< Previous« A bbiamo perso le chiome, abbiamo perso l'ossigeno, abbiamo perso le ombre. Il Salento è nudo. Respireremo vento, aria, neve, gelsi. Il selvatico che è in noi prevarrà. La verità arriverà».I versi di Salvatore Toma – poeta magliese dall'animo ribelle che si isolò in un bosco in compagnia delle sole bestie – accompagnano gli ultimi fotogrammi del corto "Canto e controcanto", realizzato da un drappello di artisti e artiste sotto la guida della regista e fotografa Bruna Rotunno per presentare, celebrare e diffondere l'attività di Manu Manu Riforesta! Manu Manu vuole dire "a mano a mano" in dialetto salentino. Piano, senza fretta ma inesorabilmente. È così che si muove questa associazione che da anni contrasta, attraverso la riforestazione, la devastazione ambientale di cui è vittima l'area dei Paduli, un'antichissima foresta che ammanta le terre più a oriente dello Stivale. Una devastazione dettata principalmente dall'avidità dell'uomo, che ha compromesso il patrimonio di biodiversità di questo suolo martoriandolo, nel corso degli ultimi quarant’anni, con pesticidi, diserbanti, discariche abusive, falde acquifere prosciugate da centinaia di pozzi abusivi. Attraverso un ambizioso progetto di riforestazione, l'associazione salentina vuole riportare in vita questo polmone verde. L'obiettivo è di ostacolare la monocoltura e ricreare la biodiversità realizzando una agro-foresta, dove ci sia spazio per boschi di querce, roverelle, carpini, frassini, ma anche per frutteti minori, macchia mediterranea, piccoli orti. Il grande nemico da fronteggiare qui è la Xylella, un killer che ha già mietuto troppe vittime: 11 milioni di ulivi sono moribondi, hanno perso completamente le loro chiome, non producono più ossigeno e non fanno più ombra a una terra in corso di desertificazione da decenni. Il "cerchio rosso" oggetto del primo intervento di Manu Manu Riforesta! misura 300 ettari e individua il cuore di questa epidemia, dove centinaia di piante di ulivo e di quercia giacciono già a terra senza vita. Qualche mese fa è partito il progetto pilota di agro- forestazione su un'area di 6 ettari dove sono state messe a dimora piante di quercia, leccio, carrubo, alloro, lentisco, viburno, alaterno, rosmarino, corbezzolo, pungitopo, rosa canina, noce, melo cotogno, brufico, melograno. Nel giro di tre anni questa fase sarà conclusa e contribuirà e determinare le linee guida per passare all'intervento di cui sarà oggetto il "cerchio rosso". Non solo alberi però: secoli fa i Paduli erano una zona ricca e fertile, che forniva sostentamento a tutta la popolazione di queste terre. L'idea è ricreare questa condizione, piantando alberi da frutto e piante ortive con l'obiettivo sia di rigenerare il suolo, sia di creare circuiti locale, naturali e solidali di approvvigionamento alimentare. Questo compito così importante è portato avanti in maniera condivisa e leggera, dal basso, con l'aiuto delle decine di volontari e volontarie su cui può contare l'associazione e con il sostegno del mondo dell'arte e della cultura, ma anche grazie al lavoro di biologi e agronomi che guidano l'opera di riforestazione. ▲ www.manumanuriforesta.org ITALIA CHE CAMBIA a cura di Francesco Bevilacqua* 11 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 * Giornalista, caporedattore Italia che Cambia Lentamente ma con determinazione rinasce un'antica foresta nel Salento. Per contrastare i cambiamenti climatici Manu Manu Riforesta!L e rinnovabili sono sotto attacco in tutto il mondo per motivi paesaggistici, specialmente in Italia. Nel Bel Paese si è arrivati a contestare nuovamente parchi eolici già in esercizio da anni ed è forte l'opposizione alle rinnovabili in ambito agricolo anche quando queste sono assolutamente compatibili con le coltivazioni, come il caso dell'agrivoltaico. Nulla si dice però su altri "scempi" paesaggistici del nostro territorio. Eccone alcuni. Il primo è un'orrenda colata di cemento moderna che insiste su uno dei paesaggi più belli d'Italia alle porte dell'anfiteatro rappresentato dall'inizio della Valle d'Aosta: https://bit.ly/369BapU. E che dire di questo insediamento a servizio di un'industria manifatturiera privata che impermeabilizza il suolo ed è un pugno nell’occhio nel paesaggio della Pianura Padana? È un utilizzo speculativo del territorio. Eccolo: https://bit.ly/3wfHPJT. Passiamo ora a un vero e proprio attentato alla biodiversità per