< PreviousL'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 30 L a triste classifica dei Paesi con l’aria più inquinata colloca l’Italia al primo posto in Europa. Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente nel 2019 abbiamo avuto circa 60 mila morti premature a causa dello smog. All’origine del problema, insieme al settore agricolo e a quello della combustione delle biomasse, contribuisce in buona parte una mobilità lontana dall’essere definita sostenibile. Inoltre, il trasporto italiano è responsabile di circa un quarto (25,2%) delle emissioni di gas serra prodotte. Per decarbonizzare il settore, contribuendo per esempio al raggiungimento dell’obiettivo Ue “Fit for 55” che fissa una riduzione del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030 (in rispetto dell’Accordo di Parigi), abbiamo a disposizione una serie di tecnologie mature, pronte per essere utilizzate. Il trasporto su terra è molto complicato da decarbonizzare, ma è una sfida che deve essere vinta Trasporti: a tutta bio-elettrificazione VIA TERRA / di Ivan ManzoL'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 31 Secondo l’Ipcc la soluzione per abbattere le emissioni è dismettere l’uso di combustibili fossili, passare alle rinnovabili e accelerare il processo di elettrificazione dei trasporti Per prima cosa “dobbiamo guardare al fabbisogno”, dice Francesco Benevolo (direttore operativo di Ram Spa e docente di Economia dei trasporti all’Università europea di Roma): «Siamo di fronte alla settima rivoluzione dei trasporti. Nuove tecnologie, nuovi mezzi, droni, mobilità come servizio, lo sharing. Si tratta di una rivoluzione diversa dal passato, dove c’era una sola cosa che sostituiva un’altra. Noto che spesso quando si parla di sostenibilità e anche di innovazioni tecnologiche dimentichiamo il reale fabbisogno. Non bisogna dimenticare che prima si parte da ciò di cui abbiamo necessità e poi utilizziamo gli strumenti per raggiungere gli obiettivi. Altrimenti rischiamo di creare sistemi e grandi infrastrutture che poi non ci servono. I progetti vanno calati sulla realtà». La Ram è una società che opera in supporto al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS). Uno dei sistemi su cui puntare per rendere i trasporti sempre più sostenibili è quello dell’intermodalità, anello di congiunzione tra autostrade del mare (adm) e ferrovie. «Le adm ci sono sempre state in Italia, in pratica si fa riferimento al trasporto di mezzi gommati su un traghetto», ha aggiunto Benevolo, «a livello istituzionale sono nate nel 2004 e da allora si sono avviati vari programmi – quello europeo ‘Marco Polo’ e l’ecobonus italiano – che hanno consentito diversi passi avanti, basti pensare che oggi il 50% del trasporto merci tra Italia e Spagna avviene via mare. Sugli incentivi all’intermodalità siamo all’avanguardia, il MIMS sta lavorando per rilasciarne di nuovi per il periodo 2022-2026. L’obiettivo è quello dell’ultimo miglio, per interconnettere porti e ferrovie in modo che la merce possa viaggiare liberamente, valorizzando la rete interna degli interporti e saltando completamente il passaggio su gomma». In termini ambientali, il MIMS dice che dalla loro nascita le adm hanno fatto risparmiare 680 mila tonnellate di CO 2 (dato al 2018), equivalenti alle emissioni annue di una città di un milione di abitanti. Il Ministero sta dunque lavorando a una sorta di “biglietto unico” delle merci, dove grazie anche alla digitalizzazione si possono abbattere tempi e costi di trasporto. Per potenziare la cura “mare-ferro”, solo per la digitalizzazione della logistica delle merci il Pnrr destina 250 milioni di euro: 45 milioni andranno al sistema porti-interporti e 175 milioni alle imprese per promuovere un miglioramento dei sistemi informativi, in una logica di interoperabilità nazionale. Elettrificazione: il punto Come ricorda l’Ipcc, la soluzione principe per abbattere le emissioni nel mondo è dismettere l’uso di combustibili fossili, passare alle rinnovabili e accelerare il processo di elettrificazione, che coinvolge in pieno il settore dei trasporti, in particolare quelli “terrestri”. A che punto è questa transizione in Italia? L’ultima analisi di mercato (giugno 2022) condotta da Motus-E ci rivela che i veicoli completamente elettrici fanno registrare la stessa quota di mercato dello scorso anno (4,7%), aumentano invece le ibride (motore elettrico più endotermico, al 5,5%). Per quanto riguarda la rete, sono installati 30.704 punti di ricarica: 15.674 stazioni o colonnine e 12.410 location accessibili al L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 32 pubblico (il 77% è collocato su suolo pubblico). Per Francesco Naso (segretario generale di Motus-E) «abbiamo abbastanza punti di ricarica, ma mancano ancora tante colonnine a media e alta potenza, quelle che ci consentono di ricaricare i nostri veicoli elettrici in minor tempo. Come numero di veicoli elettrici in circolazione, invece, siamo messi male». Dopo la pandemia quello dell’auto è un mercato contratto, sia sotto il profilo della domanda sia sotto il profilo dell’offerta, dettata da crisi dei materiali e aumento dei prezzi. Un quadro che si riflette anche sull’uso degli ultimi incentivi rilasciati dal Mise. «Incentivi che potevano essere disegnati meglio» continua Naso, «non vengono per esempio considerate le flotte aziendali utilissime al processo di elettrificazione che per quanti chilometri fanno ogni giorno se elettrificate possono anche abbassare i costi per il cliente. Inoltre, avendo spalmato un po’ su tutte le tecnologie gli incentivi, anche su quelle che rientrano nel range 61-135 grammi al chilometro di CO 2 , cioè a prodotti che fanno già il 70% del mercato, non si riuscirà a far abbassare i prezzi dell’elettrico». Per incrementare il numero di auto elettriche c’è la pratica del “retrofit” che, in sostanza, interviene sul sistema di alimentazione rendendo l’auto elettrica. Ma anche qui «c’è un po’ di confusione. In questo momento è impossibile farlo in un rapporto di 1 a 1 se non reingegnerizziamo le nostre officine, anche per abbattere i costi, attualmente alti. Probabilmente in futuro bisognerà applicare il retrofit a buona parte del nostro parco auto attualmente circolante, compresi autobus e furgoni. Sarà forse tutto più semplice quando i costruttori decideranno di riprendersi i propri veicoli e applicare il retrofit su di essi. Certo è che l’acquisto di una macchina nuova è consigliato, soprattutto fino a che non ci sarà una grossa differenza di prezzo». Trasporti pesanti: il potenziale del biometano Per neutralizzare la CO 2 la cosa più efficiente è produrre il biometano da vegetali non sottratti all’alimentazione e da scarti. In questo momento più del 20% del metano utilizzato nell’autotrazione in Italia è bio ma se volessimo potremmo incrementarne l’uso a tal punto da risolvere la decarbonizzazione dei trasporti pesanti. È quanto sostiene Andrea Ricci (vicepresidente di Snam 4 Mobility) che, dati alla mano, ci parla del tema: «Grazie al biometano, che può sostituire al 100% il metano per autotrazione, potremmo decarbonizzare l’intero settore dei trasporti pesanti entro il 2030-2035. Abbiamo già la soluzione pronta e in casa, tutto il biometano di cui abbiamo bisogno possiamo inoltre produrlo in Italia». Circa 300 milioni di metri cubi di biometano vengono introdotti in rete, un dato annuale che però sta salendo velocemente. «Abbiamo il potenziale per produrne almeno dieci volte tanto entro il 2030. Ma serve una visione chiara sull’obiettivo». Una visione che al momento manca, dato che c’è anche chi vorrebbe tenere il diesel fino al 2050 «che attualmente