< PreviousL'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 70 L e biomasse legnose sono la principale fonte energetica rinnovabile nel nostro Paese: una scelta economicamente vantaggiosa per molte famiglie ma anche un’opportunità concreta nell’ottica del contrasto al cambiamento climatico, che ha consentito all’Italia di raggiungere con due anni di anticipo la quota obiettivo di energie rinnovabili al 2020. Per sfruttare al meglio l’energia proveniente da legna, pellet e cippato è necessario però affrontare la loro prin- cipale criticità: le emissioni di particolato e polveri sot- tili che si accumulano nell’atmosfera, in particolare in zone critiche come il bacino padano. Per questo motivo AIEL, l’associazione che rappresenta le aziende della filiera legno-energia, ha realizzato il libro bianco “Rottamare ed educare”, per far conoscere la stra- tegia per un miglioramento tangibile della qualità dell’a- ria, continuando a riscaldare le famiglie italiane con una fonte rinnovabile, sostenibile e carbon neutral e dimi- nuendo del 70% in dieci anni le emissioni di polveri sot- tili del settore. Consolidare un trend già in atto In Italia, le emissioni della combustione di biomassa le- gnosa sono diminuite del 23% dal 2010 al 2018, passando da 123.000 a 95.000 tonnellate (Ispra, 2020). In Lombar- dia, dove si consuma oltre il 10% della biomassa legnosa impiegata nel settore residenziale (Gse, 2019), i dati uf- ficiali evidenziano nell’arco di 8 anni una riduzione del 30% circa (Lanzani, 2020), a fronte di un numero di ap- parecchi domestici installati pressoché invariato, pari a Rottamare le emissioni "Rottamare ed educare” è la ricetta per ridurre le emissioni del riscaldamento a biomasse FONTI ENERGETICHE / di Annalisa Paniz*71 L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 circa 600.000 unità. In Veneto, sulla base dell’indagine statistica condotta nel 2018 dalle Regioni del Bacino Pa- dano nell’ambito del progetto PrepAIR, le emissioni im- putabili alla combustione di biomassa si sono ridotte del 35% dal 2006 al 2018, ossia di circa 5.000 tonnellate di PM10 (AIEL, 2020). È necessario accelerare ulteriormen- te e rendere strutturale questo processo già in atto. Emissioni, è tempo di agire Risultati possibili grazie ad un graduale miglioramento del livello prestazionale e tecnologico dei sistemi di ri- scaldamento negli ultimi anni: una parte delle tecnologie di combustione obsolete è stata progressivamente sosti- tuta da apparecchi più moderni, caratterizzati da elevata efficienza e ridotte emissioni. Nonostante il migliora- mento, gli apparecchi a legna e pellet installati in Italia da più di 10 anni restano il 70% del parco installato, cir- ca 6,3 milioni, e producono l’86% del particolato deri- vante dalla combustione domestica della biomassa. Per questa ragione, AIEL ritiene prioritatio incentivarne la sostituzione con sistemi di riscaldamento a legna e pellet moderni ed efficienti, caratterizzati da emissioni da 4 a 8 volte inferiori rispetto alle tecnologie obsolete. Le soluzioni: rottamare gli impianti obsoleti, educare gli utenti alle buone pratiche della combustione Il turn over tecnologico è la soluzione per ridurre l’im- patto della combustione domestica di legna da ardere e pellet sulla qualità dell’aria. Allo stesso tempo, è fonda- mentale avviare anche un’estesa azione di informazione e sensibilizzazione degli utenti finali, in particolare di chi utilizza legna da ardere. Gli strumenti per la rottamazione Per raggiungere l’obiettivo, è necessario migliorare gli incentivi già esistenti, come il Conto Termico, che va con- fermato anche per il settore residenziale privato e poten- ziato, non in termini di budget, ma di capacità di fruizio- ne e di semplificazione del meccanismo di accesso all’in- centivo. Occorre promuovere la certificazione volontaria dei generatori, ariaPulita®, e l’utilizzo di combustibili legnosi certificati: la certificazione del pellet ENplus® e quella per legna da ardere e cippato Biomassplus®. Inol- tre, va garantita la qualificazione professionale di instal- latori e manutentori. In questo senso, AIEL ha sviluppa- to lo standard formativo AIELplus, per fornire una qua- lifica agli operatori che desiderano distinguersi