e contadino urbano a FirenzeL'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 56 Q uando si pensa all’Africa si pensa agli animali liberi e alla natura. Con un safari sostenibile è possibile osservare tutto questo; un’escursione nella Savana africana, sia in macchina sia a piedi, senza disturbare fauna, flora ed ecosistemi. Quelli in macchina è meglio farli con una guida certificata per una miglior esperienza degli avvistamenti e per essere con qualcuno che non attua comportamenti errati con gli Il leone non passeggia Il turismo, se fatto bene, può essere una prospettiva interessante per le aree marginali in Africa IL MONDO CHE CAMMINA / di Chiara Grasso*57 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 animali da osservare a una distanza massima di 30 metri e non si deve dar loro cibo o calpestare vegetazione. Non si devono disturbare le femmine con i piccoli, i predatori che mangiano, gli animali che si accoppiano e i maschi in calore. Se un animale modifica il suo comportamento perché si accorge di noi, vuol dire che di sostenibile c’è poco. Africa vuol dire anche, purtroppo, falsi santuari; strutture che spacciandosi per centri di recupero allevano gli animali per scopi commerciali. Ogni anno, circa 8 mila leoni, allevati nei finti santuari, sono venduti alle riserve private e uccisi in operazioni di caccia al trofeo. Turisti e volontari spendono migliaia di dollari in questi posti per poterli coccolare e nutrire. Dal biberon, si passa alle camminate: ecco il business delle “walking lions”, le passeggiate per turisti con i leoni. Le leonesse sono impiegate per la riproduzione con ritmi dieci volte superiori a quelli naturali. Solo in Sudafrica ci sono più di 250 strutture di allevamento di leoni; i volontari internazionali spendono migliaia di euro, tempo ed energie in progetti di “volontariato” credendo di fare del bene. La visita dei santuari dove sono ospitati gli elefanti è tra le attrazioni più richieste. Negli anni la consapevolezza e la sensibilità dei visitatori è aumentata, spostando il business non più sulle passeggiate in groppa ai pachidermi ma promuovendo la nascita di presunti santuari “etici”. Molti di questi centri non riescono a soddisfare nemmeno i princìpi fondamentali di un vero santuario. I viaggiatori compassionevoli si rifiutano di cavalcare gli elefanti, di conseguenza, i finti santuari hanno trovato un altro modo per svuotare i loro portafogli: fare il bagno agli elefanti, alimentarli e coccolarli. Per adattare gli elefanti all’interazione umana, praticano gli stessi crudeli metodi di addestramento che permettono di cavalcarli, mentre altri impiegano elefanti già addestrati attraverso vere torture. Ricordiamoci che gli elefanti, come tutti gli animali selvatici, non interagiscono naturalmente con gli umani e sono perfettamente in grado di farsi il bagno. Chiediamoci sempre: «Se questo elefante fosse libero di poter scegliere, si farebbe coccolare da noi? Si farebbe mai tirare l’acqua addosso e abbracciare la proboscide?». Libertà sostenibile Per il turismo sostenibile in Africa e ovunque, preferiamo attività in cui gli animali siano liberi e non ci sia interazione con i turisti. Trascorrere la propria vacanza dove poter vedere animali selvatici in natura è sicuramente un’esperienza arricchente; per questo sempre più viaggiatori decidono di intraprendere la vera strada dell’ecoturismo “Hand off” (non interagendo con animali selvatici). Nel 2016 è stato pubblicato un articolo sulla rivista scientifica Plos One dove si descrivono gli effetti dell’ecoturismo. Si è osservato l’impatto sulle specie minacciate in tutto il mondo, quali orango, gibbone, licaone africano, avvoltoio egiziano, leone marino della Nuova Zelanda, tamarindo golden lion, l’ara verde del Costa Rica, ghepardo e pinguino africano. L’84% delle entrate economiche dei parchi naturali proviene dall’ecoturismo che contribuisce al 66% dei fondi per la conservazione delle 360 specie minacciate di mammiferi, volatili e anfibi, alla difesa di più di 800 specie, agendo sulla conservazione degli habitat e limitando le attività illegali sugli animali. Le popolazioni indigene sono influenzate in positivo dal ruolo dei turisti che, attratti dalla presenza di fauna esotica, finanziano le attività locali. Il turismo, fatto bene, può essere un’importante fonte di entrate economiche per la conservazione e l’antibracconaggio. Negli ultimi mesi, a causa della pandemia, alcuni parchi dell’Uganda e del Rwanda che ospitano i gorilla di montagna beringei beringei (https://bit.ly/3m8b4ta) che sarebbero particolarmente inclini a contrarre alcune malattie respiratorie che affliggono l’uomo, hanno chiuso i battenti. Ed ecco il rovescio della medaglia: rinunciando agli introiti generati dal turismo, molti progetti di conservazione rischiano di rimanere senza fondi. Le economie locali basate sul turismo devono fronteggiare gravi perdite e alcuni temono che tali perdite possano esporre ulteriormente i primati ai bracconieri. Meno entrate, meno soldi. Meno soldi, meno guardie, meno armi, meno controlli. Per di più, i turisti sono occhi, sono persone che osservano, che camminano in una foresta ora lasciata nelle mani di pochi ranger. Il turismo, se consapevole e rispettoso degli animali, può essere una delle poche risorse per tutelare e il