< Previous11 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 *Giornalista ambientale, socio fondatore di Italia che Cambia Bicibus e pedibus sono iniziative in crescita lungo lo Stivale, ma si deve porre molta attenzione per realizzarle bene Ascoltare il movimento O gni mattina, nove mesi su dodici, cinque (o sei) giorni su sette, circa 5 milioni di bambini in Italia vengono accompagnati e ripresi da scuola. Questo significa decine di minuti trascorsi in macchina nelle ore di punta, con genitori nervosi che strombazzano il clacson accusando altri genitori nervosi di non saper guidare. Quale modo migliore di iniziare la giornata? Sarà forse anche per questo che stanno fiorendo nel nostro Paese decine e decine di iniziative legate a sistemi alternativi per accompagnare i bambini a scuola senza macchina. Metodi più piacevoli, se attuati con i giusti accorgimenti - più ecologici - che aiutano a ripulire l’aria delle nostre metropoli, alcune delle quali sono fra le più inquinate d’Europa, dalle polveri sottili. Stiamo parlando di sistemi come il Pedibus e il Bicibus (o bike to school). Il Bicibus è un servizio di accompagnamento in bicicletta per scolari offerto da genitori, nonni e insegnanti volontari lungo percorsi prestabiliti, messi in sicurezza, segnalati da scritte a terra facilmente individuabili da bambini e automobilisti. Il Pedibus funziona allo stesso modo ma il gruppo in questo caso si sposta a piedi. Queste pratiche nascono anche dalla necessità di unirsi in gruppo per accompagnare i bambini a scuola, soprattutto nelle città dove spostarsi in bicicletta è pericoloso e proibitivo a causa della mancanza di adeguati percorsi ciclabili e di sicurezza stradale. Su Italia che Cambia nel mese appena trascorso abbiamo raccontato alcune di queste esperienze. Il servizio Pedibus e Bicibus scuola di Reggio Emilia, oppure il Bike to School Gru.Co organizzato da Legambiente greenTO, nato circa un anno fa all’interno del progetto Vi.V.O. (Via le auto dalla zona Ovest di Torino), programma nazionale sperimentale per la mobilità sostenibile casa-scuola e casa- lavoro. Oggi, a distanza di un anno, Bike to School Gru.Co accompagna a scuola gli alunni delle scuole elementari di ben sette Comuni della zona Ovest (Collegno, Grugliasco, Buttigliera Alta, Pianezza, Druento, Venaria e Alpignano), o ancora il BicibuSauro genovese e tanti altri progetti simili. Il fenomeno è indubbiamente in crescita ma per essere davvero efficaci e garantire dei benefici sia per l’ambiente sia per le famiglie questi progetti vanno realizzati coinvolgendo e ascoltando le esigenze di tutte le parti interessate, dai genitori, ai bambini, agli insegnanti e dirigenti scolastici. Accade che i bambini abbiano zaini pesanti da trasportare e che i genitori scelgano di portare loro gli zaini in macchina fino all’entrata della scuola, vanificando ogni valore ecologico del progetto. Effetti indesiderati di questo genere possono essere evitati con un’attenta progettazione chiedendo alla scuola di far lasciare la maggior parte dei libri in classe o in appositi armadietti. ▲ ITALIA CHE CAMBIA a cura di Andrea Degl’Innocenti*ECOMOTIVE SOLUTIONS • Località San Iorio, 8/C - Serralunga di Crea (AL) • ecomotive-solutions.com ENERGY HEAVY EQUIPMENT MARINE RAILWAY AUTOMOTIVE TECNOLOGIE PER L’USO DI CARBURANTI ALTERNATIVI NELL’AUTOMOTIVE E NON SOLO Ovunque operi un motore, la nostra tecnologia è pronta a intervenire per migliorarne le performance ambientali. Riusciamo a soddisfare le richieste dell’OEM (costruttori di veicoli o di motori, costruttori di impianti CNG/LNG/GPL, produttori di impianti per l’energia), così come quelle degli operatori professionali interessati al retrofit di mezzi o motori già in opera (flotte di veicoli industriali e commerciali, trasporto pubblico, smaltimento rifiuti, applicazioni