< Previous11 L’ECOFUTURO MAGAZINE Gennaio-Febbraio 2024 S iamo — e intendo noi, Homo Sapiens — una specie particolare. Facciamo un sacco di cose, molte di dub- bia utilità, se non dannose. Diamo valore al fare più di ogni altra cosa: le agende piene di impegni sono il non plus ultra dello status. Non riusciamo a stare tranquilli. Riempiamo ogni secondo di attività frenetiche, siamo spinti a lavorare, produrre, impegnarci e sudare come se da questo sforzo costante e senza fine potessimo estrarre, goccia a goc- cia, il senso delle nostre vite. Decenni fa, quando si iniziava a parlare di automazione del lavoro, in tanti presagivano un mondo godereccio fatto di ozio e sollazzi con ben poco spazio riservato al lavoro uma- no. E invece eccoci qua. Siamo riusciti a reinvestire il tempo liberato dalle tecnologie in nuove attività, nuovo lavoro, nuovi prodotti, nuovi bisogni. I risultati di questo eccesso sono nefasti. Viviamo in un Pia- neta sovraffollato di persone, una parte delle quali consuma un sacco di beni per soddisfare bisogni che altri hanno do- vuto creare per occupare il proprio tempo, usando risorse e manodopera di una fetta di popolazione nullatenente. Ab- biamo creato un sistema caotico e impossibile da gestire cui continuiamo ad aggiungere variabili meravigliandoci se le cose non vanno. Nel mezzo di questo caos, spesso ci scordiamo che il nostro tempo ha un valore. Un valore conosciuto bene dalle grandi aziende digital, che competono per accaparrarselo ma presso- ché ignoto a noi, che di quel tempo saremmo i legittimi proprietari. L’avvento dell’intelligenza artificiale, potenzialmente, libererà altro tempo umano da compiti necessari. Diventa quindi ancora più importante la domanda su come impiegheremo questo tempo. Riusciremo a li- berarlo davvero? Per fare cosa? E siamo sicuri che “fare” sia il verbo migliore in questo caso? Su Italiachecambia.org abbiamo intervistato molte persone che sono riuscite a liberare del tempo dalle proprie vite caotiche per seguire le proprie passioni o semplicemente vivere me- glio, a ritmi più lenti, alle quali ispirarsi. Una delle realtà più interessanti da questo punto di vista è la rete delle banche del tem- po, presente in tutta Italia. Le banche sono nate dall’inventiva di gruppi di donne, da una riflessione sulla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nonché sulla costruzione dei legami sociali. La prima, in ordine di tempo, è nata nel 1992, a Par- ma. Sono organizzazioni che hanno l’intento di promuovere un nuovo concetto di solidarietà sociale attraverso lo scambio di saperi e abilità, utilizzando il tempo e non il denaro, come misura dello scambio e intervenendo nei bisogni quotidiani dei propri iscritti e/o soci. C’è poi “Tempo di Vivere”, un ecovillaggio che ha fatto delle riflessioni sul tempo il suo marchio di fabbrica, in una rara miscela di spiritualità e pragmatismo che mette al centro la persona e le relazioni, le emozioni, le necessità, i dubbi e le speranze di ognuno. Spesso, quando si parla di liberare il tem- po, lo si fa nell’ottica di “fare meno”, vivere più lentamente. In questo senso assumono molta rilevanza cornici di pensiero come quella della decrescita che in Italia ha una lunga tradi- zione sia intellettuale che di attivismo. Insomma, che si sappia o no, il tempo è uno dei grandi temi del presente e ancor più del futuro. Non scegliere equivale a scegliere. Da come decidiamo di impiegare il nostro tempo in- dividuale e collettivo dipenderanno le sorti della nostra specie. Per rallentare, siamo ancora in tempo. a cura di Andrea Degl’Innocenti giornalista ambientale, socio fondatore di Italia che Cambia ITALIA CHE CAMBIA Tranquillità ignota Viviamo in epoca di eccessi che sono nefasti per noi e per il PianetaSOLUZIONI INTELLIGENTI PER UN MONDO SOSTENIBILE IL NUOVO SISTEMA STORAGE RETROFIT OUTDOOR POWER MAGIC IDEALE per installazioni industriali MODULARE da 200 kWh a 6 MWh SEMPLICE Sistema Plug & Play SICURO Sistema antincendio integrato ESPANDIBILE da 125 kW a 750 kW PAD D3 - STAND 12013 L’ECOFUTURO MAGAZINE Gennaio-Febbraio 2024 F inita la COP 28 rimangono una serie di crisi geo- politiche come l’invasione Ucraina, la crisi del Mar Rosso e il conflitto tra Israele e Palestina, mentre arrivano segnali preoccupanti sul clima. Il 2023 è l’anno più caldo dall’inizio della rivoluzione industriale e ci porta in assoluto al valore delle temperature medie che l’Accordo