risulta più conveniente delle alternative sia perché beneficia di uno sconto di accisa di 21 centesimi a litro e sia perché non ‘paga’ le emissioni che genera». Il nuovo decreto varato dal governo incentiva l’uso del biometano anche per altri comparti, come quello industriale. Una questione da monitorare con attenzione: facendo un esempio, un’industria che non vuole investire in nuove tecnologie potrebbe fare incetta di biometano, rischiando di penalizzare altri settori dove non ci sono parecchie alternative, come quello dei trasporti. Oggi in Italia ci sono un milione di vetture a metano che potrebbero andare a biometano, bisogna rendere questo passaggio conveniente all’utilizzatore finale. Le tecnologie per decarbonizzare e contrastare lo smog ci sono, pronte da oggi a fare la propria parte. L’Italia deve “solo” scegliere quale strada intende seguire: trattandosi di trasporti è una scelta che appare sostanziale. ▲LA WALLBOX INTELLIGENTE DI SERIE WWW.ZAPPI.EU INFO@ZAPPI.EU #SEGNI PARTICOLARI Gestione delle fonti: rete o rinnovabili Ricarica Eco plus solo da energia solare Timer programmabile Gestione del carico dinamica multipla Fino a sei zappi contemporaneamente Sempre aggiornato App gratuita L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 34 Navi rinnovabili TECNOLOGIE / di Giuliano Gabbani* L a necessità di spostarsi in mare ha prodotto un’evoluzione del movimento delle navi che ha avuto come conseguenza la spinta a ricercare soluzioni che sfruttassero le tecnologie disponibili al momento. Si è passati dalle navi a remi, commerciali o da guerra, a quelle a vela protagoniste delle più importanti scoperte dell'umanità. Una evoluzione è stata l’applicazione della caldaia a vapore che portando la spinta su ruote a mulino o su eliche ha sostituito la trazione umana, per lo più fatta da schiavi ai remi incatenati e la più antica spinta dei venti. Questa tipologia di vettore di spinta sempre attivo, ha portato come conseguenza al potersi affrancare Con le nuove applicazioni tecnologiche il trasporto navale s'avvia a diventare un vettore sostenibile al 100%L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 35 dalla necessità di avere sempre venti che garantissero lo spostamento necessario al movimento. Nel secolo scorso le navi hanno convertito la trazione con motori endotermici alimentati a derivati del petrolio; ciò ha permesso di aumentare la velocità e l'autonomia dei natanti fino a poter effettuare viaggi intercontinentali come le petroliere, navi container ecc. Con l'utilizzo dell'elettricità, questa forma di energia applicata ai motori elettrici ai primi del ‘900, nacquero natanti a trazione mista (diesel/elettrici). Lo sviluppo di questi natanti ha avuto un'accelerazione quando si è presa coscienza che questa tipologia di alimentazione aveva molti pregi rispetto ai difetti. Il concetto di propulsione elettrica non è nuovo, è nato all'incirca un secolo fa. La propulsione elettrica è stata sperimentata in passato su navi militari, navi passeggeri e navi cisterna allo scopo di evitare l'impiego di riduttori di giri di elevata potenza mossi da turbine a vapore. Invece di azionare la linea d'assi tramite riduttore, la turbina a vapore era accoppiata ad un generatore elettrico che forniva la potenza al motore elettrico di propulsione. Vennero adottati sia sistemi di corrente alternata sia sistemi di corrente continua, per i quali la regolazione della velocità era più agevole. I servizi di bordo erano alimentati da gruppi turboalternatori separati. Le applicazioni della propulsione elettrica sono aumentate tra gli anni ‘80 e ’90, quando gli sviluppi dell'elettronica di potenza hanno reso possibile il controllo della velocità dei motori elettrici entro un'ampia gamma di potenza mediante dispositivi compatti, affidabili e dai costi competitivi. Negli