< PreviousL'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2022 30 Non c'è solo l'economia capitalistica. Esistono diversi modelli di economia, fondati su valori e con obiettivi diversi, che rivestono un ruolo fondamentale Ma portiamo avanti la riflessione: se sul Pianeta non abbiamo una percentuale di disoccupati al di sopra del 90%, evidentemente esistono anche altri sistemi economici, fondati su basi diverse, che offrono lavoro a tanti. Altrimenti, se il sistema cosiddetto capitalistico fosse l'unico -come vuole farci credere- sarebbe una vera catastrofe occupazionale. È evidente che il discorso è più complesso perché non ci sono solo le multinazionali ma anche tutte le imprese che operano all’interno dei confini della nazione (quel 20% che rimaneva fuori prima); per capirci immaginiamo per assurdo che questo sistema arrivasse a controllare la totalità della produzione mondiale di beni e servizi e del loro scambio, a quante persone riuscirebbe ad offrire un lavoro? Diciamo al massimo al 6-7%. Credo sia importante quindi rendere visibile a tutti quali siano gli altri sistemi economici che già esistono e che -spesso in silenzio- tengono in piedi il mondo. Oltre all'economia di mercato capitalistica, abbiamo l'economia pubblica, il sistema cooperativistico, l'economia informale, l'economia non profit e -ultima ad aver fatto la sua comparsa in ordine di tempo- la cosiddetta sharing economy cioè l'economia della condivisione. Volendone riassumere i princìpi fondanti, potremmo dire che: • l'economia capitalistica ha come obiettivo principale il profitto ed è fondata sulla competizione e sull'individualismo (questo al netto delle varie forme di Responsabilità Sociale d’Impresa, dalle Società Benefit alle B-Corp fino alle Società Collaborative, che prestano maggiore attenzione anche al benessere sociale e ambientale); • l'economia pubblica dovrebbe avere, quando non è distorta dalla corruzione, come obiettivo prioritario il bene comune e il riconoscimento dei diritti per tutti; • l'economia cooperativistica sta dentro al mercato, per cui in un certo senso è costretta a fare i conti con le sue regole, però è fondata sui valori della mutualità e della cooperazione. Oggi conta in Italia più di 1.200.000 occupati e contribuisce per l’8,5% al PIL nazionale; • l'economia informale , che gioca un ruolo fondamentale per molti paesi del Sud del mondo, punta a risolvere i problemi attraverso una logica di scambio informale di beni e servizi all'interno della comunità, spesso senza alcuna circolazione di moneta (per cui risulta invisibile agli indicatori economici classici). Secondo l’OIL sono 2 miliardi di persone nel mondo, il 61% della forza lavoro globale; • l'economia non profit chiamata anche Terzo Settore, fondata sui princìpi di equità e solidarietà, che non è costituita solo dal volontariato, con 4.700.000 volontari attivi in oltre 260 mila associazioni, ma ha anche prodotto in Italia 270 mila lavoratori, arrivando a muovere 64 miliardi di euro l’anno (il 3,4% dell’economia nazionale). Se essa facesse uno “sciopero”, per così dire, anche solo di una settimana, renderebbe evidente a tutti il valore immenso dei servizi resi; • infine c'è la cosiddetta sharing economy, l'economia della condivisione, che al possesso dei beni sostituisce la possibilità di accedere ai servizi scambiandoseli e all'individualismo sostituisce la relazione e una maggiore attenzione all'ambiente.L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2022 31 Si tratta di un modello giovane ma in rapida crescita e che ha retto bene anche l’urto della pandemia: basti pensare che in Italia, quasi il 47% dei cittadini oggi utilizza servizi in qualche modo collegati a questa nuova forma di economia. Secondo uno studio dell’istituto londinese PwC, entro il 2025 le transazioni legate alla sharing economy varranno in Europa 570 miliardi di euro. Come ha detto Tom Goodwin: «Se pensiamo che la più grande compagnia di taxi al mondo non possiede veicoli (Uber), che il proprietario del media più diffuso del mondo non crea alcun