di Parigi ha fissato per fine secolo, a +1,5 °C. Se il trend continuerà così in breve tempo le anomalie medie globali saranno superiori al valore di 1,5 °C. Secondo il cli- matologo James Hansen, che il 23 giugno 1988 fu il primo scienziato a riferire sulla causa antropica dei cambiamenti climatici al Senato USA, la soglia di 1,5 °C potrebbe essere superata nel 2024. Siamo in un percorso scientifico e sociale sconosciuto visto che la concentrazione di CO 2 in atmosfera al 6 gennaio 2024 è stata 422,86 ppm all’osservatorio di Mauna Loa, con un +3,58 dai 419,28 dell’anno precedente, valori mai registrati prima. Inoltre, assistiamo a una scissione tra la ricerca clima- tica e il contesto energetico sociale. Da una parte, abbiamo l’IPCC che lancia allarmi in base a una solida realtà dei dati climatici e dall’altra assistiamo a dinamiche legate al conte- sto economico, sociale ed energetico che non ne tengono assolutamente conto. COP 28, infatti, nel suo documento conclusivo ha fatto letteralmente il copia e incolla delle indi- cazioni dell’IPCC nel quale troviamo una riduzione del 43% delle emissioni al 2030, del 60% al 2035 e l’obiettivo del net-zero al 2050, dati che sono in rotta di collisione con le previsioni della IEA che afferma: «la quota dei combustibi- li fossili nell’approvvigionamento energetico globale, ferma da decenni a circa l’80%, scenderà al 73% entro il 2030». Bene, abbiamo quindi il mondo reale che prevede una dimi- nuzione delle fonti fossili del 7%. La differenza tra l’8,75% di riduzione dell’Iea e il 43% della COP 28 è del 34,25%, un terzo della produzione energetica planetaria. È sufficiente ciò per sancire l’assoluta inutilità delle COP per affrontare la crisi climatica e non è valida la tesi sostenuta anche da molti ambientalisti che recita: «La COP è l’unico strumento che abbiano per cui dobbiamo tenercela cara anche se non fun- ziona». No. È necessario dotarsi di un altro strumento che attinga all’enorme serbatoio di contenuti dell’IPCC e che funzioni in base alle dinamiche sociali dal basso. Non è un’utopia. Venticinque anni fa il movimento no global partì da Seattle per approdare a Porto Alegre, dando vita a un flusso di riflessioni e di politiche alternative e di critica all’esistente che ha avuto come risultato la creazione di un pensiero che è anche alla base di quello ecologico odierno. La critica che si fece al movimento no global, ossia quella di una scarsa propositività, è da rispedire al mittente, ma piuttosto la causa del suo esaurimento sul fronte dell’impatto e del- la forza politica è da attribuire alla complessità dell’oggetto d’analisi, alle difficoltà di comunica- zione e soprattutto il movimento no global non fu supportato da alcuna forza politica, come invece avvenne negli anni a cavallo tra i Sessanta e i Settanta del secolo scorso, periodo, durante il quale, i contenuti generati dai movimenti furono usati a piene mani dalle forze politiche progressi- ste. Oggi, è il momento di innescare lo stesso processo dal basso sul cli- ma. Gli elementi ci sono tutti. a cura di Sergio Ferraris giornalista scientifico, caporedattore “L’Ecofuturo Magazine” ENERGIA Clima dal basso Visti i risultati delle COP è necessario che l’iniziativa climatica riparta dal basso Foto: Leonardo Mascioli / Imagophilia Roma, marzo 2019: al Global Climate School Strike for Future alcuni manifestanti simulano una morte improvvisaDIGNITÀ ALLA TERRA! www.girolomoni.it Seguici su Facebook e Instagram Gino Girolomoni e GranoTurismo Il sogno di Gino Girolomoni � pioniere del biologico, intellettuale, attivista, ma soprattutto contadino � era restituire dignitˆ alla terra e ai suoi guardiani, i contadini. Il suo sogno ha ridato vita a una collina, piantando e trasformando qui, in un unico luogo, il grano in pasta.15 L’ECOFUTURO MAGAZINE Gennaio-Febbraio 2024 I l “tempo liberato” è uno dei concetti più liberatori e rivoluzionari dei nostri tempi. Parole che hanno un significato più profondo rispetto al semplice “tempo li- bero”, inteso come pausa e relax. Nella Decrescita Felice, il paradigma che promuove la riduzione volontaria dell’econo- mia e della produzione per una migliore qualità della vita, una maggiore equità sociale e una riduzione dell’impatto ambien- tale, è una scelta ben definita. Il tempo liberato è legato a un percorso personale di crescita, alla riflessione, alla creatività, al bene comune. Una modalità di vita a basso