< PreviousAbita il progresso Abita la sicurezza LEGNO SINERGIA intelligenza costruttiva antisismica ed ecologica www.legnosinergia.itI l 3 maggio si è celebrata la Giornata mondiale per la libertà di Stampa, classifica nella quale l'Italia da molti anni viaggia su livelli davvero scadenti. Come ItaliaCheCambia.org, abbiamo deciso di aderire alla proposta di Mezzopieno per riflettere sul ruolo del giornalismo costruttivo in Italia e nel mondo. Che cosa fosse il giornalismo costruttivo l'ho scoperto da poco. O meglio, ho scoperto da poco che esisteva una rete, un movimento oserei dire, che cerca di proporre un diverso modo di fare il nostro mestiere. Personalmente, come giornalista e come Direttore Responsabile di “Italia che Cambia”, ho sempre ritenuto che ci fosse un solo tipo di giornalismo, ma non sapevo che si chiamasse così. In una giornata legata alla libertà di stampa, viene da chiedermi che cosa sia giornalismo. O meglio, me lo chiedo ogni giorno, dal '96, quando ho iniziato a studiarlo e praticarlo. La definizione di notizia è qualcosa che mi è entrata nel cervello, quasi un'ossessione. Una notizia è un fatto che le persone non sanno, utile per la loro vita. Se solo le mie colleghe e i miei colleghi seguissero questa definizione, sarebbe spazzato via gran parte del chiacchiericcio che costella i media. Fatti (non dichiarazioni, idee, promesse), che le persone non sanno (quindi non cose che già sanno) utili per la loro, la nostra, vita. Cosa mi è utile in un'epoca di decadenza, pandemie, crisi ambientali ed economiche? La risposta è semplice, quasi banale: scoprire quali sono le soluzioni a questi problemi, evidenziare chi in piena crisi economica crea economia, raccontare chi in piena crisi ambientale offre soluzioni realmente ecologiche, valorizzare chi – in piena pandemia – porta un diverso approccio alla salute e alla consapevolezza del proprio corpo e della propria alimentazione. Sono dieci anni che giriamo l'Italia. Abbiamo incontrato letteralmente migliaia di persone che stanno realizzando progetti degni di rispondere alla definizione di notizia. Migliaia di esempi di soluzioni ecologiche, economiche, sociali. Realtà che non chiudono nonostante tutto. Realtà che sconfiggono le mafie. Insegnanti e presidi che creano modelli di scuola realmente moderni, che combattono l'abbandono scolastico (e ce la fanno). Soluzioni edilizie realmente sostenibili. Banche e assicurazioni etiche, compagnie energetiche rinnovabili e diffuse, donne che creano imprese, facilitatrici e facilitatori, reti di economia per il bene comune, per il mondo delle B-Corp, per monete davvero complementari. Cultura, arte, intelligenze. Non manca niente. E allora che cosa ci facciamo con una giornata del giornalismo costruttivo? Niente, ci serve un giornalismo costruttivo quotidiano. Da oggi, da sempre e per sempre. Per facilitare e rendere replicabili i cambiamenti positivi in atto nel Paese e nel mondo. Per porre l'attenzione su ciò che non funziona andando a ricercare le soluzioni e le proposte di chi quei problemi combatte. Per spingere le persone ad assumersi la responsabilità della propria vita. Dietro a ogni problema si può chiedersi se o come. Se posso risolverlo (e risponderò no) o come posso risolverlo. Se mi chiedo come il no come risposta non è previsto. E il cambiamento (positivo) è in arrivo. Buon giornalismo costruttivo (tutti i giorni). Su “Italia che Cambia” e altrove. E buon Cambiamento. ▲ ITALIA CHE CAMBIA a cura di Daniel Tarozzi* 11 L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2021 * Fondatore di Italia che cambia, giornalista e scrittore Informazione e utilità sembra essere un connubio oggi perso, che però è necessario ritrovare Utile si stampiECOMOTIVE SOLUTIONS • Località San Iorio, 8/C - Serralunga di Crea (AL) • ecomotive-solutions.com ENERGY HEAVY EQUIPMENT MARINE RAILWAY AUTOMOTIVE TECNOLOGIE PER L’USO DI CARBURANTI ALTERNATIVI NELL’AUTOMOTIVE E NON SOLO Ovunque operi un motore, la nostra tecnologia è pronta a intervenire per migliorarne le performance ambientali. Riusciamo a soddisfare le richieste dell’OEM (costruttori di veicoli o di motori, costruttori di impianti CNG/LNG/GPL, produttori di impianti per l’energia), così come quelle