< Previous51 L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2021 N el 2008 è nato il Patto dei Sindaci, iniziativa volta a coinvolgere le Municipalità per andare oltre gli obiettivi Ue dell'epoca. Nel 2015, è stato presentato il nuovo Patto dei Sindaci integrato per l’Energia e il Clima, che impegna i Comuni aderenti a redigere un Paesc (Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima). Ne abbiamo parlato con Dario Tamburrano, già Parlamentare Europeo, autore di leggi importanti in materia di energia, interpellato per redigere il Paesc di Roma Capitale. Come si articola il Paesc di Roma alla luce della transizione energetica? «Si articola in più settori, sia quelli emissivi sia i settori nei quali c’è necessità di intervenire per aumentare la resilienza climatica delle città. I pilastri del Paesc sono tre: decarbonizzazione, adattamento e mitigazione della povertà energetica. Roma articola queste tre direttrici in una serie d'interventi, dove i maggiori contributi alla riduzione delle emissioni sono quelli nel settore dell’edilizia con l’efficientamento energetico e nel settore della mobilità pubblica e privata. Gli interventi di decarbonizzazione, sulla resilienza urbana e sulla povertà e climatica vanno di pari passo». Roma è complessa e stratificata. Quali sono le priorità in materia di rinnovabili? «Una fonte d'energia rinnovabile, praticabile in un grande centro urbano denso come Roma, è il fotovoltaico che il Paesc promuove a tutto campo. Un'azione molto importante è il coinvolgimento dell'edilizia residenziale Progettare il futuro sostenibile Il Paesc, Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima di Roma Capitale, è un modello all’avanguardia. Ne parliamo con Dario Tamburrano, il suo estensore CITTÀ / di Ester Stefania Lattanzio52 privata con una forte promozione delle Comunità dell'energia rinnovabile, una delle fonti di energia più conosciuta già utilizzata nelle città, che finora normative not user friendly e not citizen friendly non hanno valorizzato; nelle città italiane il fotovoltaico è scarso. Roma inoltre ha una grande risorsa geotermica. Uno studio, effettuato con il Gse, ne ha rivelate grandi potenzialità. È stata un'analisi molto conservativa, perché ha preso in considerazione solo la geotermia a bassa entalpia che non reca danno alle falde ed è di facile realizzazione. La geotermia con l'utilizzo delle pompe di calore ad alta temperatura permette di utilizzare i vecchi impianti di riscaldamento, mentre l'elettricità necessaria può essere fotovoltaica». I trasporti a Roma sono la croce dei cittadini ma anche degli amministratori. Che cosa prevedete nel Paesc? «Abbiamo integrato all'interno del Paesc di Roma tutti quei Piani e quelle Azioni già previsti e programmati. In merito alla mobilità abbiamo inserito all’interno del Paesc, il Pums (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile), approvato e in via d’implementazione, dove c’è una forte spinta verso la mobilità pubblica, una limitazione alla mobilità privata e la volontà di elettrificare il più possibile i trasporti sia pubblici sia privati, una grandissima spinta sulla pedonalità con le isole pedonali e l'utilizzo della bicicletta con le piste ciclabili». La coesione sociale a Roma è bassa, come si pos- sono realizzare delle comunità energetiche? «È un problema culturale antropologico, probabilmente di una parte del mondo occidentale. Poiché esistono degli incentivi economici elevati, le comunità energetiche possono essere uno strumento per recuperare la coesione; si tratta di lavorare sull'innovazione sociale e sulla trasformazione culturale. Per facilitare questo, nel Paesc di Roma, è previsto l’avvio degli Sportelli energia pulita a kilometri zero. Le prime consulenze a partire sulle quali si punta molto sono proprio sull’assistenza alla formazione delle comunità energetiche dei cittadini o anche solamente dei gruppi di autoconsumo collettivo». Qual è il punto più importante di questo Paesc? «È proprio