impatto am- bientale e più consapevole che si lega anche a riflessioni sulla riduzione del tempo di lavoro, in un’ottica di redistribuzione e al recupero di saperi, come l’autoproduzione. Come approcciarsi a questo modo di vivere? Lavorare di meno: è la prima cosa da fare, se possibile. No a straordinari non necessari o aggiunta di mansioni lavorative non fondamentali per sé e per il luogo di lavoro. Già que- sto piccolo e grande atto permetterà di dedicare più ore alle esigenze personali, alle relazioni sociali e culturali e anche di abbattere costi inutili. Un esempio. Avere il tempo di fare una spesa ben pianificata permette di ridurre gli sprechi alimen- tari fino a un quarto. Ricavare dei momenti per analizzare le bollette e di cambiare gestore fa risparmiare centinaia di euro l’anno. Il tempo liberato comporta in modo virtuoso una mi- nore esigenza di ore di lavoro. Comprensione dei bisogni reali: essere consapevoli di quali siano i bisogni indotti dal sistema consumistico permette di agire di conseguenza e di allontanarsene, per una migliore qualità della vita, ottimizzando così le pratiche quotidiane, all’insegna del minor impatto ecologico e della riduzione degli sprechi. Tempo liberato e autoproduzione: si pensa che per auto- produrre serva un’eternità. Con un po’ di organizzazione, ci vuole invece meno a produrre da sé che a comprare i pro- dotti finiti in un supermercato. Prendiamo la creazione di un brillantante per la lavastoviglie che è anche un ammorbi- dente per il bucato: basta sciogliere 200 g di acido citrico in 800 ml di acqua demineralizzata e poi si usano nei dosaggi tradizionali. L’acido citrico, un additivo ecologico ed effica- ce, si acquista una sola volta all’anno in quantità adeguata presso i negozi bio o nelle botteghe dello sfuso senza imbal- laggi. Con pochi passi, si risparmia tempo e denaro, e si contribuisce all’ecosostenibilità. Investire tempo nel bene comune: significa cercare il proprio benesse- re nell’interesse collettivo, trovando la propria gioia in quella condivisa. Si tratta di apprezzare la bellezza e il bene fruibili a tutti, con il rispetto per sé stessi e per il nostro mondo. Dedicare tempo all’attivismo è un passo determinante e accessibile. In ogni comunità, ci sono associazioni solidali e comitati per la tutela dei territori che offrono opportunità per arricchire l’anima e intraprendere un percorso di crescita felice attraverso il prezioso dono del tempo. a cura di Lucia Cuffaro ecodivulgatrice, scrittrice e conduttrice Tv AUTOPRODUZIONE Tempo di vita Ecco i consigli pratici di decrescita felice su come vivere al meglio il tempo liberatoWWW.PASCUCCIFIBRA.COM WWW.PASCUCCI.IT17 L’ECOFUTURO MAGAZINE Gennaio-Febbraio 2024 T alvolta si usa l’espressione “recuperare il tempo perdu- to” per arrivare a una qualche conclusione nel modo più ve- loce possibile. Nella realtà è inattuabile: il tempo non si recupera più; si fanno più cose in un tempo ridotto ma quel tempo, quello spazio temporale, di cui conserviamo solo un ricordo non tor- nerà. L’attimo è fuggente a prescindere. In una società come quella attuale sen- tiamo in ogni momento l’esigenza di non perdere l’attimo, quello proposto dai social media dove rischiamo di pas- sare più tempo ad occuparci dei fatti altrui senza saperne il prima e senza occuparsi del dopo. Ebbene, nonostan- te tutto c’è una buona novella (che poi è sempre stata sotto i nostri occhi): la Natura con il suo ciclo temporale che non può essere intaccato - almeno come tempo - esiste ancora: riprendiamocelo. Vista l’ineluttabilità del ciclo nascita-vita-morte perché non provare a recuperare quella dimensione del tempo che è presente comunque in Natura? Al contrario, noi umani in un’agricoltura industrializzata all’estremo, stiamo facendo di tutto per alterare il ciclo naturale della produzione di beni ali- mentari, urlando che c’è gente che ancora muore di fame, con la ferrea volontà (anche politica) di produrre di più, accele- rare ritmi di crescita con la genetica, per poi fare due conti e scoprire che una parte della popolazione mangia alle spalle di un’altra e ha così tanto cibo che lo getta via. Le statistiche dicono che l’umanità da sola, o per meglio dire, una parte dell’umanità spreca una quantità di cibo indicibile: l’impatto economico dello spreco alimentare è di 780>1000 miliardi di dollari l’anno, 127 kg/abitante. Il 14% del cibo viene perso prima della