< Previous40 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 INNOVAZIONE / di Deborah Annolino L’ Agricoltura di precisione o Precision Farming è la nuova sfida per il comparto agricolo. Un cambio di paradigma che si basa sull’utilizzo di strumenti che consentono di fare l’azione giusta. Tra applicazioni digitali e Internet in campo agricolo, sono tante le realtà italiane che hanno intrapreso la strada dell’innovazione in equilibrio con la tradizione. Ripensare il comparto agroalimentare è un’azione necessaria per il Pianeta. In linea con l’Agenda Onu 2030, ci dirigiamo verso un modello di agricoltura 4.0 con imprescindibili obiettivi annessi: riduzione dell’impatto sull’ambiente, accrescimento e miglioramento dei livelli di produzione, costi più accessibili per tutti. Soluzioni e metodi in chiave sostenibile rilanciati dal Governo attraverso il Pnrr, Piano Nazionale Ripresa e Resilienza e la Pac, Politica Agricola Comune dove sono contenute le nuove misure di sostegno climatico- ambientale e politiche aggiornate di sviluppo del sistema. Tra le sfide dell’agricoltura 4.0 ci sono un cambio di metodo e di mentalità per raggiungere il “Carbon Farming” e aumentare la resilienza dell’ambiente Coltivare il futuro41 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 Nel nostro Paese chi ha aperto la strada all’agricoltura sostenibile è il Cib - Consorzio Italiano Biogas, la prima aggregazione volontaria che riunisce oltre 750 aziende agricole produttrici di biogas e biometano da fonti rinnovabili e più di 200 società industriali fornitrici di impianti, tecnologie e servizi per la produzione di biogas e biometano. Ne fanno parte anche enti e istituzioni. Il Cib ha diffuso l’iniziativa “Farming For Future, dieci azioni per coltivare il futuro” che diverse realtà agricole hanno già accolto. Applicando i princìpi dell’agricoltura 4.0 in poco tempo hanno ottenuto risultati di rilievo. La sostenibilità in agricoltura continua a farsi strada come dichiara Piero Gattoni, presidente del Cib: «L’inserimento dell’impianto di biogas in azienda ci ha spinti verso una profonda revisione non solo dei processi produttivi, ma anche di quelli decisionali, sempre più supportati dalla digitalizzazione e dalla interconnessione delle informazioni. Infatti, oggi la meccanizzazione agricola è un’eccellenza del Made in Italy. Le misure inserite nel Pnrr dimostrano una grande attenzione verso la transizione ecologica e la digitalizzazione; con le innovazioni tecnologiche di cui disponiamo oggi saremo in grado di produrre di più utilizzando meno risorse e in modo più efficiente» – conclude Gattoni. Dati agricoli In quali pratiche applicative consiste l’agricoltura 4.0? Si basa sulla raccolta ed elaborazione di dati utilizzati alla base di modelli previsionali volti a ottimizzare al massimo ogni step della filiera produttiva. Una forma evoluta di questo modello è l’agricoltura di precisione che consiste nell’applicazione di tecnologie avanzate in una serie di azioni mirate a migliorare l’efficienza dei processi produttivi esistenti. Praticare queste nuove forme di agricoltura non necessita un grosso investimento a livello di attrezzature ma un cambio di mentalità da parte dell’agricoltore. Secondo l’Osservatorio Smart Agrifood, in Italia solo il 3-4% delle superfici è coltivato con questo modello perché gli agricoltori sono restii a investire per pregiudizi legati alla redditività economica. Pregiudizi infondati: a parità di costi fissi e variabili paragonando tecniche tradizionali e di precisione non ci sono differenze rilevanti. Invece l’agricoltura di precisione rende molto di più, riducendo le ore di lavoro delle macchine e del personale, aumentando la sua sicurezza. Uno dei processi tecnologici impiegati nell’agricoltura di precisione è la mappatura del suolo che consiste nell’elaborazione di dati raccolti tramite sensori e immagini satellitari da cui sono create mappe per riorganizzare le attività di coltura. Altri processi sono: il controllo assistito o automatico delle macchine agricole, gli interventi di precisione in semina, distribuzione fitofarmaci e fertilizzanti, il monitoraggio dei processi e/o delle condizioni ambientali e la gestione delle colture. La strada è lunga ma sul progetto “Farming For Future” si poggia il cambio di paradigma: il passaggio da un sistema agricolo che per produrre fertilizza la coltura a un sistema agricolo che con una gestione