nostro fragile Pianeta. ▲ * etologa, presidente dell'Associazione ETICOSCIENZAL'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 58 Protetto è l'ecoturismo La pandemia globale impone un ripensamento importante del viaggio, non solo nelle sue modalità VIAGGI / di Iacopo Sinibaldi* L a sostenibilità del turismo è un tema sempre più all’attenzione sia del pubblico sia degli operatori del settore e questo ancor più nel Mediterraneo. È un’area che secondo una stima di qualche anno fa dell’Unwto è tuttora considerata a livello globale la principale destinazione per il turismo, sia nazionale sia internazionale, con un turismo che continua a rimanere sostanzialmente concentrato, in termini di località e di stagioni. La maggior parte dei visitatori arriva nei mesi estivi e, nonostante il fascino di molte aree più interne, si concentra nelle zone costiere. Il turismo rappresenta nei fatti la principale tra le attività economiche legate al mare e alle coste del Mediterraneo, rivestendo un ruolo fondamentale come fonte di reddito e occupazione per molte regioni. Allo stesso tempo gli impatti negativi del turismo di massa sono sempre più evidenti, sia sull'ambiente sia sulle dinamiche socioeconomiche dei territori. La domanda di forme alternative al turismo convenzionale e di massa è in costante aumento, con sempre più persone che, quando si spostano per andare in vacanza, cercano opportunità per entrare in contatto con la natura e la cultura dei luoghi e modi che non siano associati a impatti negativi sull’ambiente e sulle società che li ospitano. Il rispetto della natura e della cultura dei luoghi, il coinvolgimento delle comunità che ci vivono, che si traduca poi in benefici economici diretti e la riduzione al minimo degli impatti e degli effetti negativi associati al turismo di massa, sono gli elementi che dovrebbero caratterizzare quello che sempre più spesso è definito, anche se non sempre in maniera appropriata, come ecoturismo. Una forma di turismo che proprio nei 59 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2021 parchi, riserve naturali e altre aree protette trova l’ideale ambito di prova pratica. Strategie ecoprotette Sviluppare strategie e strumenti efficaci per promuovere l’ecoturismo è così diventato l’obiettivo di un nutrito gruppo di aree protette, amministrazioni pubbliche e organizzazioni non governative di alcuni paesi del Mediterraneo che, grazie al sostegno di alcuni programmi europei (ENI prima e Interreg-Med successivamente), hanno dato vita negli ultimi anni ad una serie di progetti su questo tema. Partite inizialmente, con il progetto “Meet”, dall’obiettivo di trovare un metodo pratico per favorire il più possibile lo sviluppo, da parte di chi le aree protette le gestisce, di pacchetti ecoturistici di qualità, per poi affrontare, con il successivo progetto “DestiMed”, la questione di come definire certe attività di visita come ecoturismo, in modo da dare a questo tipo di offerta un valore aggiunto e di coinvolgere il più possibile gli operatori interessati in un processo virtuoso che stimoli un continuo miglioramento in termini di sostenibilità. Si è partiti dall’ideare un approccio basato sull’attivazione, a livello di ciascun parco o riserva, di un cluster locale per l’ecoturismo, in cui pubblico e privato collaborano per sviluppare insieme l’offerta ecoturistica dell’area. Si è arrivati a sperimentare l’applicazione di una serie di indicatori e metodologie che consentano di valutare sia il rispetto di alcuni criteri generali di sostenibilità sia in termini anche quantitativi l’impatto sull’ambiente e sulle risorse naturali delle diverse attività che compongono una determinata esperienza di vacanza. Questo applicando metodologie consolidate e talvolta complesse dal punto di vista scientifico, come quella della valutazione dell’impronta ecologica (Ecological Footprint), cercando allo stesso tempo di tradurre risultati ed esperienze dei singoli progetti in strumenti in grado di estenderne i benefici al di là dell’esperienza di aree e operatori coinvolti nell’immediato. L'impronta del turista I partner coinvolti in questo percorso, tra cui anche la Regione Lazio, capofila di uno di questi progetti, hanno cercato di ideare strumenti pratici e iniziative per moltiplicare e consolidare le esperienze realizzate grazie ai finanziamenti europei. Uno di questi è per esempio il network Meet (Mediterranean Experience of Ecotourism), una rete di aree protette aperta a parchi e riserve di tutto il bacino, che si promette di fornire una piattaforma per supportare le aree nella commercializzazione dei loro pacchetti. Un altro esempio è un vero e proprio “calcolatore dell’impronta ecologica” per i pacchetti turistici, ora disponibile online e utilizzabile da operatori del settore e gestori di parchi e riserve. Un percorso che continua tuttora con il progetto “Interreg-MED” e “Destimed Plus”, in cui di nuovo si affrontano nuove questioni e domande: come integrare gli aspetti della sostenibilità socioeconomica nel definire certe attività come ecoturismo o quali politiche possono essere adottate da Regioni e amministrazioni pubbliche per favorire il più possibile lo sviluppo di un turismo realmente responsabile e a basso impatto. ▲ * Regione Lazio, Direzione Capitale naturale, parchi e aree protetteNext >