sul mer- cato per preparazione e professionalità. L’educazione degli utenti Sul fronte educativo, è importante informare i consumatori sugli impatti della combustione e far conoscere le modalità di corretto utilizzo dei generatori, le norme di installazione, i controlli previsti e gli obblighi a cui adempiere, oltre ai sistemi incentivanti che possono essere sfruttati per sostituire gli apparecchi datati. L'educazione degli utenti finali deve riguardare in particolare gli utilizzatori di legna da ardere che, in caso di un approccio errato, possono causare importanti incrementi delle emissioni, anche di 10 volte rispetto a un utilizzo corretto. Condizioni tecniche inadeguate, come problemi di tiraggio del camino o un banale sportello non a tenuta, sono problemi comuni che spesso incidono negativamente sulle emissioni di particolato. Altrettanto dannosi sono gli errori di conduzione dell’apparecchio: dall’impiego di biocombustibili di scarsa qualità (legna troppo umida, ciocchi troppo lunghi, uso di rifiuti legnosi) alle modalità di accensione della stufa e di ricarica della legna scorrette, fino all’errato utilizzo dei registri di immissione dell’aria comburente. ▲ Scopri di più su: aielenergia.it/librobianco AIEL Associazione Italiana Energie Agroforestali è l'associazione delle imprese della filiera legno-energia che da 20 anni si occupa di promuovere la corretta e sostenibile valorizzazione energetica delle biomasse agroforestali, in particolare i biocombustibili legnosi (www.aielenergia.it). L’associazione rappresenta circa 500 imprese della filiera, tra cui circa il 70% delle aziende italiane ed europee di costruzione di apparecchi domestici e caldaie (circa 700 M di fatturato) e, sul fronte dei biocombustibili, circa 150 produttori di legna e cippato e 90 imprese italiane di produzione e distribuzione di pellet. AIEL ha fondato e gestisce in Italia tre sistemi di certificazione: ENplus® (pellet), Biomassplus® (legna, cippato e bricchette) e ariaPulita® (stufe, inserti, caldaie domestiche a legna e pellet).ARRIVANO ANCHE IN ITALIA LE ONE-DAY ACADEMIES DI PLANT-FOR-THE-PLANET! Hai tra i 9 e i 12 anni? Vuoi diventare anche tu Ambasciatore per la Giustizia Climatica? Allora segnala alla tua scuola la nostra iniziativa! Nel mondo ci sono già oltre 93 mila Ambasciatori per la Giustizia Climatica, diplomati in oltre 1500 Academies in 73 Paesi. Per manifestare l’interesse a partecipare, scrivi a info@plant- for-the-planet-italia.org. Se non ci dovesse essere in programma una Academy nella tua zona, ci attiveremo per organizzarla! Se desideri maggiori informazioni, guarda la nostra pagina https://www.plant-for- the-planet-italia.org/ onedayacademies/, troverai le modalità di partecipazione e gli aggiornamenti relativi alle date e alle sedi. 73 L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 LA RIVOLUZIONE DELL’ORTO/ di Andrea Battiata* Dieta d'acqua L'agricoltura del prossimo futuro sarà una agroecologia fatta anche di risparmio idrico realizzato con la dieta alimentare L' ostacolo principale alla sicurezza alimenta- re sostenibile è un modello economico ra- dicato nell'agricoltura industriale che vede la vita in parti dissociate oscurando l'im- patto distruttivo sugli esseri umani sulle risorse na- turali e sull'ambiente. L'agricoltura industriale, oltre che dalla produzione di derrate alimentari non sempre salutari, è caratterizzata da rifiuti, inquinamento e inefficienza e contribuisce in modo rilevante al cambiamento climatico portando ine- sorabilmente alla distruzione dell'ecosistema. Sta emergendo un approccio alternativo e relazionale, l'a- groecologia, che ha già mostrato un promettente succes- so nell'Orto bioattivo ed è in realtà l'unico modo per ga- rantire a tutti cibi salutari. La capacità di soddisfare le esigenze mondiali è parzial- mente determinata dalle quantità prodotte nei campi, nei pascoli e nei corsi d'acqua. Regole e norme sociali più am- pie indicano quanto cibo occorre per soddisfare l'umani- tà; il modo in cui coltiviamo determina chi può mangia- re, non importa quanto produciamo: il risultato? La do- manda della minoranza più abbiente sposta la produzio- ne verso allevamenti di animali nutriti a cereali, riducen- do notevolmente