agronomica mirata “fertilizza il sistema” favorendo l’incremento di sostanza organica e lo stoccaggio del carbonio nei suoli, una delle funzioni strategiche del settore nella lotta al cambiamento climatico. L’adozione di corrette pratiche di agricoltura contribuisce positivamente alla gestione economica e ambientale di un’azienda agricola. Sull’integrazione tra agricoltura conservativa e tecniche di precisione, si struttura la cosiddetta “Carbon Farming” (sequestro di carbonio nel suolo), fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici. ▲ Per saperne di più: www.farmingforfuture.it42 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 INNOVAZIONE / di Deborah Annolino G iovanni Battista Girolomoni è Presidente della Cooperativa Girolomoni con sede a Montebello, fondata nel 1977 e baluardo dell’agricoltura biologica italiana. Abbiamo fatto il punto con lui circa lo stato dell'arte dell'agricoltura biologica. Un tempo i prodotti biologici dovevano adeguarsi alla terminologia dominante del mercato. Oggi è la grande distribuzione che si sta accaparrando il linguaggio del biologico. Da una parte è un successo, dall’altra ci dobbiamo preoccupare? «Il mondo del biologico si è dovuto adeguare e all’inizio è stato difficile. Biologico è coltivare in un certo modo, senza l’utilizzo di chimica di sintesi. Lo abbiamo solo reso pop, altrimenti rischiava di rimanere una nicchia. Il biologico è ormai consolidato nelle metodologie ed è pronto per le nuove sfide del XXI secolo Bio oltre la siepe TESTIMONIANZE / di Raffaella Bullo43 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 Oggi la grande distribuzione, la grande industria e le multinazionali hanno le proprie linee biologiche. I pionieri del biologico suddividono tra vero e falso bio. Con tutti i limiti che può avere la certificazione bio, oggi è la migliore nel mondo agroalimentare e funziona sul piano delle regole e dei contenuti. Suddividere tra vero e falso è pericoloso. Significa smontare e screditare la certificazione. Sappiamo bene cosa significhi non averne una. La dicitura “prodotto biologico” sulle confezioni, prima dell’entrata in vigore dei regolamenti, era considerata pubblicità ingannevole e frode al consumatore. Il biologico della prima ora non voleva essere solo una tecnica di coltivazione. Includeva anche il ritorno e lo stretto rapporto con la terra. La distinzione adeguata sarebbe quella tra biologico rurale e industriale. Se nella certificazione includiamo come sono pagati gli agricoltori, quali energie si utilizzano per trasformare i prodotti, l’impatto ambientale e così via, diventa macchinoso. Sono fattori importanti ma sono fuori dalla certificazione perché possono causare confusione al consumatore». Il biologico è distante dalle tasche di una grande porzione di popolazione e la crisi da Covid-19 ne ha ridotto ancora di più la capacità di acquisto. Come si chiude questo divario? «Se il biologico è solo un mero cambio di tecnica agricola, abbiamo fatto un passo ma non abbiamo fatto tutto. Non possiamo rivedere solo il modello di produzione ma anche quello di consumo. È vero che costa di più ma se torniamo a consumare in prevalenza alimenti base e semplici, come legumi e cereali in chicchi o poco trasformati, hanno un costo più alto rispetto al convenzionale ma non tanto. Piuttosto di andare in un hard discount a comprare prodotti ultra- trasformati e processati, economici ma dannosi, è preferibile comprare prodotti semplici ed essenziali. Bisogna rimettere in discussione anche il modello di consumo. Fa bene al Pianeta, fa bene alla salute e, aggiustando gli stili di vita, non impatta sulle nostre tasche. Bisogna avere coraggio. Tutti parliamo di cambiamento ma ne abbiamo paura». Come si può evitare che il biologico non sia usato e accusato dalla politica di essere una pratica elitaria lontana dai problemi quotidiani della gente? «La radice culturale bio non è né elitaria, né radical chic, né alternativa. Il mondo contadino si stava spopolando e il bio ha rappresentato un’opportunità per rimanere nelle terre, coltivare una nuova agricoltura e ridare economia a territori abbandonati. Il progresso aveva spazzato tutto del vecchio mondo, considerato sbagliato. C’erano dei valori che valeva mantenere: la parola data, la solidarietà quotidiana del mondo contadino, non inquinare nulla, non produrre rifiuti. L’agricoltura biologica ha preso spunto dai concetti del passato e li