degli operatori professionali interessati al retrofit di mezzi o motori già in opera (flotte di veicoli industriali e commerciali, trasporto pubblico, smaltimento rifiuti, applicazioni marine e industriali speciali, impianti di produzione di energia). Soluzioni per l’impiego dei carburanti alternativi applicati a motori diesel, dalla vettura stradale al trasporto professionale passando per i veicoli commerciali leggeri. Sistemi di conversione di motori diesel in Diesel Dual Fuel per Metano, biometano, GPL, DME, biogas e trasformazioni di motori diesel in motori onnivori a gas. Applicazioni ‘green’ per motori industriali, soluzioni per la meccanizzazione agricola, mezzi d’opera a supporto dell’attività in porti e interporti. La logistica non si limita a movimentare carichi su strade e autostrade di asfalto: la sfida di Ecomotive prosegue sulle autostrade del mare. Un contributo a basso impatto ambientale per rinnovare le linee su cui operano locomotive diesel, con l’obiettivo non secondario di ridurre i costi operativi 1991 1995 1998 2009 2005 20042017 20152019 TEST 2021 DIMSPORT nasce dall’esigenza di modificare i parametri della centralina motore su vetture da competizione La neonata 2LNG presenta LNG POCKET, liquefattore per produrre e distribuire LNG a km zero Uno strumento Dimsport dialoga con la centralina motore originale Nascono i banchi prova potenza della linea DYNO Il gruppo assorbe il brand MACARIO attivo dal 2011 La prima centralina aggiuntiva RAPID La prima centralina aggiuntiva RAPID BIKE per le due ruote Diesel Dual Fuel proposto da ECOMOTIVE SOLUTIONS Il gruppo amplia il suo raggio d’azione con nuove strutture dedicate al testing delle emissioni dei veicoli AUTOGAS ITALIA entra nel gruppo Holdim«L a società non esiste, esistono solo gli individui. E l’economia ne ha cambiato l’anima», queste le parole pronunciate nel 1987 dall’allora Premier britannica Margaret Thatcher durante un'intervista passata alla storia. E oltre trent'anni dopo bisogna ammettere che l'opera di demolizione iniziata all'epoca dalla "Lady di ferro" sconfiggendo le proteste dei minatori britannici è oggi a buon punto. Il pensarsi come collettività progettando un futuro migliore è sempre più una rarità, mentre il "fare collettivo" è rimasto appannaggio delle pulsioni di protesta, da quelle contro le rinnovabili a quelle dei gilet gialli francesi, passando per i movimenti pro Brexit. «La società è finita. - scrive Christophe Guilluy, autore del volume “No society. La fine della classe media occidentale”, al suo posto è subentrato il caos della società relativa». Se si analizzano le dinamiche sociali europee e italiane degli ultimi trent'anni ci si rende conto che c'è stata una forte perdita sul fronte dei diritti collettivi, mentre è aumentata la tensione verso quelli individuali. Lavoro, salario, salute, ambiente, casa e studio sono tematiche ormai sparite dalle dinamiche collettive e non si pensi che il movimento Fridays for Future sulle questioni climatiche rappresenti un'eccezione al primato dell'individualismo. Si tratta di un movimento, infatti, basato sulla figura di Greta Thunberg che ha iniziato la sua protesta singolarmente davanti al parlamento svedese ed è molto legato alla sua figura. È necessario un pensiero collettivo per la società? Si potrebbe pensare di no se si usassero indicatori quali la povertà assoluta, che negli ultimi decenni è diminuita, oppure la pace poiché dal 1945 a oggi la quantità di persone coinvolte nei conflitti si è abbassata. Però non è così. Negli ultimi decenni si sono trovate soluzioni individuali a problemi collettivi che hanno aggravato problemi come quelli legati al clima, per i quali la soluzione individuale non funziona. Potremmo però, trovarci di fronte a una prima inversione di rotta: le comunità energetiche. La possibilità di mettere in comune la produzione di energia da rinnovabili con la lotta ai cambiamenti climatici, integrando il reddito e mettendo al centro la figura del prosumer -produttore collettivo e consumatore individuale - potrebbe rappresentare un cambio di paradigma, sociale prima ancora che ambientale, in grado di rimettere almeno un bene collettivo al centro della società, che nonostante non goda di ottima