contenuto (Facebook), che il rivenditore più importante non ha inventario (Alibaba) e che il più grande fornitore di alloggi al mondo non possiede immobili (Airbnb), possiamo dire che qualcosa di interessante sta accadendo». Effettivamente è in corso una trasformazione epocale della società, di cui molti non si rendono neppure conto. Il passaggio alla sharing economy, sta rivoluzionando la società e segnando un movimento dalla logica dal possesso a quella dell’uso e dello scambio dei beni e servizi. È una rivoluzione non solo economica, ma anche antropologica. Anche per essa vale lo stesso ragionamento fatto prima per l’economia capitalistica, ovvero non c’è economia della condivisione solo quando c’è una circolazione misurabile di denaro, intermediata dalle tante App che ne hanno sicuramente facilitato la diffusione (chi di noi darebbe un passaggio a uno sconosciuto se non ci fosse BlaBlaCar a fare da garante?). Anche l’economia della condivisione può essere informale e non apparire nelle rilevazioni economiche fondate sulla ricchezza, ma contribuire in modo prezioso a risolvere problemi concreti, riducendo l’impatto ambientale e ricreando socialità. È possibile fare un orto comune -magari bioattivo- fra vicini o condòmini, autoproducendo così cibo fresco e sano, risparmiando denaro ed evitando inutili trasporti, con le conseguenti emissioni, inquinanti e climalteranti. Oppure condividere utensili: pensate al tosaerba che di certo non si usa tutti i giorni, oppure al trapano che si stima venga usato in media per soli 4 minuti a famiglia in tutta la vita. Sono nate anche delle vere e proprie “biblioteche delle cose” dove è possibile prendere in prestito un oggetto e poi restituirlo, un po’ come facciamo con un libro in biblioteca o con i giocattoli dei nostri bambini in ludoteca. Si possono condividere le proprie conoscenze e competenze in una “banca del tempo”, o all’università del “Saper Fare”, oppure gli spazi di lavoro in un coworking. Non c’è limite, se non la nostra fantasia, a quello che è possibile condividere -anche in modo informale- nella nostra quotidianità. Anche solo spostarsi insieme in auto, quando per esempio usciamo con gli amici, anziché ciascuno con la propria autovettura, può contribuire a ridurre drasticamente i nostri consumi di energia, l’inquinamento e anche la spesa per il carburante. Condividere, dunque, significa non solo risparmiare, ma anche prendersi cura. Della natura, delle relazioni e di se stessi. ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2022 32 Elettroni in comune ENERGIE / di Ivan Manzo L’ instabilità dei prezzi determinata dalla pandemia prima, e dalla crisi Ucraina poi, ha riportato alla ribalta mediatica e dell’opinione pubblica il tema energetico. Ce la faremo a superare l’inverno con il gas a disposizione? Come consumare e pagare meno? È possibile diversificare la produzione di energia, in particolare quella elettrica? Alla risposta “grazie alle energie rinnovabili” se ne affianca una che abbraccia contemporaneamente i temi ambientali, social ed economici. Si tratta delle comunità energetiche rinnovabili. Per capire meglio di che cosa stiamo parlando occorre fare una La rivoluzione delle comunità energetiche è già in atto e cambierà profondamente gli scenari energeticiL'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2022 33 distinzione. Le comunità energetiche si dividono in due gruppi. Uno che descrive la pratica dell’autoconsumo collettivo, reso possibile per esempio da un condominio che ha all’interno tanti altri contatori privati (qui tutti possono beneficiare dell’energia elettrica prodotta dai pannelli fotovoltaici condominiali) e un altro costituito da cittadini che vivono in abitazioni diverse ma che fanno parte della stessa “cabina di trasformazione” (quella dove il player di energia di turno distribuisce la corrente elettrica a bassa tensione che arriva nelle abitazioni). Dopo una prima fase sperimentale, disciplinata dall’articolo “42 bis del DL 162/2019”, è con la direttiva europea “RED II” che arrivano ulteriori