< PreviousINNOVATION TECHNOLOGY AMBIENTALE ECONOMICA ÈLACHIAVEPEROTTIMIZZARECOSTIEPROCESSI ORGANIZZATIVIRIDUCENDOLEEMISSIONI Conunutilizzoottimizzato delcloud,leimpreseriducono leemissionidianidride carbonicadeilorodatacenter dioltreil AttraversostrumentidigitalicomeOneDrive, Outlook,Licenzeearchiviazionedidocumentiin cloud,riducedioltreildeicostidi gestioneorganizzativi SOCIALE Graziealdigitaleèpossibilecrearedellepiattaforme inclusiveingradodiridurreladistanzatralepersone Nodesiimpegna concretamenteperla sostenibilitàattraversoun contributo: www.node.coop 90% 55%L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2023 21 PERSONAGGI / di Elisabetta Ambrosi Due passioni: il viaggio e il futuro. È così che s’innesca il cambiamento secondo Daniel Tarozzi «C erto che servirebbero leggi giuste. Certo che la politica sarebbe fondamentale. Ma la politica - o meglio i politici - non cambia, né in Italia né altrove. E allora dobbiamo costruire altri modi per trasformare la realtà». Daniel Tarozzi, 46 anni, giornalista, oggi vive con la sua compagna e sua figlia ad Alto, in mezzo ai boschi e monti liguri, dove ha fondato, insieme ad altri “Altopia. La casa del cambiamento“, un progetto di doposcuola e centro estivo per bambini e famiglie in mezzo alla natura. In vent’anni ha scritto alcuni libri, tutti incentrati sul tema del cambiamento e fondato alcuni giornali web, tra cui “Italia che cambia”, un vero e proprio portale delle migliaia di realtà italiane che il cambiamento lo stanno già mettendo in pratica. Nonostante media e giornali non le raccontino, perché «la nostra informazione non fa quello che dovrebbe fare, ovvero accompagnare i problemi alle soluzioni, che quasi sempre esistono, ci sono». Come è arrivato dalla laurea a Roma al viaggio in camper? «Ho studiato Scienze della Comunicazione a Roma con una tesi sul giornalismo d’inchiesta. Era un’altra era, il web agli inizi, pochissimi L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2023 22 giornali on line, non c’erano né blog né social. Dopo un corso di giornalismo ambientale – organizzato in Aspromonte da Legambiente - sono finito a Milano, dove ho lavorato per la TV. Ma non era in alcun modo il mio ambiente, così decido di lasciare e fondare un giornale, che si chiamava “Terranauta”, aggregando un gruppo di giornalisti sui temi della finanza etica, decrescita, permacultura, economia circolare. Nel 2010 lo chiudo e ne cofondo un altro, che si chiama “Il Cambiamento” che lascio nel 2013. Ma il momento chiave è il 2012». Che cosa succede in quell’anno? «Dopo dieci anni di lavoro alla scrivania decido di andare a vedere le cose con i miei occhi. Recupero un vecchio camper e parto per un viaggio di sette mesi e sette giorni alla ricerca dell’Italia che cambia. Non voleva essere solo un percorso sugli ecovillaggi o le energie rinnovabili ma sul cambiamento a 360 gradi: da chi combatteva le mafie a chi cambiava le periferie della città. Mi aspettavo di trovare pochi isolati eroi, in fondo il cliché in cui viviamo è che l’Italia e gli italiani facciano schifo, invece ho avuto una inondazione di segnalazioni e in sette mesi ho incontrato 450 progetti di cambiamento in tutte le regioni: non solo l’Emilia o la Toscana ma anche la Calabria o il Friuli. Da questo viaggio è nato il progetto e sito giornalistico “L’Italia che cambia”. E un libro, Io faccio così. Viaggio in camper alla scoperta dell’Italia che cambia (Chiare Lettere)». Come agisce il giornale “Italia che cambia” e quali contenuti produce? «Nasce come progetto collettivo nel 2013, siamo circa quindici giornalisti sparsi per l’Italia, perché l’idea è stata subito di fare il sito anche su base regionale. Al momento esiste in sei regioni, speriamo di aprirlo in tutte. Il progetto ha un forte orientamento verso il Sud, ricchissimo di esperienze innovative, non a caso quando si apre il sito la mappa dell'Italia appare capovolta: perché dire che in Sicilia si “scende”, a New York “si sale” è oggi veramente anacronistico. Nella mappa del sito ci sono 3.500 progetti e siccome in tantissimi continuavano a chiedermi cosa fare per cambiare insieme a 100 realtà e con Andrea Degl’Innocenti ho scritto il libro E ora si cambia. 