< Previous11 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2022 *Giornalista ambientale, socio fondatore di Italia che Cambia In Italia si stanno sviluppando piccoli e grandi progetti di economia circolare Bel Paese circolare L a Commissione europea ha inviato una lettera al governo italiano (il termine tecnico è “parere circostanziato") per chiedere di rivedere la legge con cui il nostro Paese ha recepito - in maniera non proprio esemplare - la normativa sulle plastiche monouso. L’Italia però è anche patria di esperimenti grandi e piccoli di economia circolare che stanno cambiando la cultura e la filiera produttiva. È presto per parlare di cambiamento, ma gli esempi iniziano a essere tanti. Su Italiachecambia.org ne abbiamo raccontati diversi. È il caso dei progetti che aderiscono alla rete “Rifiuti Zero Sicilia”, che mostra come nei luoghi simbolo della mala gestione dei rifiuti si possano implementare soluzioni d'eccellenza. Il comune di Montelepre ha raggiunto un tasso di raccolta differenziata del 75% pur con tutti i limiti di sistemi di raccolta differenziata - se si considera che sorge a pochi chilometri dall’enorme discarica di Bellolampo, simbolo di degrado e “munnizza”. Quello di Ferla, vicino a Catania, è il “Comune più riciclone d’Italia”, con la sua compostiera di comunità e l’eco-stazione in bioedilizia arredata con mobili di riciclo e gli impianti termici e i pannelli solari installati sui tetti delle scuole. C’è l’istituto scolastico Corbino di Augusta, che ha costruito delle compostiere di comunità; il “MuMa - Museo del Mare”, nato in seguito alla morte di un capodoglio per sensibilizzare sulla pesca illegale e sui danni che provoca alla biodiversità marina o l’esperienza di “Ciccio Kayak”, che con la sua piccola imbarcazione ha ripulito in vent’anni chilometri e chilometri di costiera palermitana a titolo completamente gratuito. La Sicilia è solo un esempio, emblematico, di un fenomeno che coinvolge tutto il Paese. Torino con il progetto “Top Metro Fa Bene”, intende migliorare la qualità della vita. I primi risultati stanno già arrivando: iniziative sono nate a Grugliasco, Moncalieri, Rivoli e Venaria Reale attraverso progetti che hanno come perno i mercati, le filiere del cibo locale e l’aiuto alle persone fragili. A Genova, per sensibilizzare sullo spreco alimentare, i ragazzi e le ragazze di “Fridays For Future”, “Extinction Rebellion Liguria” e “Ricibo” hanno lanciato #GenovaSprecoZero, mentre a Milano, da quattro anni, il progetto “Bella dentro”, è una filiera etica ed ecologica che accoglie i prodotti ortofrutticoli buoni ma troppo "brutti" per essere venduti. A Roma il progetto “Nei tuoi panni” sensibilizza al riuso, promuove lo scambio di abiti usati e insegna modi di vivere sostenibile. A livello più macroscopico tredici fra le più note e grandi associazioni ambientaliste italiane, da Greenpeace, a WWF, a Legambiente, all’Associazione dei Comuni Virtuosi hanno chiesto in maniera congiunta al governo di incentivare soluzioni di deposito cauzionale, in linea con quanto richiesto dalla direttiva europea e con quello che sta avvenendo in altri paesi europei. La ripartenza post-pandemia non è ricominciare da zero, ma da centinaia di progetti e esperienze attive e da un sentire sempre più diffuso. ▲ ITALIA CHE CAMBIA a cura di Andrea Degl’Innocenti* Nella foto: Il team di "Nei Tuoi Panni"13 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2022 *Giornalista scientifico, caporedattore L’Ecofuturo Magazine La Tassonomia europea ora contempla tra gli investimenti "sostenibili" anche il gas e il nucleare, ma il problema di fondo è il modello energetico Un problema di modelli O ggi per la Tassonomia europea, la lista dove sono indicati gli investimenti privati necessari per arrivare alla neutralità climatica nel 2050, abbiamo anche gas e nucleare. Secondo la Commissione Europea queste fonti «possano svolgere un ruolo nella transizione […] sono in linea con gli obiettivi climatici e ambientali dell'UE e ci consentiranno di abbandonare più rapidamente attività più inquinanti, come la produzione di carbone, a favore delle fonti rinnovabili di energia, che saranno la base principale di un futuro a impatto climatico zero». La decisione è stata presa perché c'è un accordo tra Francia e Germania che consente a Parigi