novità. La direttiva stabilisce nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, quote più ambiziose di energia prodotta da fonti rinnovabili, maggiori livelli di efficienza energetica e prevede l’estensione della possibilità di creare nuove comunità dell’energia. La prima cosa importante è che attraverso la RED II, entrata in vigore in Italia il 15 dicembre 2021, è possibile realizzare comunità sempre più grandi, se prima la comunità poteva installare impianti per una potenza massima di 200 kW, adesso potrebbe spingersi fino a 1MW. Qui, l’uso del condizionale è d’obbligo: sebbene la regola preveda questo, per la piena attuazione della direttiva in ambito nazionale mancano ancora i decreti dell’Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) per stabilire come le comunità energetiche rinnovabili debbano connettersi alla rete elettrica e il decreto del Mite (Ministero della transizione ecologica), che deve indicare quantità e modi d’uso da parte dei cittadini degli incentivi previsti. Pur avendo degli aspetti burocratici da sistemare, va ricordato che l’Italia resta una delle prime nazioni europee ad aver disciplinato il recepimento di questa importante direttiva. Vantaggi enormi Altra fondamentale novità che emerge dalla RED II è la creazione della figura dei “prosumer”. In sostanza, i membri di una comunità energetica rinnovabile non solo possono praticare l’autoconsumo ma diventano parte attiva della gestione dei flussi energetici. Un fatto che rappresenta un vero e proprio salto culturale se pensiamo che si passa dalla figura del consumatore, che in genere “subisce” il mercato dell’energia, a quella attiva del produttore. Il prosumer può inoltre godere di una serie di benefici generati dal proprio impianto grazie a una semplice attività: dopo aver consumato ciò di cui ha bisogno, può cedere energia attraverso una rete locale di distribuzione, scambiandola così anche con altri membri della comunità. Per esempio, chi sceglie di auto consumare l’energia elettrica prodotta da un impianto fotovoltaico, sia esso un cittadino, un condominio, una pubblica amministrazione o un’impresa, gode di diversi vantaggi sul piano economico. Innanzitutto risparmia in bolletta, tema particolarmente sentito per via della crisi energetica degli ultimi mesi e può guadagnare dalla cessione di energia alla rete in base agli incentivi previsti: ammontano, per i prossimi 20 anni, a 100 euro per Megawattora (10 cent€/kWh) in caso si viva in un condominio, e a 110 euro per Megavattora (11cent€/ kWh) in caso di singole abitazioni. Senza dimenticare che al momento esistono una serie di agevolazioni fiscali per la nascita delle comunità energetiche e l’ammodernamento della proprie abitazioni, come il Superbonus 110%. Sul piano ambientale, invece, una comunità energetica rinnovabile è in grado di abbattere le emissioni climalteranti. Secondo i dati dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), il valore medio di emissioni per ogni kilowattora consumato dal contatore domestico è di 352,4 grammi di CO 2 . Grazie alla diffusione dei pannelli fotovoltaici una famiglia tipo italiana, che consuma circa 2700 kWh di energia elettrica ogni anno, potrebbe evitare L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2022 34 circa 950 kg di emissioni di CO 2 all’anno (corrispondenti all’attività di assorbimento di circa 95 alberi). C’è poi il tema della povertà energetica. I dati dell’osservatorio della Commissione europea dicono che l'Italia è tra i paesi europei dove si ha più difficoltà a pagare le bollette di luce e gas: il 14,6% delle famiglie non riesce a riscaldare la propria casa in modo adeguato (dati 2018). In questo caso la nascita di nuove comunità potrebbe contrastare questa forma di povertà sempre più diffusa. Democrazia energetica Per rendere concrete le comunità energetiche in Italia la società civile ha svolto un ruolo determinante, soprattutto in termini di pressione sulla classe politica. La rete di Ecofuturo, da sempre in prima linea sul tema, ha nel 2017 fatto partire la raccolta firme “Scambiare o vendere energie rinnovabili sia libero per tutti” sulla piattaforma Change.org, una campagna sottoscritta da quasi 35 mila persone. L’iniziativa è arrivata alle istituzioni, incontrando il parere favorevole del senatore Gianni Girotto M5S (nel 2017 rivestiva il ruolo di Presidente della Commissione Industria del Senato), che in Parlamento ha lavorato per rendere realtà la pratica dell’autoconsumo. Sul tema abbiamo ascoltato chi ha lanciato la petizione, Fabio Roggiolani, presidente di GIGA Free (Gruppo Informale per la Geotermia e l’Ambiente) e cofondatore del festival Ecofuturo: «Il concetto che chiunque produce energia può scambiarla con il proprio vicinato da un lato crea una democrazia energetica e dall’altro il più grande processo di risparmio energetico sul Pianeta. Più l’energia si produce vicino al luogo dove si utilizza e meno spreco si ha, dato che le reti di distribuzione lungo il tragitto, quelle a corrente alternata, in parte disperdono energia che paghiamo anche in bolletta (generalmente si paga il 5%-10% in più rispetto a quanto effettivamente si consuma). C’è un altro fattore che non è menzionato quando si parla di comunità energetiche rinnovabili ma che è importante far conoscere alla collettività e su cui la rete di Ecofuturo sta lavorando dall’inizio. Queste comunità prevedono la possibilità di condividere acqua per riuscire a sostituire le caldaie a gas. In pratica, con l’energia rinnovabile prodotta dalla comunità, possiamo sostituire le vecchie caldaie a bassissima efficienza, con le pompe di calore ad alta temperatura, prodotte in Italia, molto più efficienti». Il risparmio sarebbe enorme. Secondo i dati diffusi dall'Associazione per il Riscaldamento senza Emissioni (Arse), oggi nel nostro Paese 17,5 milioni di abitazioni (su 26 milioni) utilizzano caldaie a gas per riscaldare e raffrescare gli ambienti domestici. Parliamo di circa 32 miliardi di metri cubi di gas bruciati ogni anno per questo scopo. Se riuscissimo a sostituire tutte le caldaie a gas con le pompe di calore, potremmo quasi dimezzare la nostra dipendenza dal gas, dato che ogni anno l’Italia ne consuma tra 73 e 76 miliardi di metri cubi. Per fare un altro esempio «basta pensare che le piastre a induzione per cucinare hanno un'efficienza energetica pari a dieci volte quelle a gas e queste ultime rappresentano il 5% di tutto il consumo di gas a livello nazionale», ha concluso Roggiolani. Le comunità energetiche sono una grande rivoluzione ambientale, sociale ed economica che attraverso un cambiamento culturale, grazie alla buona informazione, saranno sempre più diffuse. L’auspicio è che il nuovo governo agevoli il processo che porta alla decentralizzazione del sistema energetico. Il passaggio da grandi impianti fossili a piccoli impianti diffusi sul territorio a energia rinnovabile aumenta la coesione sociale e rende tutti partecipi alla lotta contro la crisi climatica. ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2022 35 Asfissiati dal gas Q uando sono scattate le sanzioni alla Russia, i governi dell'UE hanno pensato che Putin avrebbe reagito bloccandoci l’esportazione di Vodka, ma non hanno pensato al gas. Quando il prezzo del gas ha cominciato a volare alla Borsa di Amsterdam nell’indice privato, nessuno dei governi occidentali ha pensato che forse la Nato, nel decidere di essere a fianco dell’Ucraina, doveva anche determinare un accordo di solidarietà tra i paesi produttori del blocco occidentale affinché assicurassero il vecchio prezzo alle forniture in partenza dai loro pozzi. Ecco, in questi due paragrafisi chiarisce la vera crisi del gas ovvero l’esplosione del prezzo speculativo e la conseguente immediata collimazione ad esso del prezzo di vendita al dettaglio da pompe Le cause della crisi energetica sono note. Ecco le soluzioni CRISI / di Fabio Roggiolani*L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2022 36 o gasdotti e per quella strada anche della energia elettrica, il cui prezzo si allinea seguendo in particolare il prezzo del gas da cui essa in gran parte