< PreviousL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 40 Quali sono le prossime tappe? «Se tutto procede senza intoppi, tra qualche mese il progetto potrà ottenere la concessione mineraria propedeutica all’inizio dei lavori di costruzione della centrale, poi si dovranno attendere dieci giorni durante i quali il Ministero del Beni Culturali potrebbe impugnare la decisione della Regione Toscana; in questo caso rischieremmo di perdere altri due anni. Parallelamente devono trascorrere 60 giorni durante i quali i cittadini possono presentare ricorso se ritengono che il processo autorizzativo presenti vizi di forma o procedurali. È anche probabile che qualcuno faccia ricorso al TAR e ciò comporterebbe il ritardo dell’avvio dei lavori per diversi altri mesi. È un percorso a ostacoli, che comporta un enorme dispendio di energie e tempo, una lotta prima con la burocrazia e poi con chi non vuole le rinnovabili, nonostante l’emergenza climatica ed energetica che stiamo vivendo». Regolamenti comunali che “valgono” più delle leggi nazionali Anche il fotovoltaico è oggetto di illogicità normative spiega Pietro Cambi, esperto energetico, che si è trovato a dover smontare impianti fotovoltaici su edifici di nuove costruzioni, nonostante il decreto legislativo 28/2011 (confluito nel decreto 199/2021) imponga di coprire con fonti rinnovabili una percentuale crescente dei consumi energetici dei nuovi edifici o di edifici che sono oggetto di ristrutturazione rilevante, anche nel caso di zone vincolate. Il tutto perché, secondo il regolamento urbanistico del Comune di Firenze, vi è assoluto divieto di installare pannelli fotovoltaici su tetti di edifici in zone vincolate. «L’amministrazione comunale fiorentina – racconta Cambi - si appresta a modificare il Regolamento Urbanistico adattandolo dopo undici anni, a quello che prevede la legge. L’atteggiamento del Comune, negli ultimi anni è stato altalenante nei confronti degli impianti fotovoltaici, dall’autorizzare il solare anche nei centri storici, all’applicare su tre quarti del territorio comunale vincoli rigidissimi. Oggi vige ancora il divieto assoluto di installare pannelli fotovoltaici in zone a vincolo paesaggistico, nonostante ci siano leggi nazionali e regionali in netta contraddizione». Cosa prevede la normativa nazionale? «Il decreto legislativo non prevede divieti assoluti, né in zone a vincolo paesaggistico né su edifici vincolati, pertanto i pannelli fotovoltaici non possono essere esclusi; è il progettista che deve dimostrare che la loro installazione non lede i caratteri storici e paesaggistici del territorio. Il divieto assoluto previsto dal regolamento comunale è quindi incompatibile con il decreto legislativo 199/2021». E in tutto questo il parere della Sovrintendenza che peso ha? «Se dà parere negativo in fase di autorizzazione si blocca la realizzazione, ma se dà parere positivo e l’Amministrazione Comunale non lo prende in considerazione ne vieta comunque l’installazione. Il parere della Sovrintendenza è inteso come sovraordinato a quello dell’amministrazione comunale in merito alle zone sottoposte a vincolo. Se tale parere è vincolante quando è negativo, dovrebbe esserlo anche quando è positivo, ma purtroppo non è così. Una nota positiva: recentemente la Sovrintendenza di Firenze ha dato un segnale, insieme alla Commissione paesaggistica del Comune, assegnando parere favorevole vincolante in una zona dove il Comune pone ancora il divieto assoluto». ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 42 L e rinnovabili sono sotto attacco. Appena si è intravista la crisi energetica, qualche mese prima dell'invasione dell'Ucraina, sono iniziati gli attacchi alle rinnovabili da parte dei sostenitori delle fossili. Eolico impattante sul paesaggio, fotovoltaico difficile da riciclare, geotermia di seconda generazione che attenta al paesaggio, biometano insostenibile sul fronte impiantistico, idroelettrico che lede il turismo e biomasse che riducono le foreste sono alcuni degli argomenti, infondati, dell'arsenale usato da coloro, sostenitori delle fossili o meno, che si oppongono alla transizione ecologica. Per questi motivi lo scorso febbraio è nato il comitato Cittadini per l'Italia Rinnovabile – (al quale appartiene l'autore dell'articolo, N.d.R.) - con lo scopo di favorire l'introduzione armonica delle fonti rinnovabili in Italia, assistendo cittadini e l'intero Paese nel superamento degli ostacoli, in gran parte comunicativi e amministrativi. «Siamo cittadine e cittadini che vogliono la rivoluzione rinnovabile del nostro Paese. Ne abbiamo diritto. Abbiamo diritto a chiudere per sempre con l'economia malata della combustione fossile che ci ha consegnato il disastro del clima, ci ha riempito di tumori e malattie cardiorespiratorie, ha reso le nostre città invivibili, devastate dall'inquinamento, dal rumore e dalle polveri sottili», si legge nelle prime righe del manifesto del Comitato che prosegue: «Non abbiamo paura di un paesaggio che cambia, perché è sempre cambiato nella storia. Desideriamo che È arrivata l'ora di scendere in campo per le fonti rinnovabili. Nasce il comitato Cittadini per l'Italia Rinnovabile Impegno rinnovabile INIZIATIVE / di Sergio Ferraris*L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 43 cambi in maniera armoniosa e razionale ma non accettiamo che con la scusa del paesaggio si soffochi di burocrazia la transizione energetica. Gli italiani vogliono la svolta delle energie rinnovabili e della mobilità elettrica e a impatto zero, tutti i sondaggi lo confermano da anni». Sgarbi all'attacco L'accenno al paesaggio non poteva sfuggire a Vittorio Sgarbi che ha preso lo spunto dalla prima battaglia del comitato, il quale ha difeso la scelta della Regione Toscana di autorizzare l'impianto eolico nel Mugello di Monte Giogo di Villore. Si tratta di 7 aerogeneratori da 4,2 MW l’uno, per una potenza complessiva di 29.6 MW, per il quale sono stati fatti tutti i passaggi di condivisione con i cittadini interessati, che hanno approvato l'impianto utilizzando un processo simile al Debat Public francese. Sgarbi ha attaccato con un video Monia Monni, assessora regionale all'Ambiente, e ha citato uno per uno i primi firmatari e proponenti del Comitato. «Quel paesaggio che Sgarbi dice di voler tutelare, nella sua visione retriva che ci riporta ai quadri naturali della legge Bottai del ’39, non sarà più lo stesso: senza la transizione, gli ecosistemi che comunque non verrebbero intaccati dal progetto eolico di Monte Giogo di Villore, non saranno preservati in un mondo a +3°C», si legge in una nota del comitato a commento del video di Sgarbi. Successivamente, il comitato ha varato una petizione online, ospitata da Change.org https://chng.it/YStdsSnSkf che oggi, 17 maggio 2022, ore 14:30, vede 44.780 sottoscrittori. La petizione è rivolta al ministro della Cultura Dario Franceschini, sistematicamente contro le fonti rinnovabili. «Caro Ministro Franceschini, a che gioco giochiamo? Gli industriali del nostro Paese hanno dichiarato di essere disposti ad investire 85 miliardi per installare nei prossimi tre anni 60 GW di nuove energie rinnovabili, pari a solo un terzo delle domande di allaccio per i nuovi impianti già presentate a Terna, ma tenute ferme da veti anacronistici e incomprensibili delle Sovrintendenze, e quindi del Ministero dei Beni Culturali, del Suo Ministero», si legge nell'incipit della petizione che non è stata minimamente presa in considerazione dal ministro in questione. Dai social a Roma Visto che le vie mediatiche non hanno sortito alcun effetto il comitato ha organizzato una manifestazione, il 22 aprile scorso, in occasione della Giornata della Terra, sotto il ministero della Cultura a Roma. «La svolta rinnovabile in questo Paese viene tenuta ferma, principalmente con l'uso strumentale della burocrazia e con il pretesto dei vincoli paesaggistici. Abbiamo a cuore il paesaggio dell'Italia, uno dei più belli al mondo, ma vogliamo un nuovo paesaggio della transizione