500 azioni per gli individui, le imprese e le istituzioni che vogliono ricostruire il paese (Terranuova editore)». Lei rivendica un modo diverso e nuovo di fare informazione «Quando lavoravo in TV quello che mi colpiva era come la televisione tendesse solo a riprodurre stereotipi. Io non dico che non bisogna raccontare ciò che non va, ma bisogna dare le alternative di fronte ai problemi. E no, non si tratta di fare il giornalino delle buone notizie, un ghetto ma di accompagnare i problemi alle soluzioni che ci sono quasi sempre. Se in un momento di crisi economica delle realtà innovative assumono, questa dovrebbe essere una notizia da prima pagina. Allo stesso modo, se racconti le guerre, dovresti anche dirmi cosa posso fare per non finanziarle, per esempio togliere i miei soldi da certe banche. Ancora, se parli della Sicilia e del pizzo raccontami anche la realtà di Addiopizzo che ha cambiato l’immaginario di Palermo. Oppure ricordami che Scampia è il quartiere con più associazioni in Italia, con incredibili progetti di integrazione, anche dei Rom». Tuttavia non è facile cambiare in un sistema politico che non solo non aiuta il cambiamento, lo affossa «Certo, se guardiamo alle politiche degli ultimi governi tutto sembra pensato per contrastare il cambiamento. Io non voglio fare un discorso qualunquista che sottovaluti quanto sia importante la parte legislativa e politica. Ma detto questo, ho visto governare la DC e Craxi, Berlusconi, Renzi e Meloni. Il governo Draghi aveva come ministro della transizione Roberto Cingolani e L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2023 23 questo vuol dire che davvero nessuno, a parte forse piccoli esperimenti portati avanti dai Cinque stelle ma poi abortiti, si è interessato all’ambiente. Insomma, sarebbe bello che i politici cambiassero ma non cambiano, E allora facciamolo noi: quando si fa la spesa, quando si cambia banca, quando non si compra l’usa e getta, tutto questo cambia le aziende». È vero però che spesso non è comodo cambiare a livello individuale. È faticoso, il tempo manca. «Certo, infatti nessuno giudica nessuno, inoltre non stiamo parlando di utopia ma di piccole cose: come cambiare gestore elettrico scegliendone uno che sia cento per cento rinnovabile, oppure non comprare l’acqua (e se non piace mettere dei filtri)». Per quello che ha visto, ci sono interazioni tra questo mondo in cambiamento e la politica? «Ci sono senz’altro meravigliose esperienze a livello amministrativo e comunale, esperienze di lotte vinte arrivate poi a livello politico. Questi mondi dal basso vogliono moltissimo essere rappresentati, cercano la rappresentazione politica. Ricordiamoci il referendum sull’acqua pubblica e sul nucleare. Ma poi vede cosa fa la politica?». Quali sono cinque o sei urgenze fondamentali? «Sicuramente la prima è chiedersi dove vanno i propri soldi e togliere i soldi alle banche armate; la seconda è chiedersi da dove viene la propria energia e cambiare gestore energetico, la terza eliminare l’usa e getta senza credere all’alternativa della bioplastica e poi cambiare mentalità sulla mobilità. Certo che la macchina elettrica è meglio ma la macchina migliore è quella che non usi. Dobbiamo costruire una mobilità che non ruoti più intorno alla macchina privata. Ancora, sul cibo: qui la scelta è egoistica, perché si tratta di salute. Mangiare meglio, magari spendendo un poco di più, significa poi spendere