< Previous11 L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 * Giornalista, caporedattore Italia che Cambia È necessario cambiare noi stessi per cambiare il mondo Cambia-menti I l viaggio di Italia Che Cambia prosegue da quasi dieci anni. Un traguardo da celebrare, non solo scrutando la strada percorsa e quella ancora da percorrere, ma guardandosi dentro. Lo ha fatto Daniel Tarozzi – ideatore di questo progetto che vuole raccontare e mettere in rete chi sta cambiando questo Paese e affronta i suoi problemi non chiedendosi "se" ma "come" – nel suo ultimo libro, "Cambia-menti - L’Italia che cambia per cambiare il Pianeta: dalla teoria alla pratica". edito da Amrita. «Sentiamo forte la responsabilità di far emergere questo pezzo di mondo e, allo stesso tempo, la voglia di contribuire a un nuovo immaginario che spazzi via quello decadente proposto e promulgato dai media mainstream», scrive Daniel, sottolineando come il cambiamento sia spesso una questione di immaginario. Ospite del programma Geo, dialogando con Sveva Sagramola, sottolinea che quasi sempre ci chiediamo cosa succederebbe se ci buttassimo, se investissimo tempo, soldi ed energie per inseguire i nostri sogni e cambiare la nostra vita; è rarissimo però che ci chiediamo cosa succederebbe se non lo facessimo. “Cambia-menti” contiene un invito esplicito a modificare il modo in cui ragioniamo, a ripudiare la forma mentis inculcata da una cultura che ci chiede – spesso ci impone – di rimanere avvinghiati alla certezza, alla tranquillità, in una zona di comfort che non ci siamo scelti e che così confortevole non è. «Lontano dai riflettori dei mass media esiste davvero un altro Paese – scrive ancora Daniel –, una nazione costellata da centinaia, migliaia di progetti straordinari che seppur tra mille difficoltà funzionano. Imprenditori, associazioni, movimenti, gruppi, uomini e donne che mettono al centro il loro sogno di cambiamento personale e collettivo e riescono a realizzarlo. Una sorpresa unica. Posso testimoniare, senza tema di smentita, che siamo di fronte al più grande fenomeno di censura nella storia dei media. Mentre Tv e giornali ci restituiscono stereotipi e mediocrità, disoccupazione, passività, decadenza, pensiero unico, là fuori esiste un mondo bio-differente che sta creando l’alternativa al modello vigente, destinato a perire». I riflettori si spostano e puntano ora la luce su una collettività che spesso è il risultato di una miriade di scelte individuali. Sono scelte di chi ha deciso di credere in un cambiamento e mettersi in gioco. Questo libro, il lavoro di Daniel e di Italia Che Cambia nel suo complesso, rappresentano in questo senso il tassello mancante fra il silenzio del mainstream e una realtà che invece esiste, è viva e funziona, anche se quasi nessuno lo dice. Ed è così che Cambia-menti ci mette a nudo davanti allo specchio per chiederci: «Davvero non riesco a realizzare i miei sogni perché mi mancano i soldi? Non è forse una questione di coraggio, di sicurezze, di comfort zone?». L‘osservazione di Daniel non è un attacco rancoroso, ma una critica costruttiva volta a indagare i nostri blocchi, ad affrontarli e a risolverli. ▲ ITALIA CHE CAMBIA a cura di Francesco Bevilacqua*13 L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 *Giornalista scientifico, caporedattore L’Ecofuturo Magazine Si parla poco di adattamento alla crisi climatica delle abitazioni, ma ancora meno all'assenza prolungata di energia Casa al buio S i parla molto del legame che c'è tra abitazioni e clima, specialmente per quanto riguarda l'efficientamento energetico e l'utilizzo dell'informatica sul fronte della sostenibilità e del monitoraggio ambientale, ma è molto poco discusso, invece, il concetto di adattamento ai cambiamenti climatici in relazione all'abitare. E quel poco di discussione, inoltre, verte sul fatto che le abitazioni dovrebbero essere posizionate in un ambito di sicurezza sotto il profilo idrogeologico. È praticamente zero, però, la riflessione sul fatto che le nostre abitazioni siano il terminale ultimo di un sistema complesso legato a doppio filo all'energia. Quanto è autonoma