ecologica, che ospiti armoniosamente le energie pulite e non le rifiuti con pregiudizio», si legge nel testo del Comitato. Nei giorni successivi, è arrivata l'opposizione da parte del dicastero alla nuova centrale a geotermia binaria, autorizzata dalla Regione Toscana che dovrebbe sorgere nella zona industriale di Abbadia San Salvatore nel fondovalle ai piedi del Monte Amiata. La battaglia per le rinnovabili è appena iniziata. ▲ Come contattare Cittadini per l'Italia Rinnovabile L'adesione al comitato è a titolo individuale e si può fare qui: Cittadini per l'Italia Rinnovabile L'indirizzo è: https://www.cittadiniperlitaliarinnovabile.com/ Per informazioni: info@cittadiniperlitaliarinnovabile.com La petizione è: https://chng.it/YStdsSnSkf *Giornalista scientifico, direttore di QualEnergia e Nextville.itL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 44 L e nostre montagne oggi sono “inquinate” da pericolose speculazioni che interessano gli alpeggi. Si tratta di un fenomeno silente che, da diversi anni, sta allungando le mani sulle Terre alte. Alcune grandi aziende intensive di pianura vengono a prendersi le malghe e gli alpeggi in alta montagna, offrendo affitti che gli allevatori locali non possono permettersi e incassano cospicui contributi comunitari della Pac (Politica agricola comune dell’Unione Europea) sui pascoli: si parla di milioni di euro. Il tutto nasce, paradossalmente, dall’interessante tentativo dopo il 2003 da parte della Comunità Europea di incentivare il mantenimento del terreni in buono stato agronomico anche nel caso in cui la coltivazione o l’allevamento non fossero più redditizi a causa dei diversi e spesso discussi accordi commerciali internazionali. Mentre una volta l’aiuto arrivava sulla base della produzione oggetto dell’assistenza (pagamento accoppiato), era legato alle superfici coltivate o al numero dei capi di bestiame allevato, con la successiva riforma europea (pagamento disaccoppiato) i premi venivano erogati indipendentemente dalla produzione. Così gli agricoltori potevano decidere di produrre o non produrre ma ricevevano comunque l’aiuto in forma di pagamento unico se rispettavano alcune condizioni di natura ambientale e del benessere dell’animale. In poche parole, in quanto il tema è molto complesso, l’Unione Europea ha attribuito alle aziende i “titoli” della Pac che permettono La montagna ha problemi di legalità che troppo spesso passano sottotraccia Speculazioni d'alta quota MONTAGNA E LEGALITÀ / di Giannandrea Mencinidi ottenere i contributi non più sulla base dell’attività produttiva bensì per ogni ettaro mantenuto. Pertanto, in assenza di terreni nella nostra pianura, molte aziende per rispettare i nuovi parametri, sono corse a cercare i terreni liberi e disponibili in tutto il Paese e soprattutto nei pascoli di montagna e non sempre in modo legale. Casi concreti Il caso più grave è avvenuto in Sicilia con le vicende accadute nel “Parco dei Nebrodi” legate all’attentato mafioso subìto nel 2016 dall’allora Presidente dell’Ente Giuseppe Antoci, uscito per fortuna illeso da questo grave atto intimidatorio. Antoci, con coraggio, si era opposto ideando anche uno specifico protocollo oggi parte integrante del Codice Antimafia, all’accaparramento dei pascoli da parte delle famiglie mafiose locali che si spartivano in modo illegale milioni di euro dei fondi europei destinati all’agricoltura. Grazie al coraggio di Antoci, a Messina a marzo dell’anno scorso, si è aperto il più grande processo in Europa in merito alle truffe nel settore agricolo. Dal 2006 in poi, senza distinzione geografica o territoriale, sono stati diversi i casi emersi di pseudo aziende agricole che ricevevano finanziamenti per il comparto zootecnico in modo illegale. C’erano imprese, come in Trentino, che raggiravano la legge facendo passare costoni di roccia, dirupi, sentieri di montagna, come terreni di pascolo ove appoggiare i titoli della Pac e ottenere i finanziamenti comunitari. C’era chi, come nel Veneto, aveva