viene ancora prodotta. Gli extraprofitti derivano da questo, ovvero un prezzo immediatamente allineato all’indice Gasunia olandese mentre gli acquisti di questi sei mesi sono stati fatti ancora ai prezzi pre crisi o con aggiustamenti, in generale neppure lontanamente assimilabili ed ecco che, tra tutte le società petrolifere, si è abbattuta la tempesta di soldi perfetta con un salasso garantito dalla complicità vergognosa dei governi e dal silenzio dei media, con rare eccezioni. Mi spiego ancora meglio per chi non avesse capito, si sono mossi i futures del prezzo del gas ma gran parte delle forniture sono state consegnate al prezzo vecchio mentre l’adeguamento al pubblico è stato immediato. Credo che sarebbe utile la richiesta di una commissione di inchiesta per accertare i complici di questa vicenda che sta per far piombare l’Europa (con eccezione della Norvegia che è un paese esportatore ) in una gravissima recessione. Si, avete capito benissimo. La Norvegia che sta facendo le budella d’oro vendendoci il gas al prezzo da speculazione come fa esattamente Putin e come fa esattamente il più importante partner della Nato ovvero gli USA. Mentre il gas russo va a prezzo politico agli alleati più o meno dichiarati come Cina o Ungheria, gli USA e la Norvegia ce lo vendono a prezzo di speculazione. Da mesi la rete di Ecofuturo ha chiesto più e più volte di risolvere questa questione che ha anche avvelenato i rapporti nel governo ed è stata una delle cause della rottura tra M5S che sosteneva le nostre richieste e il resto del mondo che se ne fregava perché gli amici facevano affari d’oro. Dopo le tasse nei primi sei mesi, di cui solo tre con i prezzi alle stelle, hanno consentito ad Eni (che è statale al 30% per cui gli utili vanno ai privati al 70%) di fare 7 miliardi di utili dopo le tasse e mentre la vicenda esplodeva non è che i nostri incredibili governanti non avessero capito perché hanno tassato al 100% gli extraprofitti delle aziende produttrici di energia rinnovabile ma solo al 25% quelle fossili e in più sbagliando la legge per le fossili al punto che in pochi per responsabilità e non per obbligo hanno effettivamente pagato. Impressiona che anche il sindacato non sia intervenuto con uno sciopero generale e che le associazioni degli imprenditori Confindustria, Artigiani e Commercianti abbiano reagito prendendo sberle terribili e ogni volta emettendo rispettosissimi comunicati giusto per far vedere che li sentivano ma niente di più. Che cosa fare? Nell’immediato: • intervenire perché alla pompa sia garantito un prezzo equo per tutte le flotte di Tir che hanno scelto il Gnl e il BioGnl come strategia di riduzione dell’inquinamento fino al raggiungimento di una ragionevole parità con il prezzo di tutti gli altri combustibili; • garantire anche i consumatori aziendali di una riduzione adeguata purché presentino piani di riconversione degli impianti da fossili a rinnovabili ove (come nel 95% dei casi) già possibili e convenienti; • disaccoppiare gli indicatori dal prezzo di Amsterdam e basarli sulla media dei prezzi reali di mercato per le quotazioni del gas alla pompa e alla rete; • stabilire il prezzo dell’energia elettrica calcolandolo sulla quotazione media sia di gas che delle fonti rinnovabili, del carbone e del nucleare ovvero sul mix reale e non su quello speculativo;L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2022 37 *Cofondatore Ecofuturo, Presidente Giga, direttivo FREE Per chi desidera maggiori info roggiolani@gmail.com WhatsApp 335 7761774 • autorizzare e liberalizzare tutti gli accordi di fornitura diretti e duraturi da fonti rinnovabili che garantiscono investitore in impianti e consumatore di energia per diversi anni; • consentire il capacity market da impianti di generazione e cogenerazione diffusi lungo le reti locali del gas per intervenire nei casi di squilibrio di rete con immediatezza e per garantire l'evoluzione verso l’elettrico e l’idrogeno della mobilità leggera. Per il futuro immediato e prossimo : • liberalizzare tutte le autorizzazioni di impianti ad