marine e industriali speciali, impianti di produzione di energia). Soluzioni per l’impiego dei carburanti alternativi applicati a motori diesel, dalla vettura stradale al trasporto professionale passando per i veicoli commerciali leggeri. Sistemi di conversione di motori diesel in Diesel Dual Fuel per Metano, biometano, GPL, DME, biogas e trasformazioni di motori diesel in motori onnivori a gas. Applicazioni ‘green’ per motori industriali, soluzioni per la meccanizzazione agricola, mezzi d’opera a supporto dell’attività in porti e interporti. La logistica non si limita a movimentare carichi su strade e autostrade di asfalto: la sfida di Ecomotive prosegue sulle autostrade del mare. Un contributo a basso impatto ambientale per rinnovare le linee su cui operano locomotive diesel, con l’obiettivo non secondario di ridurre i costi operativi 1991 1995 1998 2009 2005 20042017 20152019 TEST 2021 DIMSPORT nasce dall’esigenza di modificare i parametri della centralina motore su vetture da competizione La neonata 2LNG presenta LNG POCKET, liquefattore per produrre e distribuire LNG a km zero Uno strumento Dimsport dialoga con la centralina motore originale Nascono i banchi prova potenza della linea DYNO Il gruppo assorbe il brand MACARIO attivo dal 2011 La prima centralina aggiuntiva RAPID La prima centralina aggiuntiva RAPID BIKE per le due ruote Diesel Dual Fuel proposto da ECOMOTIVE SOLUTIONS Il gruppo amplia il suo raggio d’azione con nuove strutture dedicate al testing delle emissioni dei veicoli AUTOGAS ITALIA entra nel gruppo Holdim13 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 *Giornalista scientifico, caporedattore L’Ecofuturo Magazine L'opposizione all'eolico in Italia è ormai ideologica e rischia di far perdere al Paese il treno delle rinnovabili Bonaccia eolica M entre infuria la tempesta sul mercato del metano fossile dovuta alla crisi Ucraina, in Italia, oltre a cercare in ogni angolo del Pianeta altre risorse fossili e a pensare a cinque improbabili centrali nucleari, siamo ben impegnati a ostacolare l'energia eolica. Il primo atto è arrivato con il Dl 50 del 17 maggio 2022 che prevede una distanza di sette chilometri per le pale eoliche da qualsiasi bene culturale: 150 km2. Il Coordinamento FREE ha fatto una prova, grazie ad Ambiente Italia, con uno dei pochi database regionali open source sui beni culturali: quello dell'Emilia Romagna. Il risultato lo ha commentato Livio de Santoli, il presidente del Coordinamento: «Blocco totale per l'eolico. Il risultato, come si vede dalle mappe realizzate da Ambiente Italia è che di aree idonee all'eolico, in Emilia Romagna, non ce ne sono, zero disponibilità». «Si tratta di un risultato prevedibile poiché i beni culturali sono 10.033 beni architettonici, 214 beni archeologici, nonché 643 sedi di conservazione degli archivi», – afferma Mario Zambrini di Ambiente Italia. C'è da immaginarsi quindi che cosa succederebbe in altre zone d'Italia. Con ogni probabilità non esisterebbe un solo metro quadrato di tutta la superficie del Bel Paese che non si trovi a più di sette chilometri da un bene culturale. E se le pale eoliche, visto che oggi abbiamo le tecnologie per farle galleggiare molto ma molto al largo, le mettessimo in mare? Non lo si pensi nemmeno di piazzare pale eoliche a 20-30 km di distanza dalla costa dove apparirebbero come un oggetto alto sei millimetri a un metro di distanza. Si tratta di un insopportabile sfregio secondo il Consiglio regionale della Sardegna, dove si producono 8,9 TWh/anno di elettricità da fonti fossili, molto sporche visto che l'isola non è connessa ai metanodotti, contro i 3,2 TWh/anno da rinnovabili, è stata presentata una mozione regionale a firma del consigliere Roberto Deriu (LeU), nella quale si legge: «in nome della transizione energetica si profila la volontà governativa di