salute ancora esiste. È necessario prestare molta attenzione. L'accesso ai mezzi di produzione energetica da fonti rinnovabili deve essere reso molto, ma molto democratico e accessibile anche e soprattutto alle fasce sociali più deboli. Per due motivi. La prima è la redistribuzione del reddito la cui forchetta, secondo il sociologo Thomas Piketty, negli ultimi vent'anni è tornata indietro di un secolo, mentre la seconda è che senza l'utilizzo delle rinnovabili in maniera massiccia non vinceremo la sfida del clima. ▲ * giornalista scientifico, caporedattore L’Ecofuturo Magazine ENERGIA a cura di Sergio Ferraris* 13 L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2021 Le comunità energetiche potrebbero essere un modo per rompere l'individualismo che permea la società da decenni Una comune d'energiaINSIEME PER UN BIO MIGLIORE Il Consorzio Marche Biologiche riunisce 300 agricoltori della filiera biologica marchigiana, la regione che ha dato i natali ai pionieri del Bio. Obiettivo? Favorire i progetti di filiera e promuovere i prodotti bio delle Marche in Italia e nel mondo. Dove i pionieri del bio coltivano il futuro www.conmarchebio.itCon Marche Bio15 L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2021 L e perdite di cibo costituiscono un immenso spreco di risorse, acqua ed energia. L’impronta di carbonio dei rifiuti alimentari è pari a 3,3 giga tonnellate di gas serra, ossia un terzo delle emissioni annuali derivanti dai carburanti fossili (Eurispes). Che cosa possiamo fare per evitare questo inutile inquinamento? Una cultura della decrescita felice, un’etica nella scelta di filiere per l’acquisto a km 0 e bio e piccole attenzioni personali. Come, per esempio, reinventare tanti utilizzi di uno scarto di cibo per una cucina salutare ed economica. Regrowing: dallo scarto di carota, a cibo fresco Spesso scartiamo le parti che potrebbero essere mangiate, semplicemente con un pizzico di creatività e saper fare. Come nel caso delle carote. Onnipresenti nelle case per aromatizzare un soffritto, per una ricca insalata, per insaporire un brodo. Ne viene scartata sempre una parte, quella della calotta superiore dove è presente un picciolo marrone. Quest’ultimo, se non fosse stato tagliato in fase di distribuzione, conterrebbe ancora il ciuffo verde. Esiste un trucco che consente di riutilizzare proprio questa parte. Si chiama “Regrowing” una tecnica facile e divertente anche per i più piccoli, che permette a tantissimi vegetali di ricrescere dagli scarti (lattuga, radicchio, patate, cipolle, aglio, sedano, porro, cipollotto, cicoria, bieta, ravanelli). La natura è sorprendente! Dallo scarto di una carota, si potranno avere due cose: tanti semi di carote da piantare, oppure un nuovo e rigoglioso ciuffo verde al sapore di carota! Da utilizzare esattamente con l’arancio vegetale. Basta seguire questi semplici consigli. Dopo aver tagliato circa 2 cm di calotta superiore, si mette in un piattino o in una ciotolina la sezione tagliata, con il picciolo rivolto verso l’alto. Si aggiunge acqua, a temperatura ambiente, fino a che la calotta rimanga sommersa per due terzi. L’acqua andrà poi rabboccata ogni tre, quattro giorni. Dopo circa una settimana, le nuove piantine avranno iniziato a germogliare dalla base del picciolo. Si dovrà lasciarle crescere fino ad avere una decina di simpatici ciuffetti. A questo punto possiamo usare i ciuffifreschi in vari modi. Dopo più di tre settimane si tagliano e si usano in cucina per una zuppa o un soffritto. Oppure si può fare un pesto ai ciuffidi carota. Pesto di ciuffidi carote Un’idea sfiziosa quella del pesto. Per realizzarlo si pestano 50 g di ciuffi, 5 cucchiai di olio extravergine d'oliva, 1 spicchio d’aglio, sale fine q.b. e 50 g di noci sgusciate che doneranno un gusto intenso. Creata una densa e lucida crema il pesto è pronto. Questo aromatico e salutare condimento anti-spreco, oltre a essere perfetto sulla pasta, è delizioso spalmato su crostini di pane, per un antipasto o un aperitivo diverso dal solito. Si conserva in frigorifero un paio di giorni ma può essere congelato. Dal ciuffo, al seme di carote Se invece lasciamo le calotte delle carote nella ciotolina con acqua per altre settimane o li trapiantiamo in