l'offerta alimentare complessiva a causa dello scarso tasso di conversione del mangime in carne o derivati animali come il latte e i formaggi. Delle calorie consumate dal bestiame, gli esseri umani ricevono solo il 3% attraverso la carne di manzo. Ci sono altre inefficienze sistematiche all'interno del mo- dello agricolo industriale: dei fertilizzanti azotati sinteti- ci aggiunti al suolo a livello globale, almeno la metà non è assorbita dalle piante, ma dilavata nelle acque. Il con- sumo del cibo concentrato economicamente e geografi- camente richiede lunghe catene di approvvigionamento dai luoghi di produzione e comporta lo scarto di prodot- ti esteticamente difettosi: oltre il 40% del cibo coltivato non è utilizzato. Un altro aspetto delle inefficienze siste- miche è quello legato al consumo di acqua per la produ- zione alimentare. Sul sito del Water Footprint Network è possibile calcolare l’effettivo impatto idrico del pro- prio stile di vita, ma anche semplicemente comparare alcuni tra i cibi più comuni. L’impronta idrica dei cibi varia da prodotto a prodotto; emerge in maniera incontrovertibile che l’impronta idri- ca dei prodotti di origine animale è nettamente superio- re a quella dei prodotti di origine vegetale. In particolare, quella della carne bovina è molto più pesante rispetto al- le altre carni. Dallo studio emerge che occorrono – per esempio – solo 322 litri di acqua per produrre un kg di vegetali e 1.644 litri per produrre un kg di cereali. ▲ * Agronomo e contadino urbano a Firenze Pomodori 214 litri Banane 790 litri Mele 822 litri Vino 870 litri Latte 1.020 litri Mais 1.222 litri Pasta 1.849 litri Riso 2.497 litri Olive 3.015 litri Uova 3.265 litri Carne di Pollo 4.325 litri Lattuga 237 litri Burro 5.553 litri Carne di maiale 5.988 litri Carne di manzo 15.415 litri Caè 18.800 litri L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 74 Suoni dal profondo Oltre alle microplastiche e altri inquinanti, nelle profondità marine troviamo anche l'inquinamento sonoro IL MONDO CHE CAMMINA / di Alice Pari* e Chiara Roncari* I mari di tutto il mondo sono profondamente a rischio per molteplici forme di inquinamento: chimico, da rifiuti, termico, acustico… minacce da attività antropiche che rischiano di compromettere definitivamente la salute dei mari di tutto il Pianeta. Per questa ragione l’Europa ha elaborato una visione integrata per affrontare le sfide legate al settore marino in maniera olistica, tenendo conto sia degli stakeholders che sul mare hanno degli interessi economici e sia degli ecosistemi da salvaguardare e da ripristinare. Si prevedono una legislazione comune e dei fondi specifici destinati sia allo sviluppo della Blue Economy sia alla ricerca e alla conservazione degli habitat e delle specie a rischio. Fondazione Cetacea onlus sta partecipando come partner a due progetti di cooperazione interregionale Italia – Croazia, volti alla conservazione del bacino Adriatico. Procedendo a ritroso, l’ultimo di questi progetti tratta il marine litter: il nome tecnico per indicare materiali solidi fabbricati o trasformati dall’uomo e poi dispersi nell’ambiente marino costiero. Il progetto si chiama MARLESS (MARine Litter cross-border awarenESS and innovation actions): cofinanziato dal programma Interreg Italia-Croazia, è iniziato a giugno 2020 e terminerà a dicembre 2022. Coordinato da ARPA Veneto, vede una partnership ampia e eterogenea per competenze di componenti italiani e croati che mira ad affrontare le problematiche legate alla presenza dei rifiuti marini, attraverso azioni pilota che andranno a testare strumenti innovativi integrati e transfrontalieri: primo fra tutti la pesca dei rifiuti da parte dei pescatori con reti sperimentali che dividono il pesce dai rifiuti solidi. Così si contribuirà in maniera concreta alla pulizia dei fondali. La dispersione di rifiuti solidi ha diverse conseguenze sull’ambiente marino e sulla situazione socio-economica dei Paesi che affacciano nel sottobacino adriatico; hanno 75 L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 tempi di degradazione molto lenti e la loro continua immissione porta a un accumulo di difficile gestione. La degradazione dei rifiuti plastici causa la dispersione di inverosimili