< PreviousLa capsula Pascucci in fibra vegetale, un contenitore rivoluzionario, compostabile per davvero! un caffè biologico che non fa male a nessuno WWW.PASCUCCIFIBRA.COM capsulaprofessional@pascucci.it Stiamo collaborando con Fondazione CetaceaL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 21 PERSONAGGI / di Michele Dotti L'impegno per l'ambiente ha profonde radici nel rapporto con le generazioni future alle quali, secondo Alessandro Gassmann, occorre dare più fiducia T utti lo conosciamo come attore (oltre che regista e sceneggiatore) tra cinema, tv e teatro, vincitore di innumerevoli Premi, dal David di Donatello, ai Nastri d’argento, ai Globi d’oro. Non tutti invece conoscono il suo impegno ecologista che affonda le sue radici nell’infanzia, vissuta in mezzo alla natura grazie alla madre, ma che rifiorisce vigoroso con la nascita di suo figlio Leo: «Diventare genitori allunga gli orizzonti e proietta le responsabilità nel futuro, oltre la nostra esistenza». È grazie alla paternità, infatti, che Gassmann riscopre la sensibilità ecologica che diviene presa di coscienza della crisi climatica e impegno per contrastarla. Sente così il desiderio di incontrare e dare voce ai “veri eroi del nostro tempo”, coloro che spesso nell'ombra, stanno inventando un modo virtuoso di coniugare economia e ambiente, creando valore, lavoro e prendendosi cura al contempo del Pianeta. Sono questi i #GreenHeroes, che lui ha raccontato nel suo ultimo libro, scritto con Roberto Bragalone e col supporto scientifico del Kyoto Club. Gli abbiamo chiesto di parlarcene. I veri eroi, greenL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 22 Il progetto “Green Heroes” dimostra una grande attenzione al tema della sostenibilità ambientale. Da dove ha origine questa sua sensibilità? E com’è nata l’idea? «Possiamo fare tanto, semplicemente perché siamo tanti. Se ognuno facesse un gesto anche microscopico, come per esempio raccogliere le sigarette da terra che inquinano, intasano tombini e arrivano fino al mare, potremmo ottenere risultati importanti. È un po’ su questa convinzione che è nato “Green Heroes”, grazie all’incontro avuto qualche anno fa con Annalisa Corrado, scienziata ed ambientalista appassionata. Mi ha introdotto al Kyoto Club che promuove la transizione ecologica della società. Gli imprenditori che investono nell’economia sostenibile, i cittadini che difendono l’ambiente sono tanti e bisogna far conoscere le loro storie e il loro impegno, perché è un modo per promuovere fra la gente, a tutti i livelli, una nuova cultura, per far capire che non si può prescindere dalla cura dell’ambiente e dall’attenzione ai cambiamenti climatici. Non possiamo più aspettare e dobbiamo cercare di recuperare i danni che abbiamo fatto al Pianeta». Nel libro racconta storie virtuose di tanti cittadini e imprese che stanno tracciando sentieri possibili verso la sostenibilità ambientale. Sono storie diverse fra loro, ma c’è un filo che le lega? Ha scoperto un elemento comune a tutti? «Si è creato un senso di appartenenza e tutti i "Green Heroes” sono coinvolti in quello che è diventato un movimento di realtà virtuose. La transizione ecologica si realizza anche con questi processi partecipativi. L'iniziativa non soltanto regge ma cresce nel tempo, anche perché ormai tra le centinaia di "Green Heroes" che abbiamo identificato grazie al lavoro capillare di tutti coloro che seguono chi opera nell'economia sostenibile, sono nate delle sinergie e questa è la cosa più importante. È una sorta di rete, ancora non perfetta o totalmente legata, ma molto forte e che lavora bene e produce ricchezza, occupazione e futuro per i giovani e per chi rimarrà su questo pianeta dopo di noi». Di recente ha vestito i panni del professore, in una bellissima serie tv, mettendo a nudo dinamiche profonde e spesso invisibili del mondo giovanile. Che ruolo pensa potrebbe giocare la scuola rispetto all’ecologia? «I nostri ragazzi sono fortissimi, in gamba, bisogna dare loro spazio facendo, noi più anziani, due, tre passi indietro e lasciandoli lavorare. Sono tecnologici, veloci, sorprendenti e anche molto sfortunati perché a 18 anni si trovano a vivere in un momento storico in cui la visione del futuro non li aiuta. Io ho avuto la fortuna di vivere quell’età negli anni ’80, dove tutto sembrava possibile: una bella differenza! I nostri giovani vanno aiutati