< PreviousBIOCHAR CARBONE VEGETALE AMMENDANTE AGRICOLO MADE IN ITALY PREMIUM QUALITY 15LT = 120KM = 15kg di emissioni di CO 2 15kg di emissioni di CO 2 sottratte biochar S O T T R A E C O 2 A L L ’ A T M O S F E R Rende le piante più forti e più sane N°1 in Italia nel Biochar 2 3 G I O R N I D O P O LA G E R M I N A Z I O N E Fertilizzante a lento rilascio Durata pluriennale Trattiene acqua e nutrienti 1 0 0 % E C O L O G I C O Qualità verificata e attestata dalla www.nerabiochar.com Il biochar, anche detto carbone vegetale, è una soluzione concreta alla crisi climatica perchè sottrae CO 2 dall'atmosfera e combatte la desertificazione. Il biochar è un prodotto che deriva dal cippato, proveniente dalla pulizia delle aree verdi e dei boschi e dagli gli scarti di lavorazione della legna. Durante la sua produzione, imprigiona letteralmente la CO 2 nella sua struttura, composta infatti da carbonio per oltre il 75% e la immagazzina nel terreno sottoforma di fertilizzante, creando un circolo virtuoso. Grazie alla sua enorme porosità (>475 m 2 /g) trattiene acqua e nutrienti rilasciandoli lentamente nel terreno e rendendoli disponibili alle piante solo quando necessario. https://www.nerabiochar.com11 L’ECOFUTURO MAGAZINE Luglio-Agosto 2024 B uona parte della difficoltà nell’affrontare le sfide del nostro tempo, dalla crisi climatico-ambienta- le alle guerre, dipende dalla nostra incapacità di collaborare su vari livelli fra società umane. Ma perché facciamo così fatica? Per fortuna non si tratta di un limite biologico ma perlo- più culturale. In natura, cooperazione e collaborazione sono presenti all’incirca in egual misura e la visione dell’evoluzio- ne come pura lotta per la sopravvivenza è una lettura più funzionale al nostro modello economico che attinente alla realtà: al contrario, molti dei salti evolutivi più clamorosi nella storia della vita sulla Terra, come il passaggio dalla vita monocellulare a quella multicellulare, sono stati fatti grazie alla scoperta casuale di nuove forme di collaborazione. Nelle società umane questo salto evolutivo non è anco- ra avvenuto, a livello sistematico. Storicamente, le società competitive hanno sviluppato armi più potenti e un atteggia- mento più aggressivo e predatorio e hanno avuto la meglio su culture più collaborative e basate su un senso di equilibrio. Oggi però, la storia ci mette di fronte a problemi per la cui soluzione dobbiamo sviluppare velocemente nuove forme di collaborazione di massa. Ci riusciremo? Fortunatamen- te, abbiamo già molti esempi di collaborazioni di successo. Anzi, possiamo dire che fra le esperienze più innovative che raccontiamo su Italia che Cambia una percentuale altissima è rappresentata da progetti basati sulla collaborazione. Solo nell’ultimo mese, per esempio, abbiamo raccontato della nascita di diverse cooperative di comunità, una forma innovativa di collaborazione territoriale. Come quella nata nel piccolo borgo pugliese di Melpignano per rilanciare il borgo e i suoi abitanti, promotrice di molte iniziative co- me un apiario di comunità, la creazione di posti di lavoro, e persino una comunità energetica rinnovabile. O quella, sempre pugliese, di Porta Nova che sta animando Trani con numerose iniziative dal basso, dalla ciclofficina all'eco-o- stello al cinema partecipato. E sono solo due esempi fra le centinaia di esperienze che abbiamo incontrato. Certo, se vogliamo che le cose cambino rapidamente dobbiamo scalare di livello e passare da esperienze me- dio-piccole a collaborazioni fra governi ed organismi sovrastatali. Per farlo, è necessario ripensare i nostri siste- mi di governance e le nostre democrazie. Le elezioni stesse sono uno dei più lampanti esempi di competizione. Nel suo saggio “Con- tro le elezioni”, il politologo olandese David van Reybrouck spiega come l’attuale sistema di governo tipico delle democrazie liberali sia in realtà il frutto di un compromesso espli- citamente pensato per migliorare la situazione rispetto