terra una volta seccate le infiorescenze, sfregandole tra le mani, si otterranno dei semi proprio da piantare in un vaso con terra sabbiosa per veder crescere con soddisfazione delle belle carote. Un’altra magia della natura. Etica, divertente per avere degli ortaggi freschi e sani a costo zero. ▲ * Ecodivulgatrice, scrittrice e conduttrice tv AUTOPRODUZIONE a cura di Lucia Cuffaro* Il passaggio dallo scarto al cibo fresco è possibile. Vediamo che cosa succede con le carote Cibo circolareBIOCHAR CARBONE VEGETALE AMMENDANTE AGRICOLO MADE IN ITALY PREMIUM QUALITY 15LT = 120KM = 15kg di emissioni di CO 2 15kg di emissioni di CO 2 sottratte biochar S O T T R A E C O 2 A L L ’ A T M O S F E R A Rende le piante più forti e più sane N°1 in Italia nel Biochar 2 3 G I O R N I D O P O LA G E R M I N A Z I O N E Fertilizzante a lento rilascio Durata pluriennale Trattiene acqua e nutrienti 1 0 0 % E C O L O G I C O Qualità verificata e attestata dalla www.nerabiochar.com Il biochar, anche detto carbone vegetale, è una soluzione concreta alla crisi climatica perchè sottrae CO 2 dall'atmosfera e combatte la desertificazione. Il biochar è un prodotto che deriva dal cippato, proveniente dalla pulizia delle aree verdi e dei boschi e dagli gli scarti di lavorazione della legna. Durante la sua produzione, imprigiona letteralmente la CO 2 nella sua struttura, composta infatti da carbonio per oltre il 75% e la immagazzina nel terreno sottoforma di fertilizzante, creando un circolo virtuoso. Grazie alla sua enorme porosità (>475 m 2 /g) trattiene acqua e nutrienti rilasciandoli lentamente nel terreno e rendendoli disponibili alle piante solo quando necessario. https://www.nerabiochar.com17 L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2021 B ioeconomia: economia che crea valore aggiunto a un bene, prelevando dalla Natura 100 e riportando in Natura 100, anche quelli che definiamo rifiuti che tornano così a essere considerati materia prima seconda; in altre parole non eliminare dal Pianeta le possibilità di creare energia vitale. Così, dopo aver riscoperto che le risorse del Pianeta sono finite e che quindi la crescita economica non è infinita, assicurare un futuro alla Comunità significa ripensare modelli di sviluppo alternativi, con uno sguardo efficiente al futuro. Quelle energie che servono a utilizzare strumenti che usiamo senza riserve morali, possono - o forse “devono“ - essere prodotte in loco, dando vita alle “comunità energetiche” cioè produzioni limitate per un uso privato. Scrive il Gse nell’introduzione a un suo rapporto (https://bit.ly/3uwsa8I);: «I clienti finali […] possono oggi associarsi per produrre localmente, tramite fonti rinnovabili, l'energia elettrica necessaria al proprio fabbisogno, ‘condividendola’». Con quali possibili vantaggi? Maggiore efficienza e minor spreco? Si ammette che il modello delle grandi centrali e migliaia di chilometri su cavi aerei non è proprio così funzionale? O si parla di minor costo economico e sociale? Carpe diem o humana sapientia? Questa tattica non è nuova per l’umanità. Catturare e dosare l’energia è stato fondamentale per il suo sviluppo, ma lo stesso è avvenuto anche per gli animali e le piante (le foreste) che si sono adattate ai cambiamenti e riprodotti. Una foresta si autoalimenta prendendo dall’atmosfera, dal suolo o contemporaneamente da entrambi. Soprattutto grazie alla stretta collaborazione del regno vegetale con quello animale, creando vicinati - leggi biodiversità - che interagiscono in equilibrio; quello che invece i sapiens non hanno saputo preservare: «io penso, quindi sposto qui, metto là, questo mi dà noia, questo non serve più, questo si sostituisce», a volte azzerando la fertilità dei suoli, creando periferie sterminate di umani senza nome, costringendo popolazioni alla migrazione, creando mega centrali per produrre energia poi ruderi dopo 50 anni o scheletri sfatti come Fukushima o Chernobyl o altri disastri come quelli minerari; residui di attività umane che quasi intralciano e di cui ci vergogniamo. Fino a pochi decenni fa, nelle valli di cui l’Italia è piena, imprenditori illuminati installavano mini centrali idrauliche per alimentare opifici industriali, chiusi in seguito perché l’energia