e sostenuti, hanno grandi capacità e sono molto informati. Con i mezzi che hanno a disposizione ed essendo nativi digitali hanno una velocità nell’informarsi e una capacità di accesso a una tale vastità di dati davvero incredibile. Sono molto più forti di noialtri. È una guerra generazionale sempre più evidente che ho avuto modo di toccare con mano ancora di più nella serie Tv “Un professore” tramite la quale sono venuto in contatto con molti ragazzi. Lo dimostra il fatto che il simbolo di questa lotta generazionale è Greta Thunberg, una ragazzina che quando ha iniziato la sua battaglia aveva 16 anni! Ammiro molto i nostri ragazzi e, nel mio piccolo, li aiuto se posso e non solo mio figlio che di anni ne ha 22».L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 23 La consapevolezza sulle grandi sfide ambientali è molto cresciuta negli ultimi anni, eppure non sempre questo si traduce in scelte coerenti. Quali pensa che siano i freni principali al cambiamento? «C’è da fare ancora molto, anzi moltissimo. D’altronde se la più grande multinazionale che abbiamo in Italia, l’Eni, continua a riservare un’ampia parte del suo business ai combustibili fossili, tanto per fare un esempio, vuol dire che qualcosa non funziona ed è un qualcosa che va contro il futuro dei nostri figli. Questo è solo un esempio ovviamente. Dobbiamo spingere sui governi perché dichiarino finalmente in modo netto e definitivo che la difesa dell’ambiente è una questione centrale e tutto il resto ne è conseguenza perché non abbiamo un altro Pianeta e, se continuiamo a distruggerlo, distruggeremo noi stessi. Bisogna innanzitutto rispettare gli accordi di Kyoto sul riscaldamento globale: alcuni paesi si sono allineati in modo netto, penso per esempio ai paesi scandinavi, alla Danimarca che entro il 2030 sarà autonoma dal punto di vista energetico; altri, come l’Italia, meno, sebbene abbiamo molte storie ed esperienze all’avanguardia che è ciò a cui cerchiamo di dare visibilità tramite Green Heroes». Secondo la sua esperienza, quanto il cinema segue la società e quanto può anticiparla e in qualche modo “educarla”? Rimanendo sul tema ambientale, le sembra che si stia muovendo qualcosa nelle produzioni italiane? «Credo che sia importante muovere e sensibilizzare in tutti i settori, non solo nel cinema, per esempio ho messo il termostato di casa a 18 gradi. Invece di stare in maglietta, metto un maglioncino. Mia moglie, che è freddolosa, all’inizio si è lamentata ma poi si è abituata. Se tutti facessimo così, non sa quanti milioni di metri cubi di gas in meno utilizzeremmo, quanta CO 2 in meno produrremmo e quanto risparmio ogni famiglia avrebbe. E poi ci sono le buone abitudini: il riciclo della plastica, la raccolta differenziata, comprare meno, risparmiare sull’energia elettrica, usare meno acqua. Sono piccole cose, ma le faccio un altro esempio pratico: in Italia siamo 60 milioni, se domattina ognuno di noi uscisse e decidesse di raccogliere un pezzo di plastica lasciato per terra, sarebbero 60 milioni di pezzi di plastica in meno per le strade. È un paradosso però rende l’idea. La ricostruzione è più difficile della distruzione. Ci vuole più tempo, e più sacrifici». Come immagina il futuro dei nostri figli? La spaventa o intravede per loro una speranza dal punto di vista ecologico? «Io ho appena compiuto 54 anni, quindi la minaccia climatica dovrei averla sfangata. Mio figlio Leo, invece, e soprattutto i suoi eventuali figli, se le cose dovessero procedere come vanno ora, erediteranno un Pianeta molto meno ospitale e meno bello del nostro. Una responsabilità, questa, che pesa sia sulle generazioni precedenti sia sulla nostra. Per questo, oltre che come uomo semi- primitivo che per spostarsi e scaldarsi usava benzina e gas metano, vorrei essere ricordato anche come uno che ha provato a lasciare un ricordo migliore di sé. Leo è molto sensibile a queste tematiche: è vegetariano. Evidentemente parlarne in famiglia è servito. Per questo ai genitori consiglio di trasmettere questa sensibilità ai figli: può contribuire a costruire un futuro migliore». ▲26 IL CONTESTO Ambiente criminale di Antonio Pergolizzi 30 ECONOMIA CIRCOLARE Filiere illegali di Francesco Girardi 34 ALIMENTAZIONE CONSAPEVOLE Il sapore dei soldi di Fabio Buccolini 37 BUROCRAZIA Ostacoli alle rinnovabili di Cecilia Bergamasco 42 INIZIATIVE Impegno rinnovabile di Sergio