alle sanguinose monarchie antecedenti, ma comun- que per mantenere al potere una élite. Esistono modelli cui ispirarci per pren- dere decisioni più efficaci e complesse. La democrazia deliberativa e la gover- nance dinamica (o sociocrazia 3.0) sono due di essi. Certo, vanno provati, sperimentati, migliorati. Ma sono degli ottimi punti di partenza. Riusciremo a fare questo salto evolutivo? Si spera di farcela, per il futuro. a cura di Andrea Degl’Innocenti giornalista ambientale, socio fondatore di Italia che Cambia ITALIA CHE CAMBIA Collaborazione in evoluzione Negli ecosistemi, come nelle società umane, è la collaborazione che genera i maggiori salti evolutivi https://www.nerabiochar.comSOLUZIONI INTELLIGENTI PER UN MONDO SOSTENIBILE IL NUOVO SISTEMA STORAGE RETROFIT OUTDOOR POWER MAGIC IDEALE per installazioni industriali MODULARE da 200 kWh a 6 MWh SEMPLICE Sistema Plug & Play SICURO Sistema antincendio integrato ESPANDIBILE da 125 kW a 750 kW13 L’ECOFUTURO MAGAZINE Luglio-Agosto 2024 L e novità sul clima sono all’or- dine del giorno, ma ci sono notizie che si distinguono come segnali particolarmen- te rilevanti, specialmente quando si tratta delle previsioni di un riscalda- mento globale di +3 °C entro il 2100. Un esempio significativo è il Rapporto «We’re doomed, now what?” pubblica- to da Blue Shift Institute di Arthur D. Little (ADL), che affronta le sfide dell’a- dattamento climatico per le imprese. Il rapporto delinea cinque scenari di adat- tamento, identifica le tecnologie su cui concentrarsi e propone l’adattamento come priorità rispetto alla mitigazione. Il Rapporto si basa su uno studio di quattro mesi realizzato con 40 intervi- ste a dirigenti, esperti, venture capitalist e start-up, oltre a due sondaggi som- ministrati a 70 partecipanti a livello mondiale, tutto in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (WI- PO) delle Nazioni Unite. L’obiettivo era comprendere le sfide di adattamento delle aziende e delineare gli impatti di un cambiamento climatico di +3 °C entro il 2100, secondo le proiezioni dell›IPCC. Gli impatti del cambiamento climatico sono stati considerati come un «dato di fatto» e sono state esplorate le implicazioni per diversi scenari futuri. Sono state identificate soluzioni di adattamento, indipendentemente dalle incertezze future e sviluppata una guida per le aziende su come intraprendere il percorso di adattamento. Le sfide per le aziende saranno quattro: garantire la disponi- bilità di materie prime e risorse critiche, modificare i processi industriali per adattarsi al clima in cambiamento, proteggere le risorse industriali dagli impatti climatici e vendere beni e servizi che rispondano alle nuove esigenze dei consumatori. Il rapporto evidenzia che il valore delle tecnologie più ri- levanti per il futuro risiede maggiormente nell’adattare tecnologie esistenti a problemi specifici e locali piuttosto che in innovazioni all’avanguardia. Tuttavia, tecnologie come l’Internet of Things (IoT) e l’intelligenza artificiale generativa (GenAI) giocheranno un ruolo chiave. Le aziende dovranno considerare quattro fattori chiave di pari importanza: identificare i fattori critici e condurre valutazioni specifiche per ogni sito; implementare una go- vernance adeguata e stabilire nuove metriche; aggiornare le metriche finanziarie e sfruttare soluzioni di finanza mista; sviluppare ecosistemi locali di partner e accettare tempi di investimento più lunghi. Sottolinea anche la necessità di una collaborazione tra governi, aziende, comunità locali e individui, con la strategia di adattamento climatico che di- venterà sempre più parte integrante della strategia aziendale. Il Rapporto delinea quindi una serie di strategie imprendi- toriali per uno scenario di +3 °C, considerato sempre più credibile. Attualmente, nel 2024, siamo già a +1,63 °C e i dati indicano un aumento della produzione energetica con l›uso crescente di rinnovabili, ma anche di carbone e gas naturale, con il superamento