impianti propulsivi elettrici moderni, la generazione di energia è concentrata in un'unica centrale che provvede a fabbisogni energetici sia della propulsione sia degli utenti non propulsivi. Ecco i pregi della propulsione elettrica: • il numero dei gruppi elettrogeni in servizio è correlato alla quantità di energia richiesta, quindi è possibile utilizzare i motori primi alla percentuale di carico più favorevoli dal punto di vista del consumo specifico di combustibile. Ciò porta alla riduzione del consumo totale di combustibile, delle emissioni inquinanti e delle spese di manutenzione, specie quando la nave debba operare con grandi variazioni della richiesta di potenza; • non va trascurata la minore vulnerabilità dell'impianto in caso di avaria singola. Si possono impiegare motori diesel di alta e piccola velocità, compatti e leggeri e non va trascurata la possibilità di utilizzare gli spazi a bordo, poiché la sistemazione dei gruppi generatori non è vincolata dalle linee d'assi e dai motori elettrici di propulsione; • sono minimi anche i livelli di vibrazione e il rumore, grazie al fatto che gruppi generatori sono tutti fissati elasticamente e marciano a giri fissi (ricordiamo che nella propulsione diesel meccanica convenzionale i motori lenti a due tempi e i riduttori di giri accoppiati ai motori a quattro tempi non possono essere fissati elasticamente allo scafo, sennò questo produrrebbe uno scatenamento della struttura stessa). È da non sottovalutare la possibilità di ottenere oltre l'inversione velocissima del senso di rotazione dell'elica, la possibilità di sviluppare elevati momenti torcenti a bassi giri dell’elica, infatti, come ben sappiamo i motori elettrici hanno coppia istantanea rispetto ai motori endotermici. Si possono utilizzare sia l'elica a pale orientabili sia l’elica a pale fisse. Ecco gli svantaggi della propulsione elettrica: • il principale è il costo d’acquisto elevato dell'impianto, maggior peso rispetto all'impianto diesel meccanico con motori diesel a quattro tempi. Le inevitabili maggiori perdite nella catena di conversione dell'energia da meccanica ad elettrica e quindi a meccanica, anche se i rendimenti elettrici -non sottovalutiamolo- sono di per sé molto più elevati rispetto a quelli meccanici; maggior numero di componenti L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 36 *Professore UNIFI – Dipartimento Scienze della Terra, Presidente Comitato Scientifico di Ecofuturo dell'impianto, quindi generatori, trasformatori, azionamenti a velocità variabile, motori elettrici di propulsione; • la necessità da parte degli armatori di adottare differenti strategie operative e manutentive impiegando personale addestrato allo scopo. Si può affermare che la convenienza dell'impianto elettrico in termini di costo globale, cioè costo iniziale più costi di esercizio, è tanto maggiore quanto è maggiore la percentuale del carico elettrico non propulsivo rispetto a quello del carico elettrico propulsivo. Il futuro della propulsione navale si può riassumere in due tecnologie emergenti: l’utilizzo del Biometano sia per trazione diretta al posto dell’inquinante BUNKER sia come combustibile dei generatori diesel/ elettrici. Il futuro deve essere lo sviluppo massiccio delle navi merci che possono percorrere le autostrade del mare in sostituzione dei trasporti su ruota perché abbiamo 8mila km di coste e moltissimi porti, che ecodragati potranno avere i fondali adatti e fare da hub per il trasporto e il carico delle merci su distanze accettabili ovviamente. È necessario fare una svolta tecnologica a 180° perché lo chiede la transizione energetica, ma lo chiede principalmente la situazione del riscaldamento globale. Dobbiamo ridurre al minimo le emissioni di gas climalteranti come CO 2 , CH4; quindi è impensabile che le navi da crociera e le