mera speculazione. Qui, un intero territorio è stato piegato alla volontà di un settore economico che ha ridotto migliaia ettari a un deserto sul fronte della biodiversità, alterando in maniera irrecuperabile il paesaggio: https://bit.ly/3jUvaJZ. E ancora. Insediamenti residenziali privati fortemente antropizzati che sono di sicuro un attentato al paesaggio rurale pugliese con architetture assolutamente fuori contesto e occupando suolo poiché si tratta di insediamenti mono familiari costruiti di sicuro in spregio alle norme urbanistiche e successivamente sanati: https://bit.ly/3yjGoeO. Parliamo ora di un'opera d'urbanizzazione di massa in una delle zone costiere più belle d'Italia. Una superficie pari a 29 mila campi di calcio nella quale vivono ammassati un quarto di milione di persone danneggiando l'intero ecosistema costiero: https://bit. ly/2TyjNwk. E ancora, sugli scempi edilizi due esempi. Il primo è questo utilizzo militare del territorio che rappresenta uno scempio del paesaggio pugliese essendo posizionato in un luogo visibile a chilometri di distanza e con un'architettura che nulla ha che vedere con il contesto: https://bit. ly/3hx5foP. E per ultimo l'attentato più grande alla nostra bella Italia. Un'intera città realizzata senza alcun piano regolatore, con distruzioni sistematiche di reperti storici di grande bellezza grazie a una dissennata sovrapposizione urbanistica che ha impermeabilizzato il suolo lungo uno dei fiumi più belli d'Italia per una superficie, tenetevi forte, pari a 1.000 campi di calcio e nella quale vivono, ma sarebbe meglio dire si ammassano, ben 33 mila abitanti con una densità di 7.575,55 per km2. Eccolo: https:// bit.ly/3xiH7wP. Stupiti? Ebbene sì, questi sono solo alcuni dei 55 siti italiani Patrimonio dell'Umanità, certificati dall'Unesco, per la maggior parte d’origine antropica, "interpretati" con le stesse parole e la stessa logica con la quale alcune associazioni ambientaliste italiane, per fortuna non le maggiori, stanno descrivendo le installazioni a fonti rinnovabili – e, più in generale, tutte le innovazioni anche le più sostenibili, applicabili sul territorio. Che cosa sarebbe successo, all'epoca, se ci fosse stata un'opposizione "vittoriosa" a questi scempi? Per una volta, contrariamente al mio stile giornalistico, vi lascio con una domanda. ▲ * giornalista scientifico, caporedattore L’Ecofuturo Magazine ENERGIA a cura di Sergio Ferraris* 13 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 Questa è una rubrica speciale. Durante la lettura, dal momento che siamo su una rivista digitale, cliccare obbligatoriamente sui link. Buona lettura. Scempi rinnovabili15 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 L a bella stagione è nel suo pieno splendore e la voglia di trascorrere il tempo immersi nella natura con la famiglia o gli amici ci invita a preparare un bel picnic al parco, in campagna, in montagna o al mare. Ecco una semplice guida fatta di consigli utili per un’escursione sostenibile, con prodotti green che non creano rifiuti usa e getta, anche in considerazione delle nuove disposizioni normative. In tutti gli Stati membri UE, dal 3 luglio è entrata in vigore la norma che bandisce prodotti in plastica usa e getta che non saranno più immessi sul mercato comunitario. Per un perfetto corredo ecologico da picnic non dovrebbero mancare stoviglie lavabili. No, a piatti e posate usa e getta di plastica! Meglio portare con sé piatti, ciotole, bicchieri e posate lavabili, come quelle compatte e leggere di bambù o legno. Se cadono non si rompono e non rilasciano sostanze tossiche a contatto con il calore, come nel caso della plastica. L’inquinamento da plastica è uno dei mali dei nostri giorni. Da non dimenticare le borracce e i thermos. Questi ultimi saranno perfetti sia per mantenere fresche le bevande sia caldi il caffè e il tè. Un bel modo per evitare l’utilizzo di imballaggi per l’acqua e le bibite. Stop anche ai fazzoletti e alle tovaglie monouso. Riscopriamo il piacere di usare i tovaglioli e le tovaglie di stoffa o vecchie lenzuola e parei. Al posto di vaschette di plastica, pellicole alimentari e fogli di alluminio per trasportare e conservare gli alimenti, meglio optare per contenitori a chiusura ermetica, facili da lavare e da riusare comodamente per ogni escursione all’aperto. Si possono preparare anche delle porzioni singole. A ognuna si lega un tovagliolo e la