un'abitazione in mancanza di elettricità? Una casa normale poche ore, mentre una alimentata a fonti rinnovabili e con l'accumulo, un paio di giorni. Prendiamo in esame il secondo caso, quello di un'abitazione monofamiliare con tre kW di fotovoltaico e sei kW d'accumulo. In caso di black out la casa ha 48 ore d'autonomia, limitandosi a luce e frigorifero, ma la mancanza di elettricità non avrebbe effetti solo su ciò. Se il black out dovesse perdurare potrebbero cessare l'erogazione del gas, delle telecomunicazioni e dell'acqua. Già, perché ciò che è poco noto è il fatto che ormai anche la distribuzione idrica dipende dall'elettricità. Secondo Terna nel 2018, il ciclo dell'acqua ha consumato 6.148,1 GWh. Il 2% dei consumi nazionali. E sono ben poche le abitazioni, a eccezione di quelle del Meridione che possiedono sistemi di accumulo autonomo d'acqua. Terminati i 6 kW d'accumulo oltretutto andrebbe in crisi anche il frigorifero mettendo a rischio le poche scorte alimentari, mentre andrebbero in blocco la distribuzione del carburante per auto e la catena del freddo. Le strade diventerebbero rapidamente impercorribili a causa del blocco dei sistemi semaforici e dell'illuminazione stradale, mentre si fermerebbero i treni. Il problema in realtà non è tanto la generazione in Italia (idro e carbone sono comunque attivi anche nel caso manchi il gas. Sono 8 GW di carbone e 19 di idro, con 8 GW di accumuli idro) quanto lo sbilanciamento della rete elettrica che è ciò che provocò il blackout del 2003 causato dalla caduta di un solo albero su una singola linea d'alta tensione. Ipotesi remota quella di un black out generalizzato? Non molto se pensiamo al fatto che i sistemi energetici europei sono strettamente interconnessi e che un evento estremo potrebbe mettere in crisi un Paese generando un effetto a catena. Non a caso la Spagna, per esempio, ha un accordo con Portogallo e Francia per una reciproca stabilizzazione della rete, mentre hanno suscitato scalpore le dichiarazioni del ministro della difesa austriaco, Klaudia Tanner, sulla possibilità di un black out generalizzato in Europa. Dichiarazione politica fine a se stessa? Non si direbbe visto che il ministero austriaco ha prodotto e distribuito un folder per preparare la popolazione a questa eventualità. Lo trovate qui, sul sito del ministero della difesa austriaco https://bit.ly/3nYgISv. ▲ ENERGIA a cura di Sergio Ferraris*15 L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 * Ecodivulgatrice, scrittrice e conduttrice tv Ridurre umidità e muffa con prodotti e metodologie ecologiche è possibile Casa eco I luoghi nei quali trascorriamo molto tempo, possono essere poco sicuri per la salute: la presenza di muffe e umidità nell’aria crea un ambiente che a lungo andare porta a potenziali rischi. Per il nostro benessere è importante che questi ambienti siano salubri. Per prima cosa prevenire il problema: arieggiare spesso, almeno cinque minuti ogni ora, soprattutto dopo aver lavato i pavimenti o aver fatto la doccia, poiché il vapore può ristagnare su piastrelle, asciugamani, tende e specchi. In caso di eccesso di umidità è utile realizzare un deumidificatore. Si può fare partendo da un flacone per il detersivo o una bottiglia di plastica riciclata da 1,5 l. Il contenitore va tagliato in due sezioni, in modo che la parte inferiore sia un po’ più grande di quella superiore. Rigirata la porzione superiore (senza il tappo) e inserita nel fusto della bottiglia, vi si posiziona all’interno una tazza di sale grosso da cucina. Il deumidificatore fai da te è già pronto. Va poi disposto nelle stanze a rischio e negli spazi umidi, come mansarde, taverne, camere esposte a Nord. È buona pratica dislocare più deumidificatori nelle case vacanza o in quelle che vengono aperte solo alcuni mesi dell’anno. Il sale perché è in grado di attirare naturalmente l’umidità, facendo in modo che l’acqua si raccolga sul fondo della bottiglia. Più velocemente sale, più la stanza è umida. Dopo alcune settimane, se il sale grosso risulta troppo bagnato, vuol dire che ha perso il suo potere permeabile. Per asciugarlo e usarlo di nuovo, si