truffato l’Europa ricevendo finanziamenti per la conduzione e lo sfalcio di prati montani in realtà mai avvenuto. C’era chi in Lombardia, come opportunamente segnalato da Legambiente, per non violare la direttiva europea sull’inquinamento da nitrati trovandosi in difetto di terreni, attraverso espedienti più o meno legali, “spalmava” i liquami zootecnici su superfici aziendali per dimostrarne la disponibilità ma solo sulla “carta”. Oppure i “pascoli fantasma” a Bardonecchia in Piemonte, a Etroubles in Valle D’Aosta o nei vasti altipiani Umbri e Abruzzesi, dove gli allevatori prendevano in affitto ettari di alpeggio in alta quota per appoggiare i titoli della Pac e riscuotere i premi comunitari ma davvero ben pochi animali si vedevano al pascolo. Pochi mesi fa in Val Rendena in Trentino, gli allevatori locali hanno protestato contro l’accentramento di un considerevole numero di malghe nelle mani di pochi soggetti col conseguente aumento spropositato dei canoni di affitto. In Ciociaria, la Pastora Assunta Valente, 49 anni, ha denunciato solo poche settimane fa alle autorità competenti, forti intimidazioni per allontanarla dai pascoli: si parla di palizzate divelte, gomme del trattore squarciate, animali avvelenati. Il Parlamento si è accorto finalmente di quanto sta succedendo e sono state depositate da parte della Lega e del Partito Democratico, due interpellanze parlamentari in merito rimaste, per ora, senza risposta. Nel 2023 entrerà in vigore la nuova Pac e se l’Italia, nel recepire il provvedimento, non cambierà il sistema dei titoli, saranno purtroppo ancora possibili azioni speculative nelle Terre alte in grado di attirare truffatori e addirittura organizzazioni criminali. ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 46 C ome si combatte la ‘ndrangheta? Accendendo la luce. Tra regole ferree, in piena trasparenza, non c’è spazio per la criminalità. «Con la luce accesa, il buio scompare», questo è il motto di Carmelo Basile, presidente di Fattoria della Piana, un’azienda, anzi un “sistema”, come lo definisce egli stesso, con un fatturato che supera i 20 milioni di euro l’anno. Questa è oggi una realtà che produce prodotti caseari esportati in tutto il mondo, caratterizzata da un virtuoso sistema di economia circolare. E lo fa a Rosarno, una città della provincia di Reggio Calabria, un territorio che viene troppo spesso ricordato per la rivolta dei braccianti migranti o per la cronaca locale in cui sovente si parla di delinquenza. «Nessuno delinque per scelta. Ma se si lavora, si è rispettati e si sta bene, per la ndrangheta non c’è posto», dice il presidente. Quella di Carmelo Basile è la voce di chi la mafia l’ha vista da molto vicino. Tante sono state le avversità, non si sofferma su dettagli, preferisce non dare spazio a questi avvenimenti, ma la fattoria ha subìto attentati intimidatori: è stato dato fuoco a un anno di raccolto, sono stati ammazzati capi di bestiame, è stato fatto esplodere un ordigno proprio sotto la finestra di Basile. Lavoro essenziale «C’è stato un tempo in cui mi ero chiuso e così facendo avevo precluso anche la crescita dell’azienda», ricorda. Inizialmente, non accettava Fattoria della Piana è un'esperienza di ritorno alla legalità che deve diventare un esempio L’energia della legalità ESPERIENZE / di Giorgia BurzachechiL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 47 collaborazioni con allevatori che avessero in un qualche modo avuto problemi con la giustizia. La paura è una reazione normale ad attacchi di questo tipo, ma se si riesce a creare un sistema alla cui base c’è legalità, si diventa più numerosi e forti della mafia. «Questa è una terra con molte problematiche che possono diventare risorse. Il lavoro è, per definizione, la risoluzione dei problemi di qualcun altro, se si riesce ad entrare in questa mentalità le porte si aprono per tutti», continua. E di problemi Fattoria della Piana ne aveva un bel po’. Oltre a sorgere su un territorio difficile, in cui il confine