vuole riproporre in chiave moderna, anche tramite ricerca e innovazione. Non è vecchio contro nuovo. Il mondo contadino è fatto di persone semplici, non borghesi. Abbiamo una base agricola molto forte, concreta che porta il localismo in ogni cosa che fa. Nella tradizione possiamo trovare la rivoluzione». Le politiche agricole hanno evidenziato gravi criticità: consumo del suolo, impatto sulla biodiversità, eccessivo uso di chimica, le imposizioni della grande distribuzione, il caporalato e la condizione di schiavitù sui campi. A tener banco oggi c’è solo la discussione intorno alla scientificità dell’agricoltura biodinamica e non tutto il resto, altrettanto scandaloso e gravoso. Perché? «La libertà di espressione deve essere di tutti e la mia voce è di parte essendo Presidente di una cooperativa biologica. Ma dall’altra parte non lo sono da meno. Quello che dà fastidio è l’idea che la scienza stia solo da una parte. Ci sono fior di scienziati, studiosi e professori che sostengono le cause dell’agricoltura biologica. Tante cose che ancora la scienza non è riuscita a dimostrare funzionano, senza sapere perché. È lì che la scienza deve intervenire, venire a studiare e capire, comprenderne il meccanismo e tentare di replicarlo da altre parti. È errato credere al dualismo che i contadini stiano da una parte e la scienza dall’altra o che i produttori biologici vadano dietro alle mode o a credenze. La separazione non è così forte, non fa bene e non serve. Si parla di cose non provate dalla scienza ma non si parla delle prove scientifiche dei danni dell’agricoltura convenzionale. Si trovano ancora nelle falde e nei terreni pesticidi vietati da più di trent’anni. Il progresso e la scienza hanno portato a errori. Ogni occasione di discussione deve essere un’occasione di studio. È una strumentalizzazione anche per togliere l’attenzione da discorsi come caporalato e schiavitù. Non si vede perché non c’è interesse. Quello che viene fuori dal dibattito è che l’ideologia stia da una parte e la scienza dall’altra. Non è tutto vero». ▲44 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 È il 1958. Sono passati undici anni da quando a Wadenoijen, in Olanda, la B.M.B. ha fabbricato e commercializzato i primi nebulizzatori al mondo per la protezione delle colture attraverso trattamenti antiparassitari e concime fogliare. In Romagna, a Sant’Agata sul Santerno, il giovane ingegnere Claudio Martignani, si chiede come sia possibile conciliare questa innovazione tecnologica con salute e ambiente, puntando ad un uso sostenibile dei fitofarmaci. In quell’anno la sua azienda introduce in Italia la tecnica applicativa del basso volume d’acqua, con i primi nebulizzatori pneumatici; innovazione premiata nei più importanti concorsi internazionali e diventata un La tecnologia della nebulizzazione elettrostatica a micro-gocce permette enormi vantaggi sia per l’ambiente sia per la salute Nubi sostenibili TECNOLOGIA / di Michele Dotti45 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 modello anche per altri costruttori. Nel 1981 la Martignani introduce - per prima in Europa- l’innovazione di svolta: i nebulizzatori a carica elettrostatica delle micro-gocce, che permettono all’azienda romagnola di affermarsi presso le migliori aziende frutti-vinicole italiane e di altri 70 Paesi nel mondo. Tecnologia poi perfezionata nel corso degli anni, che permette una riduzione dell’uso dei fitofarmaci di almeno il 40% e tra l’80 e il 90 % dell’uso di acqua, oltre a una riduzione del 40% del carburante e del 60/70% di tempo-manodopera. Ciò è possibile grazie al basso volume e alla tecnologia delle micro-gocce, unita alla carica elettrostatica, che garantiscono una copertura omogenea e precisa senza sprechi e senza deriva al suolo. Un importante effetto della carica elettrostatica è l’assenza di residui chimici indesiderati sui raccolti, poiché le micro- gocce polarizzate, respingendosi tra loro, in quanto cariche dello stesso segno, vengono attratte dalla vegetazione che è invece di segno contrario, depositandosi con grande uniformità, senza il minimo accumulo di principio attivo. Questo ha permesso a Martignani un’importante diffusione anche nelle imprese biologiche e biodinamiche alle quali offre una nebulizzazione ottimale e uniforme di prodotti naturali (come poltiglia bordolese classica), biologici e microbiologici (come Bacillus Thuringiensis), polisolfuri in formulati liquidi