commercializzazione mentre il 17%, viene sprecato dai consumatori e/o retail (dati FAO). Oltre a farci sentire stupidi, occorrerebbe prendere atto che sareb- be economicamente conveniente oltreché salutare, tornare a vivere il tempo nei ritmi che la Natura (che si sta pure ribel- lando, secondo le cronache quotidiane) ha programmato, per stare bene come comunità. Se torniamo a condividere il tempo con la Natura, come per esempio rispettare il ciclo di vita di una pianta coltivata o di un animale da allevamento senza doverlo accelerare ar- tificialmente, potremo avere come bene indiretto oltre alla consapevolezza morale, più cibo ripartito equamente; avre- mo meno stress per l’ambiente e ci lamenteremo meno che il tempo sta cambiando con le conseguenze di costi oltre alle sofferenze. È un problema educativo, non solo di coscienza individuale che se non viene istruita non vedrà, né sentirà e alla fine neppure vivrà nel modo in cui la Natura ci ha accolto nel Pianeta. a cura di Marco Benedetti vicepresidente Ass. Chimica Verde Bionet, R&D manager Green Evolution BIOECONOMIA L’attimo fuggente Pensiamo di dominare il tempo, ma sarebbe meglio usare quello della Natura Foto: Andrey Popov / Depositphotos19 L’ECOFUTURO MAGAZINE Gennaio-Febbraio 2024 I l tempo liberato è un concetto di affermazione re- lativamente recente che valorizza alcune importanti necessità della persona come lo sviluppo del pensiero, della personalità, degli interessi rispetto alle “costrizioni” di un’attività lavorativa che occupa almeno un terzo del tempo giornaliero disponibile. La questione è sicuramente centrale ma anche, purtroppo, in contrasto con i parametri economici che sottendono alle attività di un’impresa. Se pensiamo che il villaggio globale, concetto per me astruso e inapplicabile, mette le nostre aziende in concorrenza con paesi che hanno libero accesso ai nostri mercati e che del benessere dei propri impiegati non si curano affatto, è facile capire da dove nasce il contrasto. Dobbiamo stare attenti a che il concetto di tempo li- berato non crei una frattura tra chi può permetterselo, per esempio chi può lavorare in smart working e gestire il tem- po lavorativo in libertà e chi no, come chi lavora in un ciclo produttivo e deve necessariamente lavorare in presenza e ade- guarsi ai tempi che una produzione richiede. Mi sembra il classico caso in cui rischiamo di creare una su- balternità di trattamento tra tipologie diverse di lavoratori, anche di una stessa azienda, che non può non nuocere. In America questa frattura viene chiamata “chasm” cioè baratro e dà bene l’idea del rischio che si corre. Ogni azienda e ogni attività, soprattutto se produttiva, è diversa dalle altre e cre- do sia giusto che ognuna gestisca questa evoluzione, di per sé positiva, nei limiti del possibile. Eviterei di fare del “tempo liberato” una nuova moda o di farlo apparire come un nuovo paradigma di civiltà. In anni recenti siamo caduti in molte trappole del genere uscendone con le ossa rotte dal punto di vista economico ma, spesso, anche da quello sociale. Evite- rei di guardare solo all’interno della nostra realtà europea e italiana. Viviamo in un mondo globale e finché questo para- metro non si assesta, non possiamo pensare di perdere anche quella poca competitività che abbiamo. I parametri economici sono, e sono destinati a rimanere nel prevedibile futuro, il confron- to essenziale per la sopravvivenza delle attività produttive. Come ultima riflessione, vorrei ricor- dare che esistono altre attività che, come il lavoro, causano stress e impegno totalizzante. È il caso dello studio o delle attività domestiche, specialmente dove siano presenti figli piccoli. Ecco, non me ne vogliate, ma evitiamo che il concetto di tempo liberato, finalizzato solo ad un ritrovato benessere individuale, diventi un alibi per non assumersi le responsabilità che le nostre attività gior- naliere richiedono. La nostra società è fin troppo permeata di individualismo, per spingerlo ancora oltre. Sono favorevole all’educazione al benessere della persona ma non fino al punto di farlo di- ventare unico parametro di riferimento per la misura del successo o del fallimento di una vita. a cura di Averaldo Farri director Green Innovation Division Zucchetti Centro Sistemi IMPRESA E SOSTENIBILITÀ Il tempo è liberato È necessario avere un tempo svuotato dal lavoro per poter sviluppare il pensiero Foto: Pterwort / DepositphotosNext >