tra legalità e illegalità è molto labile, aveva i tetti delle stalle interamente ricoperti di eternit e un grosso problema di smaltimento di liquami, siero esausto e letame; ogni anno l’azienda doveva spendere circa 200 mila euro di utenze. La fattoria ha risolto prima i suoi problemi e poi quelli di altre aziende del territorio. Basile, nei primi anni 2000, è venuto a conoscenza di un impianto a biogas in Germania «nessuno sapeva se sarebbe stato replicabile perché non erano mai state utilizzate come matrici scarti di pastazzo di agrumi e sansa di olive». Così ha investito in ricerca per verificare che le matrici presenti in azienda fossero idonee alla produzione di biogas. Il responso è stato positivo e nel 2008 è stato realizzato il primo impianto della fattoria. Dopo sono stati sostituiti interamente i tetti su cui era presente l’amianto, con pannelli fotovoltaici. Un investimento totale da 7 milioni di euro. Tutti abbondantemente rientrati. Dai pannelli fotovoltaici infatti si producono intorno ai 500 kW di energia, mentre la centrale ha una potenza elettrica di 998 kW. Questo ha consentito all’azienda, non solo di azzerare le bollette, ma anche di immettere nel sistema nazionale energia in grado di soddisfare il bisogno di 2680 famiglie. Non solo: offre un servizio di smaltimento scarti anche per le aziende limitrofe «per loro lo smaltimento aveva un costo enorme, per noi quegli scarti sono una grande risorsa». Anche qui: due problemi risolti. In tutto in Calabria sono prodotti 4,8 milioni di litri di latte di pecora, di questi tre milioni vengono lavorati e trasformati a Fattoria della Piana, grazie al conferimento di circa 95 allevatori. Fattoria della Piana dà lavoro a un centinaio di dipendenti, provenienti da 17 paesi di quattro continenti diversi «non ci sono mai stati problemi di discriminazione, tutti lavorano sereni e non hanno necessità di crearne. Ultimamente i mussulmani hanno seguito il Ramadan, continuando a collaborare tranquillamente con gli altri colleghi» racconta il Basile. «Assumiamo molti giovani e forse, se qualcuno di questi è stato tolto a una vita di delinquenza, è stato anche merito nostro - continua - c’è stato il caso di un ragazzo, anni fa, che ha avuto dei precedenti. Aveva svolto quella che veniva chiamata ‘Alternanza Scuola - Lavoro’ qui in fattoria e abbiamo deciso di offrirgli un lavoro. Adesso fa parte del nostro staff, è sposato, ha figli e non ha mai più avuto problemi con la giustizia». «Fattoria della Piana non è l’azienda di un singolo, ma del territorio. Siamo tanti e compatti e questo spaventa la ‘ndrangheta, perché colpire l’azienda vuol dire far perdere lavoro con cui si sostentano molte famiglie. E quindi fa perdere consensi. Capisco che per i più piccoli è difficile, ma è proprio per questo che è importante creare un sistema» dice Basile. E conclude: «un consiglio per i giovani? Accantonare le scuse e mettersi davanti allo specchio perché solo lì si trova sia il problema sia la risposta. Se si continua a guardare fuori dalla finestra si troveranno scuse e con quelle non si crea nulla». ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 48 C orruzione. Uno degli aspetti più odiosi dell'illegalità. Si tratta di quel patto criminale che trasforma i cittadini e gli amministratori in corruttori e corrotti, creando un sodalizio tossico che mina la vita civile. Sodalizio che per anni è stato sinonimo dell'Italia e che, forse, si sta attenuando. Nel 2021, secondo l'Indice di Percezione della Corruzione (CPI) curato da “Transparency International”, nel settore pubblico e nella politica abbiamo raggiunto un punteggio di 56/100 - lo zero indica massima corruzione e 100 l'assenza della stessa – punteggio che nel 2012 era 42/100. Certo, ancora distanti da Danimarca, Nuova Zelanda e Finlandia che con 88/100 si piazzano ex aequo al primo posto. Su 180 paesi ci collochiamo in 42° posto, mentre in Europa, siamo al 20° su trenta, alla pari con Polonia e sotto la Slovenia. Il punteggio medio