dare vita a nuove servitù energetiche. In nessuno dei progetti di eolico offshore emerge una qualche utilità per la collettività: a fronte di interventi fortemente impattanti sull’ambiente e il paesaggio e non è contemplato alcun vantaggio economico relativo, per esempio, al costo dell’energia». Il tutto ignorando lo studio presentato proprio in Sardegna tempo fa dall'ingegner Alex Sorokin il quale ha calcolato che 700 turbine, il 25% di quelle installabili nella Regione a circa 30 km dalla costa, da 14 MWe ognuna possono produrre 30 TWh/anno di elettricità, tre volte il fabbisogno sardo e il 10% di quello italiano, per un valore di 1,8 miliardi di euro/ anno (il 5% del Pil sardo), con 10 mila posti di lavoro nella fase d'installazione (10 anni) e 5 mila addetti stabili per il controllo e la manutenzione. Si tratta di occasioni, quelle sulle rinnovabili, che in Italia continuiamo a perdere. Per una paura anacronistica di un futuro rinnovabile, stiamo scegliendo un futuro, fossile, pauroso. Il clima non concederà sconti. ▲ ENERGIA a cura di Sergio Ferraris*Una soluzione ancora più ecologica per preservare la Terra. Oggi, più che mai, dobbiamo fornirti soluzioni intelligenti per aiutarti a contrastare i cambiamenti climatici. Per questo confezioniamo la nostra carta ecologica, ottenuta dal riciclo di cartoni per bevande, in un innovativo packaging in carta riciclata. Provala subito su grazieshop.it o scopri di più su grazie.it. Con questa carta rinnoviamo il nostro impegno per il pianeta.15 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 U na bella passeggiata in bicicletta: il vento nei capelli, l’aria profumata, i suoni della natura. Sembra tutto perfetto e in armonia finché… eccola lì, la gomma a terra. Per fortuna non è così difficile riparare la foratura di una bici, basta seguire qualche piccolo suggerimento. La prima cosa da fare è mettersi in un posto sicuro, lontani dal passaggio delle auto se si è in strada. Dopo di che bisogna capovolgere la bici, appoggiandola a terra sulla sella e sul manubrio, si sgancia la ruota. con lo sgancio facile o con una chiave a misura si toglie il dado. Dopo aver sgonfiato completamente la camera d’aria, si smonta il copertone dal cerchio, con l’aiuto di un cacciavite o delle tre leve apposite cercando il foro o taglio. Lì si dovrà applicare una toppa specifica, da avere sempre con sé. Si può acquistare il classico kit riparazione bicicletta nei negozi sportivi o anche in molti casalinghi cittadini. Se il punto di foratura non è visibile a occhio nudo sulla camera d’aria, bisogna cambiarla, senza buttare via la vecchia. Una volta a casa si potrà procedere con la sua riparazione. Per farlo si immerge la camera d’aria dopo averla gonfiata in un lavandino o in una bacinella, pieni d’acqua. Per capire dov’è il foro basta vedere dove si formano le bollicine. Con della carta vetrata ad abrasione leggera bisogna rimuovere i possibili residui di colla o di asfalto. Si applica quindi uno strato sottile e uniforme di colla sia sulla toppa sia sul copertone, lasciando in posa per circa un minuto: immediatamente dopo va applicata con attenzione la toppa, cercando di farla aderire senza creare bolle d’aria. Trascorso il tempo necessario (in genere indicato dal foglietto con le istruzioni) si rimuove la pellicola protettiva dalla toppa. Va rimontato prima il copertone sul cerchio e poi tutta la ruota ancora sgonfia sulla bicicletta. Alla fine di tutto, potremo rigonfiare e magari farci subito una bella passeggiata a impatto ambientale zero. Il consiglio è di avere sempre con sé lo specifico kit per la riparazione, la pompa per gonfiare la ruota, due camere d’aria di scorta e il caschetto protettivo. Anche i guanti da ciclismo sono molto utili, permettono di ridurre le vibrazioni, di avere un’impugnatura più salda e di affaticare di meno