di proseguire per molti anni con il nucleare, che oggi si attesta al 72% e a Berlino di incrementare la potenza produttiva elettrica da gas metano fossile, poiché esce sia dal nucleare sia dal carbone, due fonti che contano per un 39.8%. E l'Italia si accoda. Noi infatti abbiamo sostenuto le richieste franco-tedesche chiedendo un allentamento dei livelli di emissione delle centrali a gas, perché abbiamo centrali a gas decisamente anzianotte che spesso hanno compiuto i vent’anni. Gas e nucleare sono centralizzati, secondo un modello energetico del secolo scorso che dovrebbe essere sostituito da quello distribuito, caratteristico delle fonti d'energia rinnovabili. È chiaro quindi come la decisione della Commissione europea relativa all'inserimento nella Tassonomia di gas e nucleare vada nei fatti dalla parte opposta della transizione energetica nella quale il consumatore diventa anche piccolo produttore d'energia - il prosumer - autoconsumando l'energia che produce, ricorrendo sempre meno alla rete, che addirittura potrebbe vedere l'energia in eccesso non utilizzata grazie al miglioramento dell'efficienza energetica. Uno scenario da incubo per i grandi soggetti produttori e distributori di energia, a favore dei quali è corsa in aiuto la Commissione europea. Oltre a ciò, c'è anche l'aspetto delle risorse per la transizione energetica, che non sono infinite. Il settore del gas andrà ammodernato rapidamente, mentre sul nucleare la partita è di grandi dimensioni. Thierry Breton, già ministro dell’Economia francese, ha di recente dichiarato che nella UE gli impianti nucleari odierni necessitano di 50 miliardi di euro di investimenti fino al 2030, mentre quelli nuovi richiederanno 500 miliardi di euro fino al 2050. In più sono reattori nucleari la cui vita sarà di 60 anni. Queste scelte, se confermate, saranno la pietra tombale sulla transizione energetica europea, perché le rinnovabili soffriranno inevitabilmente di minori risorse e investimenti, cosa che ne comprometterà lo sviluppo in maniera sostanziale. ▲ ENERGIA a cura di Sergio Ferraris* Foto di Wolfgang Stemme da Pixabay15 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2022 Foto di: difotolife da Pixabay L e mani sono uno dei nostri biglietti da visita ma in inverno la loro morbidezza può lasciare spazio a secchezza, screpolature e segni evidenti. Spesso con l’utilizzo di creme commerciali sintetiche la situazione peggiora invece di migliorare. Colpa degli ingredienti di laboratorio, noti in campo ecologista, come i petrolati, derivati dalla raffinazione del greggio e di sostanze come il silicone. Questo ingrediente, molto diffuso nell’industria cosmetica delle multinazionali per i bassi costi di produzione, non è traspirante e nutriente. Invece di idratare, secca la pelle, creando un effetto di dipendenza. Più se ne applica, più la cute risulta disidratata più se ne deve applicare. Ovviamente è anche un modo di far terminare il prodotto più velocemente e invogliare il consumatore a fare un altro (cattivo) acquisto. Meglio optare per una crema fatta in casa, efficace e versatile, da realizzare facilmente in pochi minuti con ingredienti totalmente naturali. In un barattolo con coperchio si amalgamano 100 grammi di burro di karité, con proprietà idratanti ed elasticizzanti, 100 grammi di gel d’aloe vera, la parte acquosa della ricetta in grado di rimarginare e lenire le screpolature, e 50 grammi di olio extravergine d’oliva oppure olio di mandorle dolci, per donare ancor più morbidezza all’epidermide. In caso di mani con screpolature causate dal freddo o per l’attività lavorativa (ad esempio in agricoltura), si possono aggiungere 10 gocce di olio essenziale alla lavanda per aumentare l’effetto cicatrizzante. Tutti questi ingredienti sono reperibili nei negozi biologici o nelle erboristerie e per prolungarne la durata si possono conservare in frigorifero. Per le preparazioni cosmetiche sarebbe meglio utilizzare contenitori di vetro scuro o i vasetti degli omogeneizzati sterilizzati, da coprire con della carta scura. La crema “fai da te” si conserva anche fino a un anno se il barattolo è conservato lontano da fonti di calore e da luce diretta. Per avere un immediato beneficio, si massaggia qualche goccia del prodotto sulle mani, frizionando per almeno un minuto. Volendo, una