originali, con l’aggiunta di un basso volume di acqua di diluzione. Proviamo ad analizzare due applicazioni concrete di questi prodotti. Pere biologiche romagnole Tra i coltivatori di pero è diffusa la preoccupazione per i danni causati dall’Alternaria. Una delle varietà più colpite da questa malattia è l’Abate Fetél e la principale arma per combatterla sono i fungicidi. È importante agire in modo preventivo, bloccando la germinazione delle spore. L’alternativa biologica per combattere questa malattia la sperimenta l’azienda Biologica Ecoter, a Sant’Alberto di Ravenna che utilizza il Nebulizzatore Martignani -Whirlwind M612 Turbo 2 con diffusore Gibdor, su suolo. Due volte l’anno, in primavera e in autunno, realizza interventi a terra, a base di fermenti lattici ed altre erbe. «Non sarebbe possibile utilizzare un atomizzatore convenzionale - spiega Fabiano Cornacchia di Ecoter - per questi trattamenti biologici, perché l’alta pressione causerebbe la mortalità dei microorganismi che utilizziamo per contrastare il fungo dell’Alternaria». Con questo sistema innovativo e biologico si distribuiscono lattobacilli efficaci anche nei trattamenti contro la ticchiolatura del melo e nel pesco, per i trattamenti contro la molioniosi. I nebulizzatori Martignani, lavorando a una bassa pressione di esercizio (appena 1.5 Bar), consentono trattamenti al suolo con lactofermenti, per prevenire le malattie senza necessità di prodotti chimici. Mele del Trentino Dalla Romagna ci spostiamo a Mezzocorona, in provincia di Trento, presso l’azienda agricola biologica Pellegrini, che utilizza prodotti Martignani dal 1985. L’azienda a gestione familiare, consta di 9 ettari di melo e 8,5 ettari di vigneto. Utilizza i Nebulizzatori Martignani Turbo 1 (per il vigneto) e Sudtirol (per i frutteti). Realizza trattamenti con prodotti di origine naturale, non sintetica, per la difesa dalle malattie della frutta, soprattutto per la ticchiolatura del melo. «Sono cresciuto a pane, latte e Martignani - ironizza Corrado Pellegrini - mio padre lo ha sempre usato e continuiamo a farlo perché è l’unica macchina che funziona con il basso volume. Inoltre, per velocità di lavoro e di esecuzione è l’unica che soddisfa le nostre richieste». Importante è anche il risparmio di acqua: l’azienda Pellegrini utilizza 140 lt/ettaro di acqua nei trattamenti sul meleto (120 lt/ettaro nel vigneto), contro i 1.000 lt/ettaro di molte aziende che usano atomizzatori convenzionali. «Tutti consigliano di utilizzare alti volumi - aggiunge Corrado Pellegrini - convinti che si ottenga una miglior bagnatura, ma non è così. Facciamo trattamenti da anni e grazie al basso volume dei nebulizzatori Martignani risparmiamo acqua, tempo e denaro. Inoltre, dovendo fare meno riempimenti, anche noi come produttori/ operatori siamo meno esposti». ▲ Grazie alle microgocce a carica elettrostatica è possibile intervenire anche nei terreni coltivati a biologico e biodinamico46 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 C aviro è una cooperativa vinicola di piccoli agricoltori che grazie alla cura delle relazioni, del prodotto e delle innovazioni in mezzo secolo è diventata la più grande filiera vitivinicola italiana. Ora Caviro guarda ai prossimi anni puntando su ecologia, sostenibilità e sviluppo. Ne abbiamo parlato con Carlo Dalmonte, Presidente del gruppo Caviro da otto anni. Ci può raccontare in sintesi la storia e i numeri di Caviro? «La nostra storia inizia oltre cinquant’anni fa nel 1966, seguendo un filone che piace a noi romagnoli: l'idea di mettersi insieme per contare di più, il filone cooperativo. Tanti piccoli viticoltori si accorsero di contare poco sul mercato e decisero d'unire gli sforzi per fare due cose: confezionare il vino e immetterlo nel mercato. Oltre a ciò, c'era l'esigenza di valorizzare i sottoprodotti ovvero distillarli, con la questione anche di stoccare Mutualismo cooperativo e imprenditorialità possono essere coniugati anche alla luce delle prossime sfide ecologiche Un tesoro d'uva PROTAGONISTI / di Sergio Ferraris47 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 l'alcool. Si è iniziato con due stabilimenti importanti in Romagna, dove è cominciata la nostra storia. Quella di una crescita continua fatta d'investimenti e d'innovazioni che ci ha portato a essere ciò che siamo oggi. Questi i numeri dell'ultimo esercizio: 362 milioni di fatturato, oltre un milione al giorno - come diciamo