della soglia psicologica dei 40 miliardi di tonnellate di CO 2 emesse in dodici mesi. a cura di Sergio Ferraris giornalista scientifico, caporedattore “L’Ecofuturo Magazine” ENERGIA +3 °C L’adattamento climatico è inevitabile per imprese e società anche perché l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C è già un fallimentoLA PASTA BIOLOGICA DELLE MARCHE DA FILIERA AGRICOLA ED EQUA Il Consorzio Marche Biologiche riunisce 430 imprese agricole della filiera biologica marchigiana, la regione che ha dato i natali ai pionieri del Bio. Obiettivo? Favorire i progetti di filiera e promuovere i prodotti bio delle Marche in Italia e nel mondo. Comunicazione finanziata nell’ambito del PSR Marche 2014-2022 Sottomisura 3.2 azioni di informazione e promozione dei prodotti di qualità. conmarchebiowww.conmarchebio.it15 L’ECOFUTURO MAGAZINE Luglio-Agosto 2024 a cura di Lucia Cuffaro ecodivulgatrice, scrittrice e conduttrice Tv AUTOPRODUZIONE L' unione che fa la forza L’autoproduzione di comunità è uno degli elementi per creare per un eco-futuro M i piacerebbe autoprodurre ma non ho tem- po; vorrei fare tante cose in casa ma non sono costante; non so da dove partire. Queste sono alcuni dei blocchi mentali che frenano il saper fare. Per ogni problema c’è una soluzione. In Italia si sta diffon- dendo sempre di più una pratica che facilita i singoli in questo percorso: l’autoproduzione di comunità e di gruppo che con- siste nel collaborare con altre persone per produrre beni di uso comune. Lavorare insieme riduce i costi, diminuisce gli sprechi e promuove pratiche ecologiche, consolidando al contempo i legami sociali. Qualche esempio pratico? Ci si può organizzare per esempio nelle autoproduzioni alimentari. Durante la stagione della raccolta, gruppi di vicini possono organizzarsi per preparare conserve e marmellate. Acquistare grandi quantità di frutta e verdura da agricoltori locali bio o coltivarla nei propri giardini permette di ottenere conser- ve ottime a basso costo con un’ottimizzazione dei tempi di preparazione. Preparare insieme passate o pomodori pelati, verdure fermentate, sottaceti, creme spalmabili, frutta essic- cata, dado vegetale o altro, assicura scorte per tutto l’anno e rafforza il senso di comuni- tà e di condi- visio- ne. Si può optare anche per dei laboratori per la produzione di cosmetici naturali. Gruppi di persone possono riunirsi perio- dicamente per realizzare saponi, creme, balsami e altri prodotti per la cura della persona utilizzando ingredienti naturali e ri- cette condivise (sul mio blog www.autoproduciamo.it ci sono centinaia di ricette molto facili). Per realizzare un deodorante per sei persone, basta miscelare 12 cucchiai di bicarbonato di sodio, 6 cucchiai di amido di mais e 90 gocce di tea tree oil. Si divide il tutto in sei piccoli barattoli di vetro con tappo e si conserva per tre mesi. La produzione di detergenti ecologici è un’altra attività da fare in gruppo. Preparare insieme la lisciva di cenere è appassionante e divertente. Dopo aver setacciato la quantità di cenere di legna reperita, si pesa e si aggiunge acqua di rubinetto in questa pro- porzione: 1 parte di cenere setacciata e 5 parti di acqua. Dopo aver mescolato, si fa sobbollire tutto per 2h in una pentola in acciaio con il coperchio. Dopo si fa raffreddare e si travasa lenta- mente la parte liquida in bottiglie di vetro e può durare anni. La parte solida che rimane sul fondo può essere usata con i guanti come pasta scrostante e pulente per piatti o rubinetterie. La li- sciva di cenere risolve brillantemente svariate esigenze di pulizia: detergenti per tutte le superfici di casa pavimenti compresi, sa- pone liquido per i piatti a mano, detersivo per la lavatrice, spray vetri e specchi nei dosaggi eguali ai prodotti commerciali. Un modo efficace per ridurre l’uso di prodotti chimici e di plastica. Uno degli esempi dell’autoproduzione di comunità è l’orto condiviso. In un quartiere o tra gruppi di amici, è possibile