energia rinnovabile anche con un commissario ad acta per le regioni che non agiscono con i tempi previsti e rilasciare le autorizzazioni entro due anni per i grandi campi eolici, fotovoltaici, geotermici, idroelettrici o a biogas; • liberalizzare le autorizzazioni di piccole installazioni di energie rinnovabili sotto i 200 kw (come già deciso per il fotovoltaico) per tutte le altre energie rinnovabili con tempi di autorizzazione tassativamente entro sei mesi sotto pena per le amministrazioni non virtuose di silenzio assenso; • pubblicare i regolamenti per le comunità energetiche rinnovabili da 200 Kw fino ad un Mw; • liberalizzare ogni intervento di geoscambio e di idroscambio a bassa temperatura per la sostituzione delle caldaie fossili con le pompe di calore; • fondo di garanzia per garantire l’apertura di un prestito per chiunque non abbia le caratteristiche di bancabilità, sia impresa che privato, per la diffusione delle pompe di calore ad alta temperatura oggi in grado di eliminare gas e gasolio dall’uso di riscaldamento e per la sostituzione di tutti i fornelli a gas con piastre a induzione, perché sia la pompa che le piastre richiedono 6 volte meno energia per fornire lo stesso servizio, con maggiore sicurezza e con la possibilità per le pompe di essere usare in funzione cooling per l’estate ovvero per il condizionamento; • diffusione in ogni impianto delle centraline che consentono di ridurre dal 15 al 65% il consumo di gas, centraline di semplice installazione e di cui Ecofuturo è promotore da anni, obbligando tutte le amministrazioni di riferimento del pubblico ad installarle immediatamente. Queste sono azioni rapide o rapidissime ma altre sono possibili come la realizzazione di cappotti invisibili con insufflaggio, di cappotti in calce e canapa, di infissi termici, case in legno e in paglia o con mattoni in calce canapa e misto legno, vetrate fotovoltaiche, chiusure panoramiche e insomma tutte le iniziative che si possono e si debbono aggiungere ovviamente il tutto mantenendo il superbonus per il condomini anche per i prossimi anni in un quadro di semplificazione applicativa e di ragionevole decalage della percentuale massima se necessario in base ai redditi e senza più incentivare le caldaie fossili. Se non ora quando pensate sia giunto il momento di agire per difendere la vostra vita investendo nella liberazione dal giogo energetico? Le colpe dei governi sono infinite ma durante il governo Conte 2 in questa legislatura sono state ottenute riforme poderose e efficaci che se le liberiamo dalla burocrazia, anche travestita da protettrice del paesaggio ma pagata dalle lobby fossili, ci consentiranno di passare dall’idea di un futuro spaventoso a quella di un cambiamento prodigioso, sempre che ci diamo individualmente una mossa perché il lamento da solo non serve assolutamente a nulla. ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2022 38 L’ unione fa la forza, soprattutto in tempo di crisi. Non è scontato ricordarlo in giorni in cui sembra valere il principio opposto di ognuno per sé. Di fronte a un costo della vita sempre più alto, conviene pensare come comunità invece che come singoli. Se il consumatore isolato non ha la forza di spostare alcunché sulla bilancia del mercato, molti acquisiscono un potere contrattuale che aiuta a negoziare prezzi più equi e accessibili. Unirsi in gruppi di acquisto può fare la differenza per i consumatori, ma non solo. Se al principio della convenienza si aggiunge quello della solidarietà, i vantaggi possono allargarsi anche ai produttori, rendendo la crisi un più sostenibile per tutti. Sentirsi parte di una collettività oggi è un sentimento molto meno forte eppure ciò ha grandi vantaggi In gruppo contro la crisi ESPERIENZE / di Giorgia MarinoL'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2022 39 Energia in gruppo Secondo le stime di Arera, in un anno il costo di luce e gas per una famiglia media è aumentato del 160% e nell’ultimo trimestre del 2022 è previsto un ulteriore aumento del 100%. Il costo dei generi alimentari segue a