può lasciare per 15 minuti su una teglia in forno a circa 50°. Questa procedura può essere fatta al massimo 4/5 volte. Un altro trucchetto è quello di dislocare per tutta casa delle rigogliose piante da interni, e in particolare delle Felci e dei Pothos, per regolare l’umidità nell’aria e attenuare questo possibile problema. Se i muri sono invece stati già attaccati dalla temibile muffa, bisogna correre ai ripari il prima possibile. Queste spore e funghi possono infatti stimolare l’insorgere di riniti, asma e allergie respiratorie a tutti gli abitanti di casa, adulti, bambini e animali che siano. Per debellarla si può autoprodurre un efficace antimuffa naturale con soli due ingredienti. Basta miscelare all’interno di un flacone con dosatore spray 500 ml di aceto di mele o di vino bianco con 50 gocce di tea tree oil, da acquistare in erboristeria. Si spruzza questa miscela sui muri e sui mobili che presentano segni di muffe. Se si tratta di una parete chiara è meglio strofinare, se invece è colorata, meglio tamponare. Una volta ogni 7-10 giorni si può passare l’antimuffa finché la situazione non si sia definitivamente risolta. Questo preparato ha una conservazione di circa due mesi, se custodito in un luogo chiuso, al buio e lontano da fonti di calore con un costo davvero economico. A volte per risolvere i grandi problemi da casa, servono piccole soluzioni ecologiche e naturali. ▲ AUTOPRODUZIONE a cura di Lucia Cuffaro*17 L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 * Vicepresidente Ass. Chimica Verde Bionet, R&D manager Green Evolution La Natura può riprendersi gli spazi occupati dagli umani e insegnarci parecchio Il nido di plastica I n Natura, almeno fino a oggi, per costruire e usare convenientemente le loro protezioni quali nidi, tane, grotte i suoi abitanti, hanno escogitato i più svariati e geniali sistemi: usando anche scarti di altri esseri viventi: piume, deiezioni e rami. La razza umana invece ha intrapreso un altro cammino: i materiali usati per le sue costruzioni li ha concepiti a volte da zero e non solo ingegnerizzati: il cemento per esempio che impiega la pietra combinata con la chimica o la plastica, affatto presente in Natura e ne utilizza un componente, il petrolio, che gli altri esseri viventi non utilizzano. L’uomo si è evoluto osservando, copiando, usando e purtroppo anche abusando, tirandosi dietro conseguenze che conosciamo: l’intombamento di torrenti, le costruzioni nelle aree di scorrimento delle slavine o le centrali a carbone, co-artefici dell’alterazione climatica cui non si può rinunciare in nome del “progresso”. Dalla Natura abbiamo più ricevuto che dato, questo è certo. Ora pare che, timidamente, partendo dal piccolo ma altamente significativo, la Natura stia prendendo atto che le invenzioni dell’uomo, possano costituire un valido supporto alla loro spesso più fragile e semplice esistenza. I piccioni da tempo riempiono gli spazi vuoti tra le pietre delle mura medievali anche se in realtà non hanno costruito ma solo abusivamente occupato. La Storia con la S maiuscola fa il nido di questa fotografia, scattata a Faenza dalla mia amica Alice: un uccello ha usato una struttura dell’ingegneria umana - nata per tutt’altro scopo come un imballaggio - per costruire il suo nido-abitazione: la plastica che resta un'invenzione esaltante nella storia dell’Umanità anche se non coincide con la storia della biodiversità. Forse quell’uccello ha pensato che quella cosa avrebbe isolato meglio il suo nido dal freddo o dal caldo? La certezza è che questo materiale abbonda in città; più che un rifiuto, per lui, un residuo da utilizzare al pari di quei rametti e foglie che completano la struttura del nido. L’errore di quel manufatto - dovrei scrivere “beccofatto” ma mi pare ridicolo, se c’è, è d'inesperienza: il film plastico fa da barriera alla pioggia che cade solo dall’alto, impendendone la filtrazione, allungando i tempi di asciugatura della struttura e probabilmente facendo marcire anzitempo quello scomodo fogliame biodegradabile. Imparerà a sue spese. Un vantaggio sarà che quel pezzo di plastica lo ritroverà anche negli anni