relativa posata. Un gesto chic ed ecologico. Le ricette per le pietanze fatte in casa sono illimitate, meglio se con prodotti biologici, a chilometro zero e di stagione; ci si può sbizzarrire con la torta salata di verdura, la classica insalatona di riso o la pasta fredda e per finire con una rinfrescante macedonia. Portiamo da casa cinque sacchetti (uno per la plastica e metallo, uno per la carta, uno per l’indifferenziata, uno per l’umido e uno per il vetro) da gettare via negli appositi cassonetti della raccolta differenziata andando via. La natura ringrazia. Se ci sono rifiuti volati via o abbandonati, è importante non distogliere lo sguardo e fermarsi a recuperarli anche se sono stati lasciati da altre (poco ecologiche) persone. Un’attività da fare anche con i bambini. Per questo nel cestino sarebbe bello mettere sempre dei guanti da lavoro. Durante una scampagnata sono tante le cose da portare: si può ottimizzare lo spazio utilizzando qualche trucco. Basta procurarsi tre cassette di legno del mercato. Una grande, una media e una piccola. Nella prima si dispongono sul fondo posate e piatti, nella seconda i cibi nei contenitori, nella terza i tovaglioli le cose più delicate, come la frutta che non deve schiacciarsi. Una volta arrivati al parco o in campagna basterà posizionare le scatole sul telo e man mano svuotarle. La scatola più grande, rigirata, sarà un comodo tavolino, quella media e la più piccola potranno essere invece usate come sedute. Non resta che rilassarsi e sentire il benessere che la natura ci dona a ogni passo e sguardo. ▲ * Ecodivulgatrice, scrittrice e conduttrice tv AUTOPRODUZIONE a cura di Lucia Cuffaro* Fare un picnic ecologico a rifiuti zero non solo è consigliabile ma persino possibile Eco sull'erba17 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 È semplice liquidare la questione affermando che l’unica agricoltura sostenibile è quella biologica e, non essendo il tipo di agricoltura dominante, per cambiare ci vogliono capitali e peso politico. Se la prima mette al centro la capacità di scelta del soggetto che acquista, la seconda è il profeta della finta libertà: del “pronto oggi e subito”. In questa, la leva è la capacità di “progettare” il prodotto e di comunicarne i valori che spesso sono uno stimolo mentale e non sensoriale, ma stimolano il consumo. Mentre il biologico valorizza il sapore e la cultura di provenienza, l’agricoltura intensiva ci alimenta per produrre denaro. La consapevolezza è la nemica giurata dall’industria globalizzata e la “politica” spesso il suo unico referente. Il biologico industrializzato non deve fare paura ma neppure l’agricoltura in sé, che sarà sostenibile quando l’equilibrio necessario a non depauperare il Pianeta non sarà solo quello del conto economico, ma quello sociale. La Grande distribuzione organizzata (Gdo), alleata della teoria che quantità è sinonimo di finanza florida, non è colpevole ma è quella alla quale il cittadino si rivolge per esprimere il proprio assenso o dissenso. Se dagli alimenti confezionati si togliessero gli attraenti imballaggi - elementi che guidano l’acquisto - basterebbe la metà degli spazi, anche se l’idea della ricchezza per il cittadino è la quantità che il marketing conosce bene. L’agricoltura non è solo cibo ma anche fibra per realizzare abiti, gomma per le automobili, carburante per le auto, materia prima per borse. Si legge in un articolo della rivista “Mondo Finanziario”: «nel complesso il peso dell’agricoltura sull’intera economia italiana è al 2,2% e se si include l’industria alimentare del 4,1%, numeri che tendono a rappresentare una fotografia del passato mentre il futuro sembra ancora un po’ sbiadito». Che è come dire, non rende abbastanza. Il cibo come ricchezza non è una novità; nella premessa di una ricerca presente sul web (https://bit.ly/3xUsnnJ, definizioni e dimensioni dell’agricoltura sostenibile) nata per monitorare lo stato dell’agricoltura sostenibile in Lombardia si legge: «[…] L’indicatore proposto per l’analisi della sicurezza alimentare è l’Indice di Massa Corporea (Imc), calcolata sia per adulti sia per bambini/ adolescenti. I dati Istat rivelano un incremento della quota di adulti in condizione di sovrappeso che nel 2019 è pari al 42,1% della popolazione totale». Per quanto concerne la malnutrizione infantile, l’ultima indagine svolta dall’osservatorio OKkio alla Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, lancia