altre tengano i generatori di bordo (almeno 5 MWe), sì necessari, ma accesi quando sono ancorate in banchina per le operazioni di carico e scarico, emettendo come una coda chilometrica di auto a combustione interna ferme ad un rallentamento. Non bisogna sottovalutare le nuove tecnologie atte a favorire la transizione energetica e il contenimento delle emissioni in generale. Alcuni importanti partner di Ecofuturo hanno affrontato il problema della fornitura di energia elettrica sulle banchine, è poco attuabile che i natanti nei porti principali quando sono molti, si allaccino simultaneamente alla rete elettrica nazionale; certamente sarebbero necessarie centrali dedicate di alta potenza, per questo fatto si sono implementate tecnologie che sicuramente risolverebbero questo problema. La soluzione è il cosiddetto cold ironing, il sistema con cui una nave ormeggiata in banchina riceve corrente elettrica direttamente da terra. Per implementare questa tecnologia nei porti, Fincantieri, attraverso la sua controllata Fincantieri SI, ha avviato una serie di accordi, tra cui quello con Enel X per la realizzazione di infrastrutture portuali di nuova generazione e l’elettrificazione delle attività logistiche a terra. L’utilizzo del cold ironing, è il pensiero di molti, può essere favorito attraverso una revisione dell’iter di autorizzazione (che deve essere accelerato) e un intervento sulla fiscalità, perché oggi l’armatore pagherebbe di più l’energia da terra che quella prodotta a bordo. La crescente varietà di carburanti non fossili di origine biologica o di sintesi crea una forte domanda di soluzioni tecnologiche per la produzione di energia. Ciò ha prodotto l’idea (made in Ecomotive Solution) che per motorizzare le centraline di cold ironing si possano utilizzare, con il Dual Fuel, i carburanti alternativi bio o di sintesi assieme al biometano, trasformando così normali motori diesel in propulsori sostenibili. Perciò si potrà utilizzare il syngas (gas di pirolisi delle biomasse), il Biometano e il BioGNL, tutto trasportato in banchina da cisterne criogeniche che non necessitano lo stoccaggio, con autorizzazioni più rapide e agili e soprattutto più economiche. Riassumendo: le navi, come i nostri antenati consideravano, saranno il modo migliore, più veloce e soprattutto più rispettoso dell’ambiente per movimentare merci e passeggeri. ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 38 Sostenibilità in volo L e mele cadono. Se ne accorse Isacco Newton che, vedendone cadere una, scoprì la legge della gravitazione universale. Una legge che ha influenzato qualsiasi cosa voli, animale o umano che sia, fino ai nostri giorni. Fino a quando ciò che volava di umano era più leggero dell'aria il bilancio energetico del volo era tutto sommato irrisorio, ma dal 17 dicembre 1903, con il primo volo del Flyer I, spinto da un motore di 12 CV, per la distanza di 36 metri e la durata di 12 secondi, ad opera dei fratelli Wright sulla spiaggia di Kitty Hawk, tutto cambiò. L'aeroplano dei fratelli Wright a motore, infatti, necessitava d'energia per volare, energia che era condensata in una densità mai vista prima nel petrolio. E da allora l'energia per vincere la forza di gravità d'oggetti sempre più pesanti è stata fornita Il volo oggi è insostenibile sotto il profilo ambientale, ma i margini di miglioramento ci sono VIA ARIA / di Francesco Del Conte*L'ECOFUTURO MAGAZINE luglio/agosto 2022 39 dal petrolio che è stata fino a poco tempo fa la fonte, portatile, con la più alta densità energetica che abbiamo avuto a disposizione. Oggi l'Airbus 321XLR, apertura alare 32 metri, per 101 tonnellate di peso è spinto da due motori a reazione 32.000 CV entrambi, con ben 23.700 litri di carburante fossile nei serbatoi. Se a ciò aggiungiamo il fatto che immediatamente prima della pandemia erano 