quantità di microplastiche e nanoplastiche che sono ingerite dagli organismi marini, entrano nella catena trofica, creando un serio problema alla salute umana e animale. Progetti per il mare Alle sperimentazioni di metodi innovativi in mare si affiancheranno azioni in laboratorio e normative. In laboratorio sarà sperimentata la capacità di alcuni mitili di filtrare le microplastiche dalla colonna d’acqua per individuare nuove strategie. Sarà analizzata la legislazione europea vigente in materia e le possibili soluzioni per costruire dei piani di gestione, monitoraggio e intervento per i Paesi che si affacciano sullo stesso mare. Last but not least il progetto s’impegna nella sensibilizzazione coinvolgendo direttamente studenti, operatori turistici e le differenti attività economiche che sorgono sulla costa, i cosiddetti stakeholders del mare. Le azioni del progetto, dopo una serie di ritardi a seguito della pandemia Covid-19, ripartiranno a breve. Da gennaio 2019 fino a dicembre 2021 è in corso un altro progetto cofinanziato dal programma Interreg Italia- Croazia cui Fondazione Cetacea onlus sta partecipando, che si occupa dell’inquinamento acustico sottomarino, il progetto "Soundscape: Paesaggi sonori nel Mare Adriatico settentrionale e il loro impatto sulle risorse biologiche marine". Rumori di fondo Il nostro orecchio, non adatto a percepire rumori sott’acqua, ci rimanda l’impressione che l’acqua li attutisca: al contrario, la propagazione del suono in mare è molto più veloce. Alcuni studi hanno dimostrato quanto i rumori causati dalle attività umane arrechino danni agli organismi marini in termini di disorientamento e disturbo nella comunicazione e di conseguenza nella riproduzione. Il progetto prevede la creazione di una cooperazione scientifica e istituzionale transfrontaliera per monitorare tramite boe dotate di idrofoni, il rumore subacqueo nell’Alto Adriatico, nelle acque italiane e croate, per mappare l’inquinamento acustico causato dalle attività antropiche (piattaforme, traffico nautico, turismo costiero) e valutarne l’impatto sulle specie marine, soprattutto quelle a rischio (cetacei e tartarughe marine), al fine di elaborare un piano per l'uso sostenibile delle risorse marine e costiere che non danneggi l’ecosistema marino. Nove boe dotate di idrofoni sono state collocate a febbraio del 2020 in differenti postazioni nell’Adriatico settentrionale, in acque internazionali. In un anno di rilevazioni gli idrofoni di Soundscape hanno accidentalmente registrato un momento completamente atipico: quello del lockdown da marzo a maggio 2020 e il relativo “silenzio antropico” che ne è conseguito. La Fondazione Cetacea onlus è impegnata in questi e altri importanti progetti di respiro regionale, nazionale, europeo ed extraeuropeo, per tutelare la biodiversità adriatica e salvaguardare le tartarughe marine dei nostri mari il cui recupero, cura e riabilitazione resta la mission primaria da oltre trent’anni. ▲ * Fondazione Cetacea onlus foto di: Sub Gian NeriL'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 76 Q uando Michele Dotti, il direttore della nostra rivista, mi ha chiamato chiedendo un nuovo articolo sui viaggi ho iniziato a sudare freddo. “E ora che scrivo?” Questo il primo pensiero! La pandemia da Covid-19 condiziona pesantemente le nostre vite e in questo momento tutti noi non sappiamo quando potremo andare a trovare parenti e amici che abitano in altre regioni. Noi di Ecofuturo siamo persone naturalmente ottimiste e l'immaginazione non ci manca! Così oggi, pregando che tutta questa situazione, con il suo doloroso portato di sofferenza, sia presto un lontano ricordo, vi voglio condurre a scoprire, comodamente dal vostro divano, alcune mete da sognare e progettare, ovviamente sempre nell'ottica della responsabilità e della sostenibilità. Petra, la città rossa Le gigantesche montagne rosse e i vasti mausolei di Petra in Giordania sono una delle più grandi meraviglie mai create dalla Natura e dall'Uomo. Questo luogo incredibile è stato scavato nella roccia a strapiombo dai Nabatei, un industrioso popolo arabo che si stabilì qui più di duemila anni fa. Sebbene molto sia stato scritto sulla bellezza del sito archeologico, nulla può preparare