le spalle e la schiena. Nel caso di lunghe passeggiate, meglio avere il cellulare ben carico, un documento d’identità e un foglio con le informazioni mediche di rilievo; nel malaugurato caso di un incidente o di una caduta si riveleranno molto utili. Infine, non può mancare una capiente borraccia piena di acqua fresca, magari con un cucchiaio di miele biologico sciolto all’interno per un buon apporto energetico. Anche le mandorle e la frutta secca sono consigliate durante l’attività sportiva, rappresentano un ottimo spuntino, leggero e ricco di preziosi sali minerali come potassio, magnesio e vitamine come la B e la E. Non resta quindi che salire in sella e godere di un mezzo di trasporto ecologico e divertente. ▲ * Ecodivulgatrice, scrittrice e conduttrice tv Una foratura della bici può rovinare una passeggiata, ma può anche essere l'occasione per impadronirsi di pratiche per il riuso Bicicletta mon amour AUTOPRODUZIONE a cura di Lucia Cuffaro*17 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 * Vicepresidente Ass. Chimica Verde Bionet, R&D manager Green Evolution L'insostenibilità del nostro sistema dei consumi si nota specialmente quando osserviamo gli impatti dei trasporti Prendere e mai reimmettere Q ualche giorno fa riflettevo su dove gettare una vecchia T-shirt presa anni fa ad un concerto rock e indossata sì e no venti volte. Per smaltirla in modo corretto, come indica l’UE nel programma “Next generation EU”, dovrebbe trattarsi di riciclo, riuso o rigenerazione. La metto nel cassonetto della Caritas della raccolta abiti usati, in un cestino per strada o in un cassonetto della raccolta del rifiuti indifferenziati, quest’ultimo destinato quasi sicuramente alla termo(s) valorizzazione? Ero indeciso tra il container della raccolta abiti usati o quello dei rifiuti indifferenziati. Ho evitato il primo perché la maglietta era deformata, segno di bassa qualità delle materie prime e/o del processo tessile: quindi indifferenziata. Dovendo scrivere una riflessione in tema trasporti, ho pensato di calcolare l’impronta ambientale di questa T-shirt: km percorsi dalle materie prime poi trasformate industrialmente fino a casa mia. Come consumatori abbiamo idea di quanto sia il carico di CO 2 emesso per soddisfare un nostro desiderio non fondamentale? Consideriamo solo i trasporti utilizzati per giungere a destinazione, sino al suo fine vita più probabile: essere termo(s)valorizzato perché composto da materiali incoerenti tra loro come la fibra di cotone - vegetale e biodegradabile - e la fibra di poliestere da olio minerale raffinato e non biodegradabile. Varie ricerche riconoscono che il solo sistema di trasporti creato dall’uomo consuma più energia di alcuni paesi del Pianeta (www.medium.com). La conclusione è che un gadget come la T-shirt ha un costo sociale e ambientale ben oltre la nostra immaginazione. Partendo dal peso, pari a 130 grammi, realizzato con mix di fibra di cotone e fibra di poliestere (in genere 80/20) e ipotizzando che il cotone venga dall’India e il Pet dall’Arabia Saudita, i materiali della mia T-shirt hanno percorso complessivamente circa 39.763 km su sei mezzi tra marini e terrestri, di cui 2.000 km (3,3%) su camion e (96,7%) via nave dando luogo a una produzione di 15,06 grammi di CO 2 a T-shirt. Secondo www.statista.com una nave porta-container emette 3,54g CO 2 per T/km; a ciò ci sarebbe da aggiungere il trasporto con camion che secondo il sito www.verti.it produce 118 grammi di CO 2 /km ovvero altri 0,01 gr/CO 2 per un totale di 15,08 gr di CO 2 . Sembra poco ma nel mondo si producono annualmente circa due miliardi di T-shirt su 100 miliardi di capi di abbigliamento che significa un impatto ambientale per oltre 24 milioni di kg di CO 2 solo per il trasporto. Nel guardaroba ho almeno dieci T-shirt e alcune le uso solo saltuariamente perché