Ferraris 44 MONTAGNA E LEGALITÀ Speculazioni d’alta quota di Giannandrea Mencini 46 ESPERIENZE L’energia della legalità di Giorgia Burzachechi 48 L’AMBIENTE IN NUMERI La corruzione arretra di Sergio Ferraris 49 IL PUNTO Ecolegalità di transizione di Alessandro Bratti FOCUS EcoLegalitàL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 26 I l crimine ambientale è un crimine d'impresa attraverso il saccheggio di risorse ambientali e biodiversità con modalità vietate – in tutto o in parte – dalla Legge. Allargando la prospettiva, innestandosi perfettamente all’interno delle tipiche dinamiche predatorie dell’economia lineare mainstream, non rappresenta altro che un'esasperazione violenta di questa, avendo beneficiato di un humus ideale per la sua ascesa nell’olimpo del malaffare, infilandosi facilmente negli spazi lasciati liberi dai sistemi ufficiali, proliferando nelle maglie troppo larghe del sistema normativo, trovando persino giovamento in una cultura generalmente indifferente, spesso inconsapevole, troppe volte complice. E se il perimetro garantito dalla regolazione consente di definire e distinguere (non sempre chiaramente e con tutti i suoi limiti) le condotte illecite da quelle lecite, sul fronte dei danni ambientali il discrimine è spesso poco utile, essendo l’inquinamento contemplato e persino tollerato Tra tutte le forme d'illegalità quella ambientale è senza dubbio la peggiore perché ipoteca il futuro Ambiente criminale IL CONTESTO / di Antonio PergolizziL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 27 (entro certi limiti ai sensi del Dlgs 152/2006) dallo stesso modello di sviluppo e di consumo imperante. L’assenza di norme stringenti e/o di politiche di prevenzione e buone governance possono risultare ancora più dannose per l’ambiente dell’azione propriamente ecocriminale. È evidente come la biodiversità sia finita nella morsa di un modello economico lineare di tipo neoliberista e di un quadro giuridico inteso prevalentemente a tutelare la produzione e il consumo sulla tutela ambientale. Sotto il primo aspetto, si è trattato di un modello produttivo e di consumo antropocentrico che si è ingigantito a scapito dell’ambiente. Il livello di benessere raggiunto è la sua conseguenza, sebbene se ne occultino gli effetti ambientali. Ricavi privati, costi pubblici Il passo verso l’attuazione di un meccanismo economico-produttivo capace della privatizzazione dei ricavi e socializzazione dei costi (socio-ambientali) è stato rapido e compiuto attraverso modalità operative che non hanno tenuto in considerazione i limiti fisici e sociali delle risorse ambientali – come ammoniva negli anni Settanta l’economista Nicolas Georgescu Roegen, fondatore della bioeconomia, finendo al massimo per considerare i costi sociali e ambientali come mere esternalità. Sotto l’aspetto normativo, invece, l’intero apparato sanzionatorio si è caratterizzato, almeno fino al 2015, per prevedere nei confronti dei reati ambientali fattispecie meramente contravvenzionali, quindi con scarsa efficacia deterrente (con termini di prescrizione brevi). Nel 2015 è entrata in vigore la legge 68/2015 che ha inserito nel nostro Codice penale un Libro specifico sui cinque delitti contro l’ambiente, i più importanti dei quali sono l’inquinamento (art. 452 bis) e il disastro ambientale (art. 452 quater). Ecco perché fino al 2015 gli ecocriminali hanno avuto campo libero. Ancora oggi rimangono mere contravvenzioni tutti i reati nel settore edilizio, compreso l’abusivismo (anche quando pericoloso per il territorio e per le comunità), così come tutti gli illeciti legati alle emissioni in atmosfera e gli scarichi di reflui (naturalmente quando non ricorrono situazioni di compromissione e/o deterioramento tali da configurare ipotesi di inquinamento e/o disastro ambientale di cui sopra) e la gran parte dei reati legati al ciclo dei rifiuti e dell’agroalimentare. Il ritardo culturale sulla tutela della biodiversità è particolarmente emblematico rispetto alle specie animali, considerato che la legge quadro n. 157/1992 che tutela fauna selvatica omeoterma (mammiferi e uccelli) e disciplina l’attività venatoria è in grado di tutelare – come ha recentemente ricordato Legambiente con il suo dossier “Il bracconaggio in Italia” – appena l’1,1% di tutte le specie presenti stabilmente o temporaneamente nel nostro territorio. Si tratta di 643 specie