93 mila i voli di linea che solcavano i cieli ogni giorno (fonte: Automatic Dependent Surveillance Boradcast) appare chiaro che la CO 2 emessa a livello mondiale è parecchia. CO 2 in quota Il viaggio in aereo è quello che emette di più. Sono 285 i grammi di CO 2 per passeggero/km emessi dagli aerei, contro i 104 delle automobili, i 68 degli autobus e i 14 dei treni (Fonte: Eea - Agenzia europea dell'ambiente). È ovvio del resto. Tenere per aria 101 tonnellate di metallo alla velocità di 900 km/h non è esattamente una cosa che si possa fare con poca energia. Oggi il settore emette il 3% delle emissioni climalteranti mondiali ma è in rapida crescita. Tra il 2013 e il 2019 le sue emissioni sono aumentate del 32% e le prospettive dello scenario Bau (Business as usual) non sono incoraggianti. Al 2050 ci saranno 10 miliardi di passeggeri ogni anno per 20 mila miliardi di chilometri percorsi con le emissioni che arriveranno a 2,35 miliardi di tonnellate di CO 2 , 2,6 volte quelle del 2019. Chiaro quindi come International Air Transport Association (Iata) abbia fissato come obiettivo un meno 50% di emissioni nette di CO 2 del settore entro il 2050. Uno studio dell'agenzia Deloitte Decarbonizing Aerospace, ha analizzato tutte le leve che il settore può utilizzare per decarbonizzarsi. La buona notizia è che non solo ciò è possibile ma si può arrivare a una diminuzione delle emissioni dell'85% rispetto ai 2,35 miliardi di tonnellate di CO 2 prospettati nello scenario Bau al 2050. La cattiva notizia è che la cosa non sarà semplice, servono una gamma di soluzioni allargate perché il GHG Protocol, protocollo internazionale per la classificazione delle emissioni aziendali mette l'aviazione civile nel capitolo dello Scope 3, ossia nei segmenti che sono tenuti al calcolo dell'impronta di carbonio del settore nell'intero ciclo di vita e che quindi non dipende dalla sola industria aerospaziale. E la riduzione chiesta è del 70% al 2050. La ricerca identifica quindi cinque campi dove è possibile intervenire: il design (progettazione e produzione), la gestione dello spazio aereo, le nuove strutture, le nuove tecnologie di propulsione e i nuovi carburanti. Per quanto riguarda la progettazione e produzione, le potenzialità maggiori sono offerte dal digital twin, sistemi di realtà virtuale condivisa in cloud in tempo reale tra progettisti, la prototipazione rapida, la manifattura additiva, ossia la stampa 3D, molto utile per tutto il settore della ricambistica, l’approvvigionamento etico delle materie prime, l’utilizzo di fonti rinnovabili nella manifattura e di tecnologie efficienti a livello energetico, nonché l’accorciamento della filiera dei fornitori. Gli aeromobili possono migliorare l'aerodinamica e diminuire di peso, grazie ai nuovi materiali. Puntare sui materiali compositi, che hanno un’impronta di CO 2 nel ciclo di vita completo inferiore del 20% rispetto ai metalli, e sulla stampa 3D per diminuire il peso del 15-25%. Motori al volo Per quanto riguarda il volo si sta lavorando all'efficientamento della propulsione. Si sta studiando l'elettrico per i voli a corto e medio raggio, ma siamo ancora abbastanza distanti da soluzioni concrete, mentre per il lungo raggio si pensa ai carburanti bio e sintetici Safs (Sustainable Aviation Fuel). I primi, bio, sono ottenuti da scarti biologici, come quelli da rifiuti alimentari e agricoli, con alcune MENO CO 2 IN VOLO Lo studio dell'agenzia Deloitte "Decarbonize Aviation" quantifica anche il ruolo che ciascuno dei campi individuati avrà nel proces- so di carbonizzazione. Ecco i numeri: 45% per i Safs; 18% per l’elettrico; 8% il design; 6% per la gestione del traffico ae- reo; 5% l’idrogeno; 3% grazie alle infrastrutture. In questo modo il volume della CO 2 prodotta dall’aviazione civile nel 2050 può essere abbattuto dell’85%.Next >