l’allarme sulla gravità che il fenomeno sta acquisendo in Italia. Se sprechiamo nell’Ue 88 miliardi di kg di cibo l’anno, non è che ne produciamo troppo e non ci preoccupiamo di conservalo in modo adeguato? O forse non lo distribuiamo abbastanza? Il fenomeno più preoccupante riguarda il sovrappeso nei bambini: un tempo segno di ricchezza familiare ora solo di ignoranza. Acquistare consapevolmente: l’unica ricetta seria per garantire un futuro al Pianeta e per consentire questo la maggiore responsabilità è quella dei governanti. ▲ * Vicepresidente Ass. Chimica Verde Bionet, R&D manager Green Evolution BIOECONOMIA a cura di Marco Benedetti* Per ridurre l'impatto di tutta la filiera agricola è necessario aumentare la consapevolezza dei consumatori Agricoltura consapevole19 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 L’ economia circolare è un argomento centrale per una rubrica che si occupa di “Impresa e sostenibilità”. L’occasione per parlarne mi è data dalla recente pubblicazione di un quaderno da parte di Fondazione Symbola, “L’economia circolare italiana per il Next generation Eu”. Per chi non la conoscesse, Symbola è la fondazione istituita e presieduta da Ermete Realacci, il cui obiettivo è di “promuovere e aggregare le qualità italiane che puntano su sostenibilità, innovazione, bellezza” (www.symbola.net). L’ economia circolare è un modello di produzione e di consumo, che implica condivisione, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo per un tempo quanto più lungo possibile, di materiali e prodotti. L’obiettivo è estenderne il ciclo di vita riducendo al minimo i rifiuti. A fine vita di ogni prodotto i materiali di cui è composto sono riciclati e reintrodotti nel ciclo economico. In tal modo si genera un valore, che non è solo risparmiare su nuovi acquisti o evitare sprechi, ma è anche creazione di lavoro e innovazione tecnica. Il quaderno pubblicato da Symbola riporta alcune informazioni importanti: l’Italia è prima in Europa per tasso di riciclo totale sui rifiuti. Siamo al 79% contro il 43% della Germania e il 38% della media Europea. Questo impegno positivo “ci consente già di risparmiare, ogni anno, 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e l’emissione di 63 milioni di tonnellate di CO 2 ”. Non solo, le materie prime di alcune industrie manifatturiere italiane sono prevalentemente “materie prime seconde” cioè recuperate dalla differenziazione di rottami, maceri e rifiuti recuperati. Il tasso di riciclo in alcune industrie è di valore assoluto: tocca il 100% per l'alluminio, il 90% per l’acciaio e il 57% per l’industria della carta. L’intera filiera del riciclo, dalla raccolta alla preparazione fino al riciclo industriale, vale complessivamente oltre 70 miliardi di euro di fatturato, 14,2 miliardi di valore aggiunto e impiega 213 mila occupati. In un Paese che non ha materie prime di base, il riciclo di materiali a fine ciclo rappresenta una vera e propria fonte autonoma di approvvigionamento. L’economia circolare si fonda su un’impostazione economica in completa antitesi con il tradizionale modello economico lineare. Siamo abituati a pensare che le nostre economie non possano sopravvivere senza “estrarre, produrre, utilizzare e buttare via”. Qualunque indice economico che ci sia presentato, mostra la crescita continua del Pil come prima misura di “buona salute” di un sistema economico. La misuriamo anno su anno, mese su mese, trimestre su trimestre. Ne siamo ossessionati. Giornali e Tv non ci aiutano a capire. Quando va bene, ci offrono solo un dato nudo e crudo senza correlarlo ad alcun parametro di sostenibilità economica (tanto meno sociale o ambientale) e, di fatto, ci opprimono. Occorreranno ancora molti anni prima che sia ribaltata questa impostazione, ma abbiamo segnali molto concreti che alcuni “dogmi” possano essere sovvertiti. Al tal proposito, consiglio il libro “Il mondo dopo il Pil” di Lorenzo Fioramonti che affronta in maniera scientifica e del tutto condivisibile la necessità di cambiare i paradigmi economici con i quali misuriamo le nostre economie. ▲ *Division Director, Green Innovation Division – Zucchetti Centro Sistemi IMPRESA E SOSTENIBILITÀ a cura di Averaldo Farri* L'economia circolare è il punto cardine delle imprese che puntano alla sostenibilità e alla decarbonizzazione Cerchio su cerchio Fase d’uso Produzione Fine vita RiusoNext >