volta a settimana, si può utilizzare il preparato per un impacco rigenerante ed emolliente. Basta applicare una dose più abbondante da tenere in posa sulle mani per qualche ora o tutta la notte; in questo caso si possono indossare dei guanti da cucina che creando calore faciliteranno l’assorbimento dei nutrienti. Per averne sempre con sé si può travasare una piccola parte di crema in un portapillole in latta, in un barattolino per le marmellate tipico delle colazioni in albergo o in un contenitore per lucidalabbra, contenitori da riciclare così per questo scopo. Dopo aver sperimentato questa ricetta, adatta a grandi e piccini, non si tornerà indietro e verrà voglia di regalarla ad amici e parenti. Perché l’autoproduzione naturale è un dono, per noi e per il Pianeta. ▲ * Ecodivulgatrice, scrittrice e conduttrice tv Una delle creme più utilizzate è quella per le mani. Vediamo come autoprodurla con ingredienti naturali Crema mani fai da te AUTOPRODUZIONE a cura di Lucia Cuffaro*17 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2022 * Vicepresidente Ass. Chimica Verde Bionet, R&D manager Green Evolution È necessario ripartire con la consapevolezza che non si possono più ignorare le questioni ambientali Ripartenze naturali R ipartire vuol dire che ci si è fermati. È un concetto lineare: parto, arrivo, eseguo il lavoro, mi riposo, riparto; nella pratica quotidiana il tornare al punto di partenza è visto spesso in un’accezione negativa, come avessimo perso tempo e si fosse incapaci di stare al passo; per molti invece è il bisogno di ricaricare le pile. Arriva il PNRR: un nuovo punto di partenza invece dell’evoluzione di un ciclo, ma non è così. In economia negli ultimi due secoli si è pensato e agito in modo solo lineare. È stato un credo, un ragionamento filosofico e probabilmente, nonostante i messaggi che la Natura ci sta lanciando da tempo, lo è ancora. Per la finanza che in questi due anni di pandemia è cresciuta, mentre tutto il resto dell’umanità si è fermato, la crescita infinita, che prevede una disponibilità altrettanto infinita di risorse, è irreale; la povertà si è altrettanto ampliata. In un'area limitata come la Terra, se prendi di qua, togli ovviamente di là. In Natura se non c’è circolarità non ci può essere speranza, si riparte a vuoto ma per innescare la ripartenza ci vuole un solo elemento: l’acqua, l’elemento più semplice e spesso sprecato. Tutto in Natura è in un equilibrio dove nascita e morte si compensano: l’albero che muore diventa l’incubatore di nuova vita. Anche l’uomo utilizza il ciclo vitale, circolare, della Natura per la propria sopravvivenza: la produzione di cibo con l’agricoltura, dove il ciclo delle stagioni è un avvicendarsi di pause, ricarica, scarico e riposo. Quando è stata applicata la visione lineare, il disastro è stato altrettanto lineare: il deserto della vita. Nel ciclo tessile del cotone ci sono vari esempi; uno per tutti in Siria dove tradizionalmente si coltivava un cotone di qualità superiore. Alla fine degli anni ’90 ho fatto parte di una delegazione invitata dal governo siriano per capire come ricostruire la filiera agricola del cotone ripartendo dalle tecniche dell’agricoltura biologica. Non se n’è fatto alcunché: la mancanza di visione e razionalità ha prima fatto il disastro e ne ha poi impedito la ripartenza. La Siria, nel dopoguerra, aveva sviluppato un progetto con un gruppo di ingegneri bulgari: prelevare l’acqua fossile dal sottosuolo desertico per irrigare i nuovi estesi campi di cotone, pompandola dal sottosuolo e immettendola in grandi bacini all’aria aperta, esponendola all’azione dei raggi solari e irrigando a costo zero. Come conseguenza in pochi anni l’acqua fossile è finita, il Sole e un’irrigazione irrazionale hanno fatto il resto consumando una risorsa non più recuperabile. La conclusione è più amara: anche ripartire con l’impiego di tecniche meno dispersive, come l’irrigazione a goccia, richiedeva prendere l’acqua dall’Eufrate distante molti km, investire in canalizzazioni e in tempo, risorse non presenti nel Paese: senza acqua la vita non riprende. Questa è la lezione. Lo spreco lo sappiamo tutti, è la dannazione della società attuale, ma la ripartenza di ciascun essere vivente, animale o vegetale, non avviene ricaricando le pile ma ricevendo e bevendo un sorso d’acqua