com’è stata concepita la revisione del Paesc. Ho avuto l’incarico a dicembre di aggiornare il Piano, concordando la linea di stesura con Gse, Enea e Ispra, compiaciuti di lavorare su un Paesc che fosse la prima declinazione diretta del Green Deal europeo in ambito locale. Abbiamo tenuto in considerazione quelle che sono le comunicazioni della Renovation Wave per la strategia di rinnovamento in edilizia, sull’idrogeno, sull’elettrificazione e sui sistemi energetici integrati, sull'utilizzo di nuove tecnologie e sulla trasformazione digitale al servizio dell'ambiente della sostenibilità e della transizione e gestione energetica sostenibile». Ha una figlia piccola. Come vorrebbe immaginar- la a Roma tra dieci anni? «È stato il pensiero che come coordinatore del Paesc mi ha guidato nell’immaginare come potesse essere nel 2030 la città dove vivrà mia figlia. Mi auguro con tanto più verde, meno macchine e, soprattutto, parlando di transizione energetica, di riduzione della CO 2 una delle cose importanti che flagella la città è la qualità dell'aria; abbiamo un'aria irrespirabile. I più colpiti dalle polveri sottili sono proprio i soggetti più fragili, in altre parole, le persone anziane e i bambini in età evolutiva». ▲L'oggi Potenza installata dalle comunità energetiche al 2019: 248 MW Numero delle comunità energetiche al 2019: 357 Il caso 27,8 i milioni di euro previsti come guadagno con l'eolico dalla comu- nità Hoprigshiels Wind Farm nei prossimi venticinque anni che saranno reinvestiti in housing sociale. Il domani Crescita delle comunità energetiche al 2030: 4.000 Nuovi posti di lavoro previsti con lo sviluppo delle comunità energetiche al 2030: 8.720 Risparmio stimato di emissioni di CO al 2030: 1.760 mila tonnellate Fatturato complessivo delle comunità energetiche al 2030: 2,15 miliardi di euro Risparmio stimato per i membri delle comunità energetiche al 2030: 175,3 milioni di euro L'AMBIENTE IN NUMERI a cura di Sergio Ferraris L e comunità energetiche nel mondo stanno letteralmente "esplodendo". Negli USA sono presenti in 42 stati dell'Unione, ma solo 20 prevedono una legislazione specifica, in Australia sono 103 e in Danimarca, che è partita con le comunità energetiche nel 1975, oggi l'80% degli aerogeneratori danesi è di proprietà collettiva. Questo sviluppo rende difficile ottenere dei dati univoci a livello mondiale. Per questo abbiamo voluto riportare l'esempio significativo della Gran Bretagna che, se da un lato ha cambiato politiche energetiche nazionali svariate volte passando dal carbone al nucleare di prima generazione per approdare forse alle rinnovabili o al nucleare di terza generazione, dall'altro ha un robusto movimento sulla produzione di energia dal basso, grazie a 357 comunità energetiche. Ecco i numeri di oggi e quelli stimati al 2030. ▲ Comunità energetiche: il caso britannico55 L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2021 S ono passati esattamente dieci anni da quando, per la prima volta, Legambiente lanciò la sua speciale classifica dei Comuni 100% Rinnovabili con l’obiettivo di raccontare come la generazione distribuita da fonti rinnovabili fosse in grado di entrare con pieno diritto nei bilanci energetici dei territori comunali. Allora erano 15 i Comuni che grazie al mix di fonti rinnovabili potevano vedere i loro consumi energetici dei residenti soddisfatti dal punto di vista elettrico e termico con le rinnovabili. Da allora i Comuni sono arrivati a 40, le fonti rinnovabili coprono quasi il 40% dei consumi elettrici e territori come Dobbiaco, Prato allo Stelvio, Brunico, Primiero San Martino di Castrozza e molti altri dimostrano come vivere in un territorio autonomo dal punto di vista energetico è possibile e vantaggioso economicamente (dal 15 al 40% in meno il costo delle bollette), dal punto di vista sociale (ridurre le spese energetiche aumenta la capacità di spesa delle famiglie e delle imprese ei s creano nuovi posti di lavoro) e dal punto di vista ambientale e