davvero all'esperienza reale. Deve essere visto per crederci! Nel frattempo il sito “Visit Jordan from home” ci permette di sognare. (https://bit.ly/3t4fwwI) Casa Azul, il museo Frida Kahlo Nei sobborghi di Città del Messico dal 1958 si può visitare Casa Azul, il luogo dove nacque e morì la famosa pittrice messicana Frida Kahlo e una delle case dove visse insieme a Diego Rivera. Visitare il museo nel caratteristico quartiere di Coyoacán significa entrare nell’intimo di questa incredibile donna, percepirne la sofferenza, l’arte, il grande amore per il marito, e il suo impegno politico e sociale. È anche un'occasione Il mondo sognato da casa In attesa di poter tornare a spostarci fisicamente, lasciamo che a viaggiare sia almeno la nostra mente VIAGGI VIRTUALI / di Duccio Braccaloni* 1 277 L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 per scoprire l’arte e la cultura tipica messicana. Che cosa aspettare quindi, entriamo nel museo! (https://bit.ly/3tjNqOn) Angkor Wat e i suoi segreti L'antica Angkor, capitale dell'impero Khmer, è stata una delle più importanti città del mondo. Questo enorme complesso di edifici, che copre circa 600 chilometri quadrati e rappresenta il più celebre sito archeologico della Cambogia, è entrato a pieno titolo nel patrimonio dell'umanità Unesco. Per visitarla a fondo sono necessari almeno cinque giorni, ma intanto possiamo farci un'idea dal sito “AirPano” che ci propone un affascinante tour virtuale. (https://bit.ly/2OCY3MY) Giant's Causeway, il Selciato del Gigante Nel Regno Unito, il National Trust ha curato una selezione di tour virtuali dei suoi panorami e giardini mozzafiato, tra cui questa straordinaria formazione rocciosa che si trova sulla costa settentrionale dell'Irlanda del Nord. Un gruppo di circa 40 mila colonne poligonali di basalto strettamente unite tra loro, createsi milioni d'anni fa grazie alle colate di lava. Le forme geometriche regolari di questi pilastri danno vita e creano un grande alone di mistero che aleggia tuttora sul luogo. (https://bit.ly/3t43jIs) Firenze, la Grotta del Buontalenti Da buon fiorentino non posso che invitarvi a visitare nella mia città un luogo magico all'interno del Giardino di Boboli. Quest’angolo del parco mediceo è una delle meraviglie dell’arte e dell’architettura manierista del tardo Cinquecento, una fiabesca alchimia di natura e artificio che desta in chi vi entra sorpresa e incanto: questo capolavoro rappresenta una singolarissima commistione tra architettura, pittura murale e scultura. Il Parco è ancora chiuso per la pandemia, ma la Grotta è visibile in 3D! (https://bit.ly/3chqTup) Fiordi di Kenai, l'Alaska selvaggia Questo Parco nazionale è celebre per i suoi innumerevoli ghiacciai che scendono a cascata per incontrare l'Oceano Pacifico. Uno spettacolo sbalorditivo, arricchito dalla presenza di foche, leoni marini, balene, orche, lontre e orsi. Inoltre molti uccelli nidificano nelle varie aree del parco come l'aquila calva, il falco pellegrino, la gazza nera, la ghiandaia di Steller, mentre gli uccelli marini più comuni sono il pulcinella di mare, l'ùria comune e l'urietta marmorizzata. Prendiamo il kajak e andiamo! (https://bit.ly/38twm09) Potete scoprire ancora molte altre mete virtuali su: https://www.turismodaldivano.it * Ecofuturo 3 5 6 4 1 23 4 56L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 78 Per un digitale reale Dopo un anno di iperconnessioni "forzate" oggi possiamo imparare a muoverci con profitto in una nuova dimensione ibrida EDUCARE A DISTANZA / di Michele Marangi* C he cosa possiamo imparare dall’emergenza Covid-19 rispetto al nostro rapporto con il digitale? In che modo gli eventi di quest’ultimo anno possono mutare radicalmente la percezione delle tecnologie come contesto pedagogico comunitario e come ambiente di apprendimento? Appare evidente che la necessità di dover reagire alla repentina trasformazione della nostra routine ha costretto, o permesso, a milioni di persone nel nostro Paese di ripensare al proprio rapporto con i media digitali, dallo smart working alle lezioni a distanza, dalla creazione di nuove forme di partecipazione all’impiego creativo di strumenti e contesti comunicativi spesso sottovalutati o poco sfruttati. Può essere utile