globale è di 43/100 con i due terzi dei paesi del Pianeta al di sotto della sufficienza di 50/100. ▲ a cura di Sergio Ferraris* La corruzione arretra *Giornalista scientifico, direttore di QualEnergia e Nextville.it L'AMBIENTE IN NUM3RI 56/100 ITALIA lo zero indica massima corruzione e 100 l'assenza della stessa 42/100 ITALIA 2012 88/100 DANIMARCA, NUOVA ZELANDA, FINLANDIA 2021 43/100 Punteggio medio globale 42° posto su 180 1° posto L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 49 il. Ecolegalità di transizione N el 2019 viene approvato ed emanato il Green Deal europeo. La Presidente della Commissione Ursula von der Leyen mette al primo posto dell’agenda europea una serie di azioni che comprendono lo sviluppo delle energie rinnovabili, l’industria sostenibile, l’edilizia, la mobilità sostenibile, la Biodiversità, il capitale naturale, l’agricoltura sostenibile, la lotta all’inquinamento e la finanza cosiddetta verde. Temi sempre rimasti fino ad allora marginali. Viene lanciato un grande programma per arrivare alla neutralità climatica al 2050. Mai come in questi anni il quadro internazionale è così chiaro perché si determini una svolta ecologista dello sviluppo. Tanto entusiasmo nel mondo ambientalista probabilmente non si riscontrava fin dai tempi del Summit di Rio de Janeiro (1992). La grande crisi economica del 2008 sicuramente ha portato l’opinione pubblica a prendere coscienza su un certo tipo di sistema basato sullo sfruttamento delle risorse naturali. Al Gore con il suo impegno e i numerosi saggi vince il Nobel ma negli anni successivi poco cambia. Le varie Cop che si susseguono indicano che la strada per cambiare il paradigma dello sviluppo è ancora lunga: emergono le contraddizioni di un mondo a più velocità. L’Onu licenzia nel 2021 l’Agenda 2030. Un framework con 17 obiettivi di sostenibilità da raggiungere da parte dei paesi sottoscrittori certi e definiti per avviarsi verso la strada della sostenibilità. Europa in pole position L’Europa si pone alla testa di questo rivoluzionario processo e il Green Deal costituisce la strada europea per trasformare l’economia e quindi lo sviluppo dell’Europa contrastando il grande pericolo dei cambiamenti climatici. La pandemia del Covid-19 che scoppia a fine 2019 mette a dura prova il mondo. L’Europa deve decidere se perseguire la strada del Green Deal o adottare un sistema protezionistico per le imprese “old style” basato su aiuti e assistenzialismo. Si va avanti sulla strada innovativa: viene licenziato il “Recovery fund” che mette a disposizione mille miliardi per uscire da questa crisi cambiando la strada percorsa fino ad oggi: transizione ecologica, sostenibilità, green deal diventano le parole d’ordine. L’Italia è il paese fra i più colpiti dalla pandemia ed è anche quello che riceve più risorse. Viene lanciato il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). La metà dei finanziamenti, circa 100 miliardi, è fortemente indirizzata verso investimenti green. Viene istituito il Ministero della Transizione ecologica attraverso un’operazione da “fusione a freddo” dove si uniscono le politiche ambientali a quelle energetiche. Un Ministero che vigila su importanti Istituti quali Ispra ed Enea e Società come il Gse, Rse e Sogesid. Fino qui sembrerebbe che anche in Italia finalmente, dopo aver approvato nel 2015 la legge 68 sul contrasto ai reati ambientali e quella sulla green economy e nel 2016 la legge sul Sistema di protezione ambientale nazionale, si possa avere quel cambiamento di rotta che il mondo ambientalista anche attraverso le recenti manifestazioni delle generazioni più giovani, capitanate da Greta Thunberg, chiede a gran voce. Le aspettative si scontrano con la realtà, aggravata recentemente da un inaspettato scoppio della guerra in Ucraina che si ripercuote pesantemente sulle scelte fatte. Si torna a parlare di nucleare, di carbone, di gas, un Legalità e protezione dell’ambiente ai tempi della Transizione ecologica a cura di Alessandro Bratti*Next >