climatico, con l’eliminazione delle fonti fossili. Grazie al Milleproroghe, finalmente, anche nel nostro Paese è possibile, in forma sperimentale, autoprodurre e scambiarsi energia tra utenti, in piccoli distretti energetici geograficamente delimitati dalle cabine di media e bassa tensione, aprendo a una rivoluzione energetica dal basso che ha come merito quello di rendere cittadini, imprese, amministrazioni ed enti protagonisti del cambiamento. Grazie alla Legge approvata nel 2020, è possibile autoprodurre energia, scambiarla con il proprio vicino e condividerla attraverso le configurazioni delle Comunità energetiche o dell’autoproduzione collettiva. Una svolta che ha portato alla nascita in pochi mesi di esperienze attive sia di comunità energetiche sia di esperienze di autoconsumo collettivo. Tra le prime ricordiamo la Comunità energetica e Solidale di Napoli, promossa da Legambiente Campania, grazie al finanziamento della Fondazione Sud, che ha avuto il merito non solo di coinvolgere il quartiere periferico di San Giovanni Teduccio ma anche e soprattutto la Fondazione Maria che ospita un impianto solare fotovoltaico sulla propria copertura. Una comunità energetica che fornirà energia fino a 40 famiglie che vivono in condizioni di precarietà economica e sociale. È proprio questo uno dei più grandi vantaggi dello sviluppo di queste nuove configurazioni energetiche. Le Cer infatti, che ricordiamo essere soggetti giuridici senza scopo di lucro, hanno l’obbligo di investire i proventi generati dalla vendita e gestione dell’energia all’interno della comunità stessa, portando benefici ambientali e sociali ai membri e al territorio entro cui si sviluppa la comunità. Uno strumento di welfare anche per le famiglie con maggiori difficoltà economiche, avendo come prima conseguenza la riduzione dei costi in bolletta. Senza dimenticare il potenziale da oltre 17 GW da qui al 2030, pari al 30% dell’obiettivo climatico del nostro Piano energia e clima, ancora da aggiornare. ▲ *responsabile energia Legambiente Al via la rivoluzione Energetica IL PUNTO / di Katiuscia Eroe* Dopo essere state per decenni ai margini del settore energetico, le comunità energetice tornano centrali anche in Italia57 L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2021 Un tubo d'energia Il picoidroelettrico è una fonte d'energia rinnovabile inaspettata che può trovare molte occasioni di applicazione INNOVAZIONE / di Fabio Roggiolani* I l gruppo di Giga, con il primo Presidente Sauro Valentini e con il Professor Giuliano Gabbani, la- vora da anni alla possibilità di trasformare il mo- to dell’acqua nei condotti della rete idrica facen- do incontri e verifiche con i pionieri di queste ecotec- nologie. Una prima esperienza la sviluppammo con altri sistemi simili ma questi, nonostante la buona volontà e l’impegno, sono rimasti impelagati nelle mostruosità burocratiche e in quelle di chi pensa che a investire nel- le innovazioni si possa andare molto presto all'incasso. Spesso così non è. Alcuni anni dopo finalmente, a Trento, una società è ri- uscita a superare per altre vie lo stesso problema che si poneva allora, in altre parole un sistema che produces- se una ragionevole quantità di energia senza arrecare problemi alla spinta pressoria necessaria all’acquedotto per espletare il proprio servizio primario. Ecco il Pico- Idroelettrico, sistema messo a punto dall’azienda HP Energy S.r.l., start up trentina che sarà presentato a Eco- futuro Festival a Padova dal 13 al 17 luglio 2021 al Fe- nice Green Energy Park. Un camion porterà l’intero circuito dimostrativo mes- so a punto e ognuno potrà vedere le produzioni e l’in- gombro che vediamo in anteprima in questa foto; ve- derlo dal vivo è davvero un evento. La turbina riesce a produrre fino a 1,3 kW di potenza con una pressione pari a 100 m di dislivello e una portata di 1,5 litri ogni secondo. Il sistema è perfetto per tutti gli acquedotti di montagna o alta collina e comunque in condizioni di portata e pressione