or- ganizzare la coltivazione di ortaggi, frutta ed erbe aromatiche in un terreno comune. Ogni partecipante può contribuire con il proprio tempo e le proprie competenze e i prodotti raccolti vengono divisi tra tutti i membri. Gli orti condivisi forniscono cibo fresco e sano e riducono l’uso di imballaggi e trasporti, contribuendo alla sostenibilità ambientale. Quest’estate, perché non iniziare un progetto di autoprodu- zione di comunità nel tuo quartiere? Basta fare un giro di chiamate o un post sui social: «Sono in cerca di amici e vicini di casa che vogliano sperimentare l’autoproduzione di beni co- me cibo, detersivi, cosmetici. Contattami». Per proseguire basta poco, serve solo un po’ di pianificazione nel reperimento dei materiali e l’entusiasmo della scoperta. Le opportunità sono infinite e i benefici sono tangibili per tutte le persone che parteciperanno. Foto: DepositphotosWWW.PASCUCCIFIBRA.COM WWW.PASCUCCI.IT17 L’ECOFUTURO MAGAZINE Luglio-Agosto 2024 C he la cooperazione stia alla base della moderna bio-e- conomia vorrei darlo per scontato. È stata la base del riscatto sociale del mondo agricolo e lo è tuttora per l’agricoltura dei villaggi montani ma anche per le re- altà più popolari nel settore agricolo, nella produzione di formaggi, di carni o verdure. Forse non è del tutto così o non solo, comun- que. Come scrive la giornalista Nicoletta Fascetti Leon in “eco- nomiacircolare.com”: «La bioeconomia comprende e in- terconnette quelle attività economiche che utiliz- zano risorse biologiche rinnovabili della terra e del mare – come colture, foreste, pesci, animali e microrganismi – per produrre cibo, ma- teriali ed energia». E prosegue: «della bio- economia fa parte il sistema socioecono- mico legato ai comparti della produzione primaria e i settori industriali che utilizzano o trasformano le risorse biologiche provenienti da questi comparti, come l’industria ali- mentare, quella della cellulosa e della carta, ma anche parte dell’industria chimica, energetica e biotecnologi- ca». E conclude: «L’approccio bio-economico mette al centro del suo modello la Natura, promuove un’industrializza- zione intelligente che utilizza risorse biologiche, convertite in prodotti a valore aggiunto come cibi e bevande e anche bioe- nergie, biocarburanti, bio-plastiche, servizi». Se la bio-economia è questo, dovrebbero esserlo anche quelle cooperative collegate agli allevamenti intensivi che impiegano animali e vegetali più come mero strumento di finanza che co- me supporto alle necessità della popolazione, con vari impatti sociali. Dovrebbero esserlo quelle che promuovono l’uso inten- sivo di erbicidi/pesticidi e continuano a farlo senza rinunciare neppure al 5% del territorio per un ripristino del bio-equilibrio dell’ambiente e l’interazione con il mondo animale (impollina- tori) come proposto in sede UE. Talvolta sono riunite in organizzazioni coope- rativistiche che utilizzano risorse del nostro Pianeta e della sua capacità di rinnovarsi periodicamente, confluen- do poi in organizzazioni di settore solo del circuito finanziario. Ebbene, non si può proprio dire che facciano parte in alcun modo della bio-economia. Bio-economia è la ricerca di un equilibrio tra risorse mes- se a disposizione dal Pianeta, che non do- vrebbero mai generare un consumo senza preoccupar- si di ricreare le condizioni per sviluppare una nuova vita. Tra i risultati contrad- dittori nell’esecuzione del loro mandato originario, troviamo alcune organizzazioni “cooperativistiche” commerciali/finanzia- rie che promuovono l’uso sconsiderato di alimenti provenienti da altre organizzazioni che utilizzano il caporalato o li dispongono sugli scaffali in quantità predefinite per la sola comodità del ca- rico-trasporto-scarico e riduzione del personale, contribuendo allo spreco giornaliero di risorse e squalificando le cooperative che invece operano in modo positivo. Nella catena produzio- ne/consumo si scarta oltre il 30% del prodotto, (sostengono le