meno in farmaci e sanità. Infine, l’altra misura è smettere di cementificare, una casa su cinque in Italia è vuota, non ha più senso costruire nulla, solo riconvertire l’esistente». Il suo ultimo libro parla di come mutano sentimenti e amore nell’Italia che cambia. Come mai ha scelto di dedicarsi a questo tema? «Sì, il libro si chiama Come amano gli italiani. Viaggio nell’amore e nel sesso che cambia (Amrita Edizioni). Dopo aver girato l’Italia per un po’, abbiamo deciso di raccontare anche come stava cambiando l’amore, le relazioni sentimentali e sessuali, ma anche la genitorialità. Oggi siamo tutti figli di genitori separati o genitori separati, insomma tutto è diverso, prima c’era un solo modello, il matrimonio che magari contemplava anche l’adulterio. Oggi invece la sessualità ha varie sfaccettature, c’è il poliamore, il sadomaso, ma il libro affronta anche il tema della crescente sterilità e della fecondazione e dell’utero in affitto. Ascoltando anche la voce di esperti, psicoterapeuti e avvocati». Concludendo (e richiamando anche un suo libro di molti anni fa sul bene e il male): la crisi ecologica non nasce a suo avviso anche da una confusione di valori o anche da una crisi dei valori? «Quando abbiamo realizzato la mappa delle realtà, abbiamo molto discusso di quali fossero i criteri per inserire una esperienza. Non era facile spesso decidere, allora abbiamo fatto un’indagine tra filosofi e maestri spirituali. Credo che uno dei problemi principali di oggi sia la mercificazione della realtà, tutto viene misurato a livello economico e perde di senso. Bisogna ripartire dalla cultura e da una proposta valoriale che sia però inclusiva, non giudicante, che non crei un noi e un loro. Religione e spiritualità spesso si mischiano, ma sono convinto che si possano separare. E che si possa essere critici verso la religione e al contempo profondamente spirituali». ▲L'INCHIESTAdi Sergio Ferraris* PNRR con le spine L’esecuzione del PNRR mette a nudo tutta una serie di inefficienze del Sistema Italia E ra tutto già scritto. Fin dalle prime bozze del PNRR, correva gennaio dell’anno 2021, fu chiaro che sarebbe stato un percorso spinoso. Il Governo Conte II, composto da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Liberi e Uguali e Italia Viva, approva il PNRR seguendo le indicazioni del Consiglio Europeo straordinario del luglio 2020 che decise di attivare un fondo da 750 miliardi di euro dei quali all’Italia è andata la fetta più grande con 191,5 miliardi, di cui 70 miliardi - il 36,5% - a fondo perduto e 121 miliardi - il 63,5% - in prestiti. A questa cifra il Governo aggiunse 30,6 miliardi per i progetti esclusi dall’importo originario; la dotazione complessiva del fondo raggiunge i 222,1 miliardi. (Per chiarezza espositiva d’ora in avanti faremo riferimento ai 191,5 miliardi provenienti da Bruxelles N.d.R.). Fin dalle prime bozze, trapelate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, era evidente che qualcosa non andasse. Nonostante l’indirizzo dell’Europa fosse sull’organizzare piani coerenti, fattibili in tempi rapidi – lo scopo del piano europeo, chiamato anche Next Generation EU, era quello di risollevare l’economia del Vecchio Continente fiaccato dalla pandemia del Covid 19. Con un piano che possiede un’alta componente green, per il 37% mentre per il 21% è dedicato agli investimenti nel digitale, sono venuti al novembre/dicembre 2023 L'ECOFUTURO MAGAZINE 25 pettine buona parte dei problemi storici del Bel Paese. Progetti scoordinati, con poca coerenza complessiva e nessuna chiarezza sugli obiettivi erano racchiusi nelle oltre 700 pagine delle tre bozze, con il culmine nella prima di queste, nella quale in tutte le tabelle dove erano evidenziati i risparmi di emissioni climalteranti delle politiche promosse dal PNRR, faceva bella