noi così un po’ scherzando -, siamo la più grande filiera vitivinicola italiana, contiamo 570 dipendenti e oltre 12 mila soci, in massima parte piccoli viticoltori con oltre 36 mila ettari complessivi di terreno vitato, il che significa tre e quattro ettari a testa. Imbottigliamo 1,9 milioni d'ettolitri di vino all’anno, per 27 cantine sociali in sette regioni italiane ed esportiamo in 70 Paesi nel mondo». Da anni puntate molto sulla sostenibilità, come la declinate? «Ci siamo resi conto che questa è la direzione verso la quale ci dobbiamo muovere come imprese ma anche come cittadini. Sostenibilità per noi significa responsabilità, farsi delle domande su come agiamo e anche sulle scelte che facciamo, perché l'ambiente in cui ci muoviamo ci è stato dato in prestito, lo dobbiamo lasciare a chi verrà dopo di noi, in linea con gli obiettivi ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile. La sostenibilità, però, non è solo ambiente è anche molto altro». Infatti, è anche altro. Quando si parla di ambiente spesso ci si dimentica che la sostenibilità è fatta anche di sociale. Come cooperativa che cosa fate? «Nel nostro statuto è scritto che dobbiamo assicurare la valorizzazione, in altre parole il reddito dei nostri 12 mila soci; questo è già un elemento estremamente sociale perché si tratta di imprenditori agricoli di piccole dimensioni, il cui reddito dipende dal tipo di valorizzazione che facciamo. Questa è la nostra missione principale come cooperativa. È un'attività sociale mutualistica e oltre a ciò facciamo una serie di attività sui territori. Agiamo con le amministrazioni locali e le associazioni di volontariato. Abbiamo, per esempio, un'oasi delle cicogne ospitata a fianco del nostro stabilimento, aiutiamo diverse società sportive giovanili, abbiamo una cantina didattica e collaboriamo con l'istituto professionale per l'agricoltura di Faenza, perché siamo dell'idea che sia un vantaggio per tutti, se il territorio su cui agiamo è coeso e solidale». Oggi l'agricoltura si trova di fronte a grandi innovazioni, come l'uso del digitale. Come vi state orientando? «Come impresa siamo in prima linea. Abbiamo uno stabilimento industriale, quindi la tecnologia la implementiamo costantemente. Si tratta d'innovazioni positive, almeno per due aspetti, per la precisione che ha reso possibile agire in maniera estremamente mirata quando c'è il fabbisogno, con particolare riguardo alla difesa fitosanitaria e l'irrigazione. L'innovazione ha permesso di meccanizzare molti passaggi rispetto al passato ma su questo fronte è necessario unire gli sforzi. La formula cooperativa è importante perché la tecnologia avanzata richiede degli investimenti considerevoli, difficili da affrontare per le piccole aziende. Un aspetto interessante che riguarda un po’ tutti, in particolare noi grandi player del mercato, è costituito dalle nuove tecnologie per la difesa della genuinità del vino. Mi riferisco alla banca dati isotopica, strumento nuovo in continuo perfezionamento e aggiornamento che permette di monitorare costantemente, con estrema precisione l’attendibilità e la genuinità del prodotto in bottiglia. Siamo molto attenti che sia rispettato ciò che viene dichiarato, a tutela del consumatore e del mercato e naturalmente di tutti i produttori onesti». Come immagina Caviro nel 2030 e in quale contesto la vorrebbe? «Al 2030 manca poco ma sembra che i cambiamenti accadano molto velocemente. Mi piace il contesto in cui siamo, quello cooperativo, che è sempre più il punto di riferimento per i nostri soci e mi piacerebbe che fossimo in grado di dare delle risposte ancor più premianti e di soddisfazione che consentano loro di rimanere a fare gli agricoltori, di mantenere bene loro famiglie, di far studiare con profitto i propri figli. Immagino Caviro ancora più protagonista nel mondo del vino e anche nel mondo dei sottoprodotti, perché ritengo che gli investimenti che stiamo facendo ci proiettino veramente all'altezza delle aspettative. Se oggi siamo fra i player più importanti in Italia, spero saremo più protagonisti all'estero, dove ci sono ampi margini di crescita». ▲48 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 N el corso degli anni, l’agricoltura si è ritagliata uno spazio di primo piano rientrando nelle nuove agende di Governo e nella programmazione di lungo periodo in cui emerge il suo ruolo strategico di contrasto al cambiamento climatico. L’integrazione