vecchie, dai colori o disegni fuori moda. Ognuno faccia i propri conti. Che cosa dire dell’acqua consumata per produrre la mia T-shirt pari a 1.150 lt (più i miei lavaggi in casa)? Mi fermo qui per sopraggiunto mal di testa ma la domanda resta: è proprio così conveniente questo sistema di produzione in cui tutto va ovunque e finisce poi in cenere perché progettato senza pensare al suo fine vita? ▲ BIOECONOMIA a cura di Marco Benedetti*19 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 *Division Director, Green Innovation Division – Zucchetti Centro Sistemi Il mondo dei trasporti si sta avviando verso un ricambio radicale quanto quello dal cavallo all'automobile Cambiamenti in corsa I l settore dei trasporti si trova in una fase di cambiamento paragonabile solo a quello imposto da Henry Ford, che nel 1903 aprì in America la prima fabbrica destinata alla costruzione “di un auto per tutti”. Ford non inventò l’auto ma ne teorizzò l’utilizzo di massa e lo rese possibile. Già nel 1911 aprì fabbriche in giro per il mondo, iniziando da Canada e Inghilterra. In brevissimo tempo si passò dal cavallo e dalla diligenza, all’auto e si aprì un mondo fino ad allora sconosciuto, fatto di trasporti e di spostamenti rapidi di uomini e merci da un capo all’altro del mondo. Ora siamo davanti ad una nuova rivoluzione di quel settore che azzererà in breve tempo quello cui siamo stati abituati finora. Uno studio dell’ISPRA del 2021 riporta che oltre il 25% delle emissioni di gas serra deriva dai trasporti e il 92% di esse proviene dal trasporto su strada. È assai chiaro, perciò, che non esiste un argomento più centrale dove si coniughino sostenibilità e imprenditorialità. Non ho dubbi che nel giro breve (per i cicli industriali) di una decina d’anni avremo una grande predominanza di auto elettriche per il trasporto delle persone. Molto più complessa sarà la gestione del trasporto merci poiché un camion, per quanto piccolo, deve avere a bordo batterie da almeno 300 kWh per poter coprire, a pieno carico, un chilometraggio adeguato. Con quel tipo di capacità basterebbero una trentina di mezzi che stanno ricaricando le batterie in contemporanea per abbuiare una media cittadina italiana. Sarà quindi necessario sviluppare infrastrutture energetiche dedicate e alimentate da energie rinnovabili ma anche e, soprattutto, ridurre le distanze coperte dal trasporto via gomma, cominciando a sfruttare quelle “autostrade” che pure in Italia sono disponibili, ma scarsamente utilizzate, come le vie del mare e la ferrovia. Esistono oggi spedizioni via treno che partono da ShenZhen, in Cina e arrivano a Verona in circa 20 giorni. Non c’è ragione perché un simile modello non possa essere adottato in Europa e in Italia. Sono diversi gli aspetti che devono essere affrontati affinché si possa affermare una transizione verso un mondo dei trasporti che sia ambientalmente ed economicamente più sostenibile. In questo scenario non bisogna sottovalutare la difficoltà di alcune riconversioni industriali che saranno per forza necessarie e dell’organizzazione di un modello di service e manutenzione del tutto diverso da quello attuale. Le aziende si stanno già preparando e ho pochi dubbi che saranno pronte alla sfida. Ho molti più dubbi sulla politica, che dovrà sostenere questa transizione con adeguate normative tecniche e legali. In tema di transizione energetica, il nostro governo si è dimostrato assai balbettante se non del tutto inadeguato. La tragica e triste vicenda Ucraina ci ha dimostrato che le scelte di cambiamento sono necessarie e non più rimandabili e possiamo solo augurarci che nel settore dei trasporti, riusciremo a prendere il giusto abbrivio, nel giusto tempo (siamo ancora in tempo) senza rimanere dipendenti da un mondo che sta sparendo. ▲ IMPRESA E SOSTENIBILITÀ a cura di Averaldo Farri*Next >