mostra una serie di punti interrogativi. Era netta l’impressione che anziché un piano organico, il PNRR fosse una collezione di progetti estratti e magari dimenticati dai cassetti dei ministeri. Eppure, si trattava di un’occasione ghiotta. Il Governo Conte era riuscito ad accaparrarsi la fetta più grande dei 750 miliardi: 221,1 miliardi in origine, il pezzo di torta più grande di tutta Europa; 750 miliardi composti da 390 miliardi di euro di sovvenzioni e 360 miliardi di euro in prestiti a lunga durata che dovranno rientrare entro il 2058. Tassi ignoti E già sulla parte in prestito si apre un giallo. Già, perché su questo l’Unione Europea ha avuto poco coraggio visto che il tasso d’interesse sulla parte in prestito - per l’Italia 121 miliardi di euro - non è noto se non poco prima dell’erogazione del finanziamento. In pratica, la Commissione Europea invia al ministero del Tesoro una «confirmation notice» nella quale si trovano i costi del finanziamento solo a ridosso dell’erogazione della tranche di prestito. Le condizioni si conoscono solo dopo la firma, o meglio la richiesta da parte degli Stati membri. Si tratta di tassi variabili che prima della stretta monetaria “anti inflazione”, voluta dalla Banca centrale europea nella persona di Christine Lagarde, che oltre a strangolare famiglie, imprese e Stati aumentando il costo del denaro, a questi ultimi ha messo un triplo cappio al collo. Il primo cappio è quello dell’aumento dei tassi d’interesse sui titoli pubblici, il secondo è quello del deprimere la richiesta interna grazie al rincaro del costo del denaro per imprese e famiglie, con conseguente compressione del Pil e il terzo è quello dell’aumento di costo dei finanziamenti legati al PNRR. Una ricetta, quella della Lagarde, che se già è discutibile poiché combatte un’inflazione esterna dovuta all’aumento dei costi dell’energia e a cascata delle materie prime con strumenti consoni all’inflazione interna, appare ancora più Le prime bozze del Pnrr brillavano per il livello d'approssimazione dei progetti e per l'inesattezza dei datiC0s’è River Cleaning? Perchè sceglierlo? RC Deflector nasce con l’obiettivo di deviaree fare scorrere libera- mente verso vallealghe, rami e altri vegetali preziosiper l’ecosistema fluviale. Considerando che l’85% dei detriti intercettati sono diorigine organi- ca, lasciarli accumulare negli sgri- gliatori dellecentrali idroelettriche rappresenta un costo non irrisorio in quanto verranno smaltiti comerifiu- to speciale. DEVIATORE PER L’IMBOCCO DEL CANALE DI PRESA PRESSO CENTRALI IDROELETTRICHE Seguici sui nostri canali Social www.rivercleaning.com • info@rivercleaning.com • Tel: +39 0424 881323 PER SAPERNE DI PIÙ River Cleaning è un progetto italiano attivo nella blue economy, pensato per ridurre l’inquinamento degli oceani causato dai rifiuti plastici e oleosi che, per l’80%, arriva nei mari attraverso i fiumi del mondo. NUOVO SISTEMA RC DEFLECTOR novembre/dicembre 2023 L'ECOFUTURO MAGAZINE 27 azzardata alla luce del PNRR. Per giustificare questo meccanismo l’Unione Europea ha spiegato più volte che con le garanzie dei paesi partecipanti al finanziamento Next Generation Ue i tassi sarebbero più convenienti di quelli ottenuti dai singoli, come l’Italia che ha uno spread sui titoli di Stato tedeschi, che sono il riferimento più alto di altri paesi. Se però Christine Lagarde dovesse perseverare nella sua logica di “mercato” e dovesse continuare a fare salire i tassi d’interesse europei, collocare titoli pubblici oggi (novembre 2023) potrebbe essere molto più conveniente che non accedere al PNRR tra un anno. Senza timone Il vero problema è che per pilotare una nave, o meglio uno Stato, con questi lacci e lacciuoli e con la benda che impedisce di vedere l’altezza delle onde, ossia degli interessi, occorre una mano