ricerche) ma anche imballaggi ed energia per i trasporti lunghi migliaia di km. La cooperazione deve considerare tutti gli esseri viventi e i vegetali come parte di un tesoro da scoprire, ammi- rare e tutelare come valore assoluto della stessa nostra esistenza. La speranza, fortunatamente, sarà l’ultima a morire. a cura di Marco Benedetti vicepresidente Ass. Chimica Verde Bionet, R&D manager Green Evolution BIOECONOMIA La cooperazione diventa bio L’interconnessione creata dalla bioeconomia può essere usata come modello per nuove forme di cooperazione19 L’ECOFUTURO MAGAZINE Luglio-Agosto 2024 C omunità e cooperazione: due parole piuttosto evo- cative in questo nostro tempo di individualismo spinto. Per entrambe, l’origine è latina. Comunità viene da communis “che compie il suo incarico in- sieme”, derivato da cum, insieme e munus, obbligo, (ma anche dono). Communis ha dato origine a tanti altri vocaboli, da comune a comunicare finché in italiano la parola comunità ha preso significati estesi e vari ma sempre connotati da un aspetto morale importante, tant’è che si parla di comunità tera- peutiche, monastiche, scolastiche, internazionali e via dicendo e caratterizza gruppi di attività, in genere senza accezioni ne- gative come invece, per esempio, succede con la parola setta. Cooperazione deriva da cum operari, lavorare insieme, di soli- to inteso senza vincoli gerarchici al contrario di quanto invece suggerisce la parola collaborare. Mi sembrava importante parti- re dagli etimi delle due parole per inquadrare il tema centrale di questo numero della nostra rivista. È utopia pensare di riuscire davvero ad operare insieme, senza vincoli di potere, control- lo o interessi economici. Probabilmente sì, ma è utopia che indica una modalità concreta (e pacifica) per la soluzione di problemi molto seri e radicati nelle no- stre comunità. Prendiamo, per esempio, la tragedia enorme delle morti sul lavo- ro. Il problema è molto grave e nel 2024 sembra ancora più intensificato. Hanno ragione i sindacati che parlano di sistema malato di appalti e sub-appalti per mas- simizzare i profitti; hanno ragione le Assl o i vigili del fuoco che non hanno i mez- zi per controllare tutto; hanno ragione i datori di lavoro che si sentono schia- vi di regole e procedure talvolta molto stringenti e costose e che, se devono fare offerte sempre al massimo ribasso, a volte non possono evitare di sub-ap- paltare. Hanno ragione tutti ma è un fatto, tragico ed inaccettabile che dalle morti sul lavoro non riusciamo a venirne fuori. E sono decenni che è così. Ecco dove un sistema basato su una stretta co- operazione si impone in maniera prepotente come valore di riferimento e come modello di azione atto a risolvere le piaghe del nostro tempo. E si capisce anche come e perché la coope- razione su temi come questo, ma potrei parlare di salvaguardia dell’ambiente, di sfruttamento del territorio e di qualsiasi altro problema strutturale del nostro presente, debba diventare un paradigma di gestione continuativa dei diversi ambiti di ap- plicazione. Non basta avere buone leggi e normative tecniche, come pure abbiamo in Italia. Serve che in ogni cantiere o fab- brica o attività siano prese misure, all’interno di quel quadro di leggi e normative, per trovare le soluzioni più adatte e appli- cabili per i casi specifici. In questo senso, la cooperazione crea anche comunità. Dirò di più, ogni valore vero fa comunità ed è per questo che se vogliamo avere comunità coese e partecipate, dobbiamo ancorarle a dei valori di riferimento immutabili che non possano essere messi in discussione per ragioni di profitto, di scarsa (o nulla) aderenza alle prescrizioni tecniche di legge o di superficialità di qualsiasi altro genere. a cura di Averaldo Farri director Green Innovation Division Zucchetti Centro Sistemi IMPRESA E SOSTENIBILITÀ Guadagni di comunità Viviamo tempi d’individualismo esponenziale che hanno effetti drammatici sul mondo del lavoro Foto: DepositphotosNext >