sufficienti e ha lo scopo di produrre l’energia elettrica necessaria per l’autoconsumo dei si- stemi sensoristici, elettrici e di comando dell’acquedot- to. Realizzare nuove linee elettriche, anche di piccole di-L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2021 58 mensioni, rappresenta un impegno finanziario non ba- nale e in genere si preferisce soprassedere, anche per ragioni amministrative e ambientali, invece oggi con il Pico-Idroelettrico e un piccolo accumulo si può garan- tire il controllo da remoto di tutti questi punti di presa, condotte e serbatoi intermedi, creando un acquedotto smart, senza opere esterne e con notevole risparmio di risorse, di tempo e di fatica per gli operatori; questi pun- ti elettrificati possono diventare altrettanti luoghi per Sos, con punti di connessione internet e Gsm, o per ri- carica di bici elettriche, smartphone e altri apparecchi elettrici in percorsi cicloturistici o naturalistici in mon- tagna a impatto zero. Senza invadere interi territori con linee elettriche si può migliorare molto la gestione del- le reti e l’economicità delle stesse. Ovviamente, la stessa operazione può essere fatta in molte altre circostanze sfruttando la pressione di tutti gli acquedotti tenuta alta per raggiungere tutte le uten- ze ma anche per ragioni di circolazione continua; pen- sate a quelle torri con serbatoio che si vedono comune- mente, che servono a creare la pressione, il cosiddetto battente idrico che in molte situazioni deve essere tenu- to sotto controllo riducendone la potenza. Ecco che il riduttore di potenza diventa, invece di una valvola, una turbina pico-idroelettrica. Ovviamente le potenze in campo sono piccole ma rile- vanti se connesse a un sistema di accumulo dell’energia elettrica. In confronto a un sistema fotovoltaico questa turbina produce sempre; da 1200 ore l’anno produttive si passa a più di 8.000 (circa 7 volte). La produzione di energia è equivalente a un sistema fotovoltaico con po- tenza di picco pari a circa 9 kW. Inoltre, sono centinaia (se non migliaia) i punti di pro- duzione possibili. Rendendo di passo in passo sempre più lieve lo sforzo per far muovere la turbina, pare pro- prio che la rete idrica si candidi a tutto tondo a diven- tare la terza rete energetica dopo elettricità e gas, come abbiamo ipotizzato nello scorso Ecofuturo. Sempre agli albori di questa tecnologia ci confrontam- mo a lungo con l’ing Andrea Mariani di Secam, il ge- store idrico pubblico della provincia di Sondrio, e rice- vemmo la richiesta di studiare una speciale nanoturbi- na che sostituisse le valvole di riduzione di pressione in ogni casa o condominio. Sono quelle valvole che servo- no a garantire una pressione ridotta rispetto a quella che circola nella rete idrica principale, onde evitare che qualcuno voli seduto sul water o venga spazzato via al- la apertura della doccia. Mariani ci ha comunicato che sono arrivati a bersaglio per cui in futuro, ne parleremo diffusamente in altri momenti, ogni volta che apriremo l’acqua provocheremo anche lo scattare della nanotur- bina che produrrà energia fino a che si terrà il rubinetto aperto e in un condominio, a parte a notte fonda, pra- ticamente non c’è soluzione di continuità. Chissà se presto dovremo riscrivere le regole dello spre- co idrico e magari diremo ai nostri bambini: “Apri, apri l’acqua così facciamo energia.” Vi aspettia- mo a Ecofuturo Festival per toccare con mano ed entra- re nel sistema Pico-Idroelettrico. Segnatevi questa de- finizione inizia anche in questo campo una nuova era che altro non è che il ritorno alla “Presa di Forza” che ha fornito l’energia per i mulini e che agli albori dell’800 fu impiegata per la prima meccanizzazione delle filande e di altre produzioni tutte connesse con un complicato sistema di snodi e rotelle alla prima spinta fornita dal ruscellamento dell’acqua. ▲ *Co-fondatore di Ecofuturo Fabio Roggiolani di Ecofuturo in visita alla HidroPowerEnergy, start-up innovativa di Trento.Next >