a venire. Mi viene da pensare che la sua iniziativa è talmente rivoluzionaria che potrebbe spazzare via gli sforzi degli ultimi trent’anni del settore della bioedilizia che studiando la Natura, tra cui i nidi, ne promuove l’uso delle risorse naturali, rigenerabili come legno, fibra vegetali e i metodi per rendere la case resistenti alle intemperie e il cui fine vita non diventa un rifiuto ma una materia prima seconda, per nuove o altre applicazioni. Sarebbe bene che i promotori della bioedilizia riflettessero seriamente su questo e magari ripensassero alla loro ostinazione nell’uso di materiali presi dall’ambiente, come i nidi di un tempo. ▲ BIOECONOMIA a cura di Marco Benedetti*19 L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 *Division Director, Green Innovation Division – Zucchetti Centro Sistemi ll nucleare proposto dal ministro Cingolani è assolutamente incompatibile con l'Italia Radical chic sostenibili S ettembre 2021, Ponte di Legno, evento organizzato da Italia Viva. Invitato il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani. Si parla di energia e il ministro spiega l’ineluttabilità di dover pensare al nucleare, quello di IV generazione e spara sugli ambientalisti “radical chic” che sono “peggio della catastrofe climatica”. Evidentemente Cingolani doveva sfogare una sua antipatia verso qualcuno o forse verso l’ambientalismo tout court. D’altronde lui non è più il ministro dell’Ambiente ma della Transizione Ecologica quindi gli ambientalisti possono anche essere presi a male parole. Se fosse una persona corretta chiederebbe scusa e rimetterebbe il suo mandato nelle mani del Primo ministro, non per l’offesa gratuita e volgare che ha voluto esprimere, bensì per la manifesta incompetenza a capire gli effetti disastrosi che simili esternazioni avranno sul nostro sistema produttivo, sul turismo, sull’agricoltura e su qualsiasi altra forma di creazione di ricchezza. Il Sig. Ministro ha dimostrato di non sapere come funziona un sistema economico ed è questa la sua colpa più grave. Chi investe, lo fa su attività che sul medio-lungo termine possano portare un beneficio economico. È per questo che la stessa Arabia Saudita ha fatto un piano per abbandonare le fonti fossili. La Germania spegnerà l’ultimo reattore il prossimo anno. L’Europa sta virando verso le energie rinnovabili. Sig. Ministro, chi decide di investire, lo farà in luoghi dove esiste una sicurezza d'intenti o lo farà in un paese che non ha capito dove vuole andare con l’energia? Ma c’è di più. Dove vuole mettere le sue centrali di IV generazione? Quali sono, secondo lei, i siti adatti? Può lei, tecnologo di mestiere e di formazione, garantire che le centrali di IV generazione non avranno incidenti? Se lei volesse investire in un’azienda agricola a km zero, lo farebbe in Italia sapendo che fra qualche decennio qualcuno potrebbe mettere una centrale nucleare nel lotto di terreno accanto? L’Italia ha fatto una gran fatica a valorizzare i propri territori. Non c’è regione, oggi, che non abbia delle eccellenze riconosciute per un qualche aspetto turistico, culinario, produttivo e ambientale. Vogliamo sciupare questo lavoro che attrae il mondo intero qui da noi? Dopo il grande lavoro fatto per arginare il Covid-19, stanno tornando in Italia attori da Hollywood, turisti da tutta Europa e gli italiani sono rimasti in Italia. Sa perché? Perché si fidano. Si fidano di un Paese serio e pulito che ha fatto scelte condivisibili e comprensibili. Su ciò si basa la sostenibilità d’impresa ed è questo che lei ha messo in discussione. I radical chic come me ignorano il suo livore anti-ambientalista. Ci siamo abituati. Ma i dirigenti industriali come me stanno molto attenti a come ragionano i propri politici e ne derivano le strategie per le proprie aziende. Mi creda, non esiste solo l'Eni. L’Italia è fatta per il 95% di aziende sotto i quindici dipendenti. Guardi anche a quelle, se ne è capace e cerchi di capire che Transizione Energetica è in assoluta contraddizione con Restaurazione Energetica. Lo faccia per il bene del suo Paese. ▲ IMPRESA E SOSTENIBILITÀ a cura di Averaldo Farri*Next >