ruota i rincari dell’energia: secondo uno studio di Coldiretti basato su rilevazioni Istat, a fine 2022 le famiglie avranno speso 564 euro in più solo per il pranzo e la cena. Abbassare il termostato è utile per risparmiare un po’ di energia, ma non è risolutivo per le nostre tasche. Un taglio significativo al conto energetico possono invece darlo i gruppi d’acquisto. Il meccanismo è quello delle economie di scala: più alti sono i consumi, più basso è il costo unitario, cioè gli euro per kWh di elettricità e per metro cubo di gas. È questo il motivo per cui le grandi aziende, con importanti volumi di consumo, riescono a ottenere i prezzi migliori. Per un consumatore domestico l’unico modo per approfittare delle economie di scala è allora unirsi a un gruppo di acquisto energia. Sono diversi in tutta Italia e la stessa Arera ha un elenco aggiornato di quelli che aderiscono alle sue linee guida. Le percentuali di risparmio ottenibili variano a seconda dell’operatore scelto e del mercato nazionale: secondo un’indagine europea del 2014 di Altroconsumo, si risparmia da 50 fino a oltre 500 euro tra luce e gas (in Germania). Un gruppo d’acquisto italiano, come quello di Altroconsumo (battezzato programmaticamente “Abbassa la bolletta”), può far ottenere tagli fino a 200 euro. Spesa solidale con i GAS Se i gruppi di acquisto si sono diffusi in vari settori (energia, ma anche turismo e housing), la loro origine è legata all’agroalimentare. Quelli per eccellenza sono tuttora quelli creati per comprare prodotti agricoli da coltivatori diretti. In Italia hanno cominciato a diffondersi dagli anni ‘90 (il primo è nato a Fidenza nel 1994), con una connotazione un po’ diversa da quella della mera negoziazione del prezzo migliore. «Si tratta di consumatori organizzati che vogliono scegliere la provenienza dei prodotti, conoscerne la storia, i metodi di coltivazione, le condizioni dei lavoratori», spiega Jason Nardi, presidente della Rete Italiana Economia Solidale - RIES, che coordina i rapporti fra diverse realtà impegnate per una visione alternativa dell’economia. Ne fanno parte realtà come le banche etiche, le associazioni per il commercio equo, le comunità energetiche e i cosiddetti GAS, i Gruppi di Acquisto Solidale. È quell’aggettivo – solidale – a fare tutta la differenza. «I GAS, - continua Nardi - per definirsi tali, devono rispondere a una serie di caratteristiche che abbiamo codificato in una Carta: per esempio il km 0, la piccola distribuzione organizzata e soprattutto il mutualismo». Si fondano su un rapporto fiduciario tra consumatori e produttori. La transazione non è più una “gara” a chi spunta le condizioni migliori, ma una collaborazione: chi compera vuole fidarsi di ciò che riceve, vuole cibo sano, spesso biologico, prodotto con lavoro equo, ed è disposto a stringere un patto di reciproco aiuto con i produttori. «Spesso – racconta Nardi - si stabiliscono insieme le produzioni stagionali e si attivano modalità di pre-acquisto per finanziare le aziende agricole scelte che possono contare su una base economica sicura per portare avanti le attività». Si lavora insieme per uno stesso obiettivo e su questa base funzionano anche i sistemi di garanzia partecipata utilizzati dai GAS. «Invece di richiedere certificazioni verificate da enti terzi, si formano dei gruppi di controllo con gli stessi membri del GAS che fanno sopralluoghi nelle aziende agricole come per esempio la rete Humus, un progetto di monitoraggio partecipato che unisce gli aspetti tecnico- agrari (cioè i princìpi dell’agricoltura biologica) a quelli sociali”. Secondo una stima di RIES, gli italiani raggiunti dalla rete dei GAS sarebbero quasi un milione. Il dato non è aggiornato ma si potrebbe scommettere che con la crisi quel numero sia destinato ad aumentare. Per convenienza, ma anche per il crescente bisogno di ricevere e offrire solidarietà. ▲ Per approfondire Arera – (https://bit.ly/3BSHJfQ) Gruppi d'acquisto energia in Europa (https://bit.ly/3UIJLbe) RIES (https://bit.ly/3re3lPa) Rete Humus (https://bit.ly/3xXGE5u)Next >