della digestione anaerobica ha trasformato le aziende agricole in hub di innovazione, con pratiche sostenibili e sempre più attente all’ambiente, mantenendo alti standard produttivi di qualità. A livello territoriale quelle che producono anche energia sono un laboratorio per l’innovazione con una straordinaria propensione al rinnovamento. Il cambio di paradigma delineato dal Green Deal, associato alla crisi sanitaria, ha acuito la necessità di accelerare il processo di transizione verso un nuovo modello economico che spingesse tutti i settori produttivi a fare la propria parte. Grazie alle risorse messe a disposizione dall’Europa, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) ha previsto numerose misure dedicate all’agricoltura, riconoscendo il valore strategico della digestione anaerobica nella transizione energetica. La possibilità di sviluppo del biometano agricolo, associata alle misure di innovazione previste dal piano, rappresenta un’occasione unica per le nostre aziende che hanno l’opportunità di affacciarsi verso nuovi mercati e di investire in innovazione, senza rinunciare alla produzione Made in Italy di qualità. Di fronte alla sfida globale, il settore agricolo è pronto a giocare una partita significativa per raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei di decarbonizzazione e neutralità climatica entro il 2050. Nel prefigurare gli scenari futuri e le potenzialità del settore agricolo in questa transizione, abbiamo lanciato il progetto “Farming For Future - 10 azioni per coltivare il futuro” per favorire la conversione agroecologica dell’agricoltura, preservando il patrimonio agricolo e zootecnico italiano e tutelando la fertilità del suolo. Partendo dal nostro modello del Biogasfattobene®, modello agroecologico circolare per produrre energia rinnovabile valorizzando residui, sottoprodotti e colture di secondo raccolto, la road map che proponiamo estende la propria prospettiva approfondendo gli impatti positivi delle pratiche agricole innovative, della fertilizzazione organica, dell’integrazione delle coltivazioni, delle tecniche di agricoltura e zootecnia avanzate, misurandone il contributo in termini di riduzione delle emissioni e riportando al centro del sistema produttivo la tutela del suolo al quale viene restituita la sostanza organica grazie all’utilizzo del digestato derivante dai processi di digestione anaerobica. Per delineare il percorso siamo partiti dalle esperienze concrete che hanno reso possibile lo sviluppo del biogas. In questi anni le aziende agricole hanno mostrato come le loro attività siano state incentivo di rinnovamento del settore agricolo. Servendoci della caratteristica predisposizione dell’agricoltura di guardare al futuro, siamo in grado di dimostrare attraverso questo progetto come lo sviluppo del biometano agricolo sia un importante driver per permettere alle eccellenze del settore primario di tornare a crescere e all’Italia di essere protagonista di una ripresa sostenibile e resiliente. ▲ Le aziende agricole saranno sempre di più al centro dell'innovazione, specialmente quella legata alla sostenibilità ambientale Agricoltura centrale IL PUNTO / di Piero Gattoni 49 L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2021 Il mondo agricolo in numEri 20 miliardi 1,4 miliardi 1 miliardo 160 milioni 19% 47% 4,4 milioni 6,5 miliardi 2,3% dell'energia prodotta sul Pianeta L'AMBIENTE IN NUMERI a cura di Sergio Ferraris S ono 20 miliardi i polli, 1,4 miliardi i bovini e un miliardo gli ovini. Ogni anno, sono 160 milioni le tonnellate di pesce prodotto, con l'acqua coltura che provvede al 47% del pesce per l'alimentazione umana, mentre le risorse ittiche forniscono il 19% delle proteine animali disponibili per persona ogni anno. In tutto il mondo ci sono 4,4 milioni di pescherecci. Le emissioni di CO 2 dell'agricoltura sono 6,5 miliardi di tonnellate l'anno, mentre il settore consuma il 2,3% dell'energia prodotta sul Pianeta. Il 38% del suolo è utilizzato per l'agricoltura, mentre il 12% è per le coltivazioni. Un lavoratore su tre sulla Terra lavora in agricoltura, mentre il settore "impiega" il 60% dei bambini che lavorano. Ogni anno si producono 370 milioni di tonnellate di patate, 110 di banane, 70 di arance e 2.500 di cereali. La disponibilità di cibo procapite sul Pianeta è di 147 kg ogni anno. La popolazione planetaria nel 2020 è di 7,8 miliardi e nel 2050 sarà di 9,7 miliardi. ▲Next >