fornita dalle centrali non aveva bisogno di manutenzioni mentre la burocrazia industriale imperava sfiancando le imprese; ora, come una nuova corsa all’oro, vengono rispolverate vecchie licenze e le si riattiva: qualcosa significherà. Vento, acqua, Sole e calore dal suolo sono ancora disponibili mentre noi, spesso, non parliamo più con i vicini. Le comunità energetiche, prima di essere economiche, sono comunità sociali e questo è un valore da riscoprire, senza leggi che lo impongano, per funzionare. ▲ * Vicepresidente Ass. Chimica Verde Bionet, R&D manager Green Evolution BIOECONOMIA a cura di Marco Benedetti* Per funzionare le comunità energetiche devono essere prima di tutto delle comunità sociali Sociale di comunità19 L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2021 I n Italia l’esperienza delle comunità energetiche è ancora molto marginale. Da un lato c’è una fortissima opposizione di carattere politico al loro sviluppo per il timore, da parte dei fornitori di energia “centralizzata”, di perdere troppo rapidamente quote di mercato e quindi fatturato e posizioni di potere. Dall’altra, l’Italia ha iniziato solo nel 2018 (decreto Milleproroghe) ad autorizzare la condivisione dell’energia generata da fonti rinnovabili e l’ha fatto limitando a 200 KW la potenza che può essere messa a comunità. Siamo ancora a un livello poco più che sperimentale ma che presenta, tuttavia, grandissime potenzialità di sviluppo. Una comunità energetica non è altro che una forma di condivisione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, finalizzata ad alimentare e a massimizzare l’autoconsumo e renderlo collettivo, anziché individuale. In molti Paesi del nord Europa e anche in alcuni Länder della Germania, si è operato affinché le aziende produttrici di energia, fossero parte integrante delle comunità energetiche. Molte di loro semplicemente come trasportatori di energia attraverso le proprie infrastrutture di distribuzione ma in moltissimi casi anche come acquirenti e distributori dell’energia rinnovabile per i propri clienti. La Germania vanta oltre mille cooperative energetiche attive; in Australia se ne contano già oltre cento; in Danimarca oltre l’80% delle turbine eoliche installate (off e on-shore) sono proprietà delle community. Molto indicativo anche l’esempio degli Stati Uniti dove ogni Stato ha una gestione indipendente delle proprie fonti energetiche ma dove la legislazione Cca (Community Choice Aggregation) permette anche a singole città o contee di decidere in autonomia a chi affidare la fornitura della propria energia. È un cambio di paradigma assai positivo che cambierà profondamente gli attuali assetti geopolitici mondiali legati alle fonti fossili (gas e petrolio in primis) e dovrebbe rendere anche Paesi come il nostro, notoriamente scarso di risorse fossili proprie, molto vicini all’indipendenza energetica. Serviranno coraggio e visione, due categorie che per ora non sembrano abbondare a livello centrale: il Ministero della Transizione Energetica ha appena dato il via libera ambientale (aprile 2021) alle trivellazioni in Adriatico e nel Canale di Sicilia, dieci trivellazioni per un totale di venti nuovi pozzi. Grande soddisfazione da parte di alcuni partiti e grandi proteste da parte di associazioni come Greenpeace, Legambiente, WWF. Anche non volendo ragionare per forza da ambientalista, qualche domanda si pone: ma a cosa servono queste trivellazioni se già sappiamo che i giacimenti che troveremo sono a profondità molto grandi e la copertura energetica dei fabbisogni del Paese che potranno garantire è minima? Stiamo passando da energie fossili a energie fossili? Dov’è la transizione energetica? Comunque la si pensi, quello che spaventa è la mancanza di una visione coerente del futuro e il voler mantenere sempre un supposto equilibrio che tale non è e che si può invece leggere solo come cronica incapacità di programmare in maniera coerente e definitiva. ▲ *Division Director, Green Innovation Division – Zucchetti Centro Sistemi IMPRESA E SOSTENIBILITÀ a cura di Averaldo Farri* Comunità in sviluppo In Italia le comunità energetiche sono per ora marginali, ma hanno grandi potenzialità. 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