recuperare l’etimologia latina della parola emergenza, che rimanda a ciò che esce all'improvviso da una superficie in cui era stato immerso (il verbo mergere), non considerando qui il significato più diffuso comunemente che rimanda al pericolo e alla catastrofe. Non per puro gusto intellettuale, ma come primo antidoto a farsi trascinare dal pessimismo e dal nichilismo: una buona base per postulare un futuro praticabile e sostenibile è la capacità di assumere un punto di vista differente su ciò che nel presente appare ovvio e scontato. Reputo che in questi dodici mesi stiano affiorando tre aspetti chiave sulle relazioni tra digitale, comunicazione e apprendimento, di cui sarà utile tenere conto in un futuro di nuova normalità. Il primo aspetto che emerge rappresenta una prospettiva già praticabile. Se si supera l’onda immediata di emotività autoreferenziale e superficiale, si possono apprezzare i flussi più originali dei social e le esperienze di didattica a distanza, le programmazioni in équipe o i confronti tra colleghi, ovvero concrete testimonianze della possibilità di mantenere nel digitale il senso di ingaggio personale e di proficua collaborazione. Dentro al digitale Il piacere di recuperare una dimensione collettiva non appare solo una reazione all’isolamento forzato, ma l’inattesa scoperta, per molti, di nuove possibilità e modalità di partecipazione non solo “con il”, ma anche “nel” digitale. Stiamo assistendo al recupero e alla ricodifica digitale dello studium, inteso in primo luogo come mescolanza tra impegno e passione, entusiasmo e applicazione rigorosa, cura e propensione: si pensi agli interventi di professionisti che mettono a disposizione le loro competenze in brevi pillole video, oppure all’attivazione partecipativa di risorse digitali nei gruppi professionali. O, ancora, sono significative le molte testimonianze di studenti che non si limitano a partecipare passivamente ai webinar e alle sessioni a distanza, ma interagiscono in modo proattivo e creativo, così come le esperienze tra colleghi che sperimentano concretamente le potenzialità di un applicativo, di un ambiente online o di un social, unendo apprendimento personale e nuove possibilità didattiche. Per rafforzare e radicare progressivamente queste dinamiche anche dopo l’emergenza, è necessario un secondo elemento che permetta alle persone di accedere al digitale in modo sostenibile ed ecosistemico, come fattore chiave per la partecipazione civica e per creare una nuova dimensione socio-culturale che non sia sempre subordinata alle logiche del mercato. Si tratta di ripensare e ricodificare il concetto di digital divide. Va aggiornato il suo significato originario, ma non nel senso riduttivo di fornire tecnologia a tutti, a pioggia. Piuttosto, appare necessario compiere scelte strategiche sia nel micro sia nel macro, per identificare quali tecnologie siano più funzionali per un uso socio-pedagogico e non semplicemente didattico, favorendo un approccio sociale e partecipativo e non autoreferenziale e solipsistico. Reti potenti In questa prospettiva, per praticare in modo serio e articolato le potenzialità delle reti, oltre l'uso snack dei propri dispositivi, è necessario unire gli aspetti infrastrutturali alle scelte strategiche, intrecciando le competenze tecnologiche a quelle pedagogiche, la sostenibilità economica con la visione sociale e culturale. Questa dimensione è forse il lascito più stimolante emerso quest’anno, che ci conduce all’ultimo elemento: la necessità di rinunciare a un sistema puramente binario di apprendimento, del giusto o sbagliato, del dentro o fuori, del valutabile o non valutabile. Forse è davvero maturo il tempo per pensare al digitale come "terzo spazio" di apprendimento e di mediazione educativa, che intrecci costantemente personale e collettivo, informale e formale, disciplinare e trasversale. Oltre l’abusata e ormai impropria querelle tra “reale” e “virtuale”, stiamo sperimentando quotidianamente l’intreccio tra realtà fisica e realtà digitale, che segue logiche non semplicemente interattive ma partecipative in modo più complesso e profondo. ▲ * Università Cattolica di Milano, docente di Tecnologie dell’Istruzione e dell’Apprendimento e ricercatore CREMITNext >