pura. Provare per credere. ▲ BIOECONOMIA a cura di Marco Benedetti*ENERGIA ANCHE IN CAPO AL MONDO www.offgridsun.com OffgridSun è l’azienda leader in Italia nella distribuzione di moduli e sistemi fotovoltaici a 12 V, ideali per la pubblica illuminazione, la segnaletica stradale, nei mercati della camperistica, nautica e in tutte le aree non connesse alla rete elettrica. OffgridSun non è solo progettazione e fornitura di dispositivi di alta qualità. In parallelo all’offerta di prodotti e di kit standard e su misura siamo lieti di offrire servizi individualizzati di: • Consulenza per il dimensionamento del vostro impianto fotovoltaico • Assistenza pre e post-vendita • Installazione e assistenza anche on-site da parte di tecnici specialisti con lunga esperienza di impianti off-grid • Supporto per la partecipazione a bandi internazionali • Consulenza su revamping di vecchi impianti stand-alone19 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2022 *Division Director, Green Innovation Division – Zucchetti Centro Sistemi Le prospettive di sviluppo degli scenari energetici dominano il contesto europeo, ma la strada verso le rinnovabili è ancora lunga Energia al centro A maggio 2020, l’Italia ha varato una legge intelligente, il Decreto Rilancio, che ha legato insieme una varietà molto ampia d'imprese: dagli studi di progettazione, alle aziende artigiane di ogni tipo, alle aziende industriali produttrici di elementi tecnici, creando un volano di attività che nel 2021 ha generato una crescita del Pil pari al 6%. Erano decenni che non si conseguiva una tale crescita puntando sull’efficientamento energetico e sulle nuove tecnologie rinnovabili. «Facta lex inventa fraus»? Sembrerebbe così, perché nel redigere la legge di Bilancio del 2021 si è provato in tutti i modi a scardinare l’impianto del Decreto Rilancio che, per fortuna, alla fine è stato sì cambiato ma in maniera controllata e tale da poter garantire opportunità di crescita al Paese. In questi primi giorni del 2022 si è di nuovo scatenata la lobby dei nuclearisti che si è rafforzata dopo il rincaro delle forniture di gas russo. In una prima fase tutti i giornali di parte hanno incolpato le rinnovabili. Accortisi della magra figura che stavano facendo, hanno fatto un passo indietro ma hanno cominciato a dar fiato alle richieste di energia nucleare per combattere il caro bolletta. Cito questa vicenda non perché pensi che il nucleare pulito sia una realtà possibile. Non esiste una tecnologia nucleare “pulita” tanto meno “sicura”. L’eventuale nucleare di IV generazione è lontano circa quindici anni da qualsiasi, possibile, utilizzo in larga scala, se mai sarà possibile un suo utilizzo in larga scala. Quindi, il caro bollette attuale non si combatte certo con quello. Tra il decreto Rilancio e la lobby nucleare sta tutta la poca capacità di visione, di programmazione e di indirizzo della nostra politica che, quanto a scelte di indirizzo industriali e alla visione complessiva del sistema Paese da oggi ai prossimi anni, è miope. A sostegno del nucleare viene portata la cosiddetta tassonomia europea che avrebbe ammesso agli interventi finanziabili da fondi europei anche il nucleare, grazie alle insistenze francesi. Pare che anche la Germania, da forte oppositore, sarebbe adesso d’accordo avendo garantito la sua astensione su ciò. Ora però, ragioniamo: la Francia ha 52 centrali nucleari attive molte delle quali in stato critico di manutenzione. Cosa doveva fare? Dimenticarsene? L’Italia, per fortuna, e grazie alla grande lungimiranza di chi nel 1987 e nel 2011 ha lottato per evitare l’errore nucleare, non ne è coinvolta. Già abbiamo problemi a gestire quel poco che abbiamo prodotto: sono vent’anni che Sogin, azienda statale per la dismissione delle quattro centrali nucleari italiane, sta cercando un sito per stoccare le scorie radioattive e non lo trova. Perché vorremmo rientrare dentro un incubo costoso e pericoloso? Solo le innovazioni tecniche e tecnologiche, le rinnovabili e le scelte nella direzione della sostenibilità ambientale e sociale possono dare alle nostre aziende una rinnovata capacità competitiva e una possibilità di crescita immediata e fruibile. Ma è tanto difficile da capire e da accettare? ▲ IMPRESA E SOSTENIBILITÀ a cura di Averaldo Farri* Foto: jwein da PixabayNext >