e sottospecie protette su un totale di 57.460, considerando le specie note in Italia. È nei processi di gestione e di tutela delle risorse ambientali che vanno intercettate le criticità, lo spazio ideale del malaffare oltre che delle gestioni inefficienti. È il sistema che genera la sua particolare patologia (che può anche essere unica) e senza comprendere il sistema nella sua complessità e interezza non si può affrontare Fino al 2015, i reati ambientali erano sanzionati solo con delle contravvenzioni. Ora diversi delitti contro l'ambiente sono reati penali. Ma restano ancora vuoti da colmare.L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 28 alcuna strategia valida di contrasto. Serve spostare l’attenzione ai contesti, ai processi produttivi e ai modelli di regolazione; conoscere meglio la scena del crimine. Efficienza criminale Rispetto agli attori coinvolti negli ecocrimini, soprattutto in campo ambientale operano sistemi criminali complessi, definibili come nodi essenziali di reti criminali informali, flessibili e aterritoriali, dinamici ed efficienti, pronti a sfruttare ogni occasione offerta dai mercati, traendo vantaggio dalle lacune normative e dei sistemi di controllo. I clan mafiosi sono solo uno dei nodi della rete. Fino a oggi Legambiente con i suoi annuali Rapporti Ecomafia ne ha censiti 371, coinvolti nei diversi settori ambientali, dove sono particolarmente a loro agio. I clan si muovono nello stesso campo degli attori legali sebbene in modo parassitario. Sono imbattibili dove le governance sono pessime e non conoscono limiti geografici, interloquendo con le Amministrazioni Pubbliche, provando a dare risposte a bisogni concreti e persino a emergenze create ad hoc (come è successo nel campo dei rifiuti, non solo in Campania e nel Mezzogiorno). Si muovono solitamente come soggetti erogatori di servizi alle imprese (a garanzia dei diritti di proprietà in determinati contesti) e alle pubbliche amministrazioni, svolgendo un ruolo cruciale di facilitatori di interessi, leciti e illeciti. Non è detto che operino solo nei mercati illegali. Nel ciclo dei rifiuti, le mafie tradizionalmente si sono sempre occupate degli appalti per la raccolta e trasporto dei rifiuti e nel controllo delle discariche. La camorra casertana è stata la prima a comprendere che il vero affare sono sempre stati i rifiuti speciali perché si muovono nel mercato libero (a differenza dei rifiuti urbani che sono sotto il controllo pubblico). Grazie alla rete di professionisti hanno costruito un incredibile esperimento criminale – ancora in piedi – sublimando in maniera criminale la totale débâcle del sistema ufficiale. Attenzione, comunque, a non fare delle mafie un facile alibi utile a deresponsabilizzare gli attori politici e la società nel suo insieme. Il ciclo dei rifiuti è storicamente uno dei più colpiti dal malaffare perché è stato lasciato per troppo tempo all’improvvisazione e alla gestione tesa solo a minimizzare i costi, attraverso la logica dell’allontanamento. I trafficanti si sono sempre mossi – prendendo facilmente spunto anche dalla mafia casertana – come mediatori disinvolti tra domanda e offerta nell’ambito dei rispettivi mercati di riferimento, sia pubblico sia privato, svolgendo ruolo di problem solver e sapendosi muovere abilmente tra le criticità e le norme. Uno dei principali driver della loro azione è l’assenza di impianti a chiusura dei cicli. La stima del laboratorio REF Ricerche nel 2019 afferma che sarebbero stati circa 2,1 milioni di tonnellate i rifiuti privi di impianti di gestione all’interno del rispetto Ambito territoriale ottimale. Ebbene, secondo l’ultimo Rapporto Ecomafia di Legambiente (2021) i rifiuti sequestrati dalle forze di polizia (tra il 2020 e il 2021) ammonterebbero 2,1 milioni di tonnellate: coincidenza inquietante. Oggi come non mai l’obiettivo principale dei trafficanti è di intercettare le frazioni di rifiuti già differenziate per incanalarli nei circuiti paralleli della dark circular economy, dove i margini di guadagno derivano dalla violazione delle norme di gestione, di trattamento e di impiego dei materiali riciclati. È in queste dinamiche, sempre più globalizzate e ai confini tra lecito e illecito, che si può comprendere la loro vera natura di broker e di soggetti economici scaltri e spregiudicati, infaticabili e sempre attivi dalla parte sbagliata. ▲Next >