ben salda e soprattutto convinta. Significativo il fatto che sulle prime tranche di finanziamenti non siano stati resi pubblici, dal ministero del Tesoro, i tassi d’interesse applicati. Questa logica la aveva ben presente Mario Draghi, non a caso ex presidente della BCE che aveva in mano le redini dell’economia europea durante la crisi del debito sovrano europeo e che ha applicato al PNRR la sua nota frase «Whatever it takes» (costi quel che costi), pronunciata nel 2012 in occasione della crisi. Con il suo arrivo al Governo, il 13 febbraio 2021, il PNRR cambia pelle. L’esecutivo Draghi sfronda buona parte dei progetti, riscrivendolo in buona parte, ma soprattutto dotandolo di un cronoprogramma e di un attento sistema di monitoraggio. Una nota di colore. Con Draghi, il dibattito pubblico e mediatico con le relative polemiche politiche praticamente si azzera, rispetto a ciò che successe con Conte e non perché non ci fossero più fughe di bozze dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, tutt’altro. Tutte le bozze uscite dalla gestione Draghi erano native in inglese tecnico economico e quindi incomprensibili alla gran parte dei politici e dei giornalisti. Nonostante la riscrittura di Draghi, il problema di fondo è lo stesso. La Pubblica Amministrazione resta un “burosauro” con una scarsa capacità di programmazione per obiettivi e un’ancora più scarsa capacità previsionale. Se a ciò aggiungiamo l’instabilità politica tipica dell’Italia, ecco che il quadro si completa. Governo instabile L’instabilità è arrivata con il Governo Meloni che ha immediatamente rimodulato il PNRR messo a punto da Mario Draghi, fondando un ministero apposito senza portafoglio per la gestione del PNRR, affidato a Raffaele Fitto. Inviato il nuovo PNRR a Bruxelles l’Europa ha risposto affermativamente pagando la terza e quarta tranche del PNRR, ma non solo. Ha portato la dotazione finanziaria da 191,5 a 194,4 miliardi, 2,9 miliardi in più, di cui 1,3 a fondo perduto e 1,6 in prestiti. La situazione è migliorata nel 2023 visto che delle dodici scadenze del 2023, undici sono state completate e manca “solo” quella relativa ai bandi pubblici per il cloud delle amministrazioni locali. Ma è il 2024 che fa tremare i polsi. Delle nove scadenze del 31 marzo 2024 nessuna è stata avviata e tra queste ci sono cose non esattamente semplici quali la semplificazione delle procedure per la realizzazione delle rinnovabili, l’aggiudicazione dell’appalto per l’alta velocità tra Salerno e Reggio Calabria e l’aggiudicazione degli appalti dell’alta velocità nel Nord-Est. Il numero di colonnine di ricarica per le auto elettriche, con il 40% del piano generale completato entro giugno 2024, è quasi certo che non sarà raggiunto; oggi siamo a 25% mentre dovremmo essere a 32,5%. Più in generale, abbiamo ritardi notevoli sulle scuole, sulla riforma della giustizia e sui rifiuti. Si tratta di ritardi che potrebbero essere problematici poiché dall’anno prossimo entreremo nel vivo del Piano. «Il picco di spesa per il PNRR si avrà nel biennio 2024- 2025, con valori annuali che supereranno i 45 miliardi. La nuova pianificazione delle spese ha contemplato una “traslazione” in avanti di oltre 20 miliardi complessivi delle spese assegnate al triennio 2020-2022», ha fatto notare la Corte dei Conti. Gestire 90 miliardi di spesa nei prossimi due anni non sarà uno scherzo, e vanno gestiti bene, pena la restituzione a Bruxelles. Uno dei problemi di fondo è il personale. «Le modalità di reclutamento del personale dedicato al PNRR con formule non stabili hanno fatto emergere non poche difficoltà per le Amministrazioni nel garantire la continuità operativa delle strutture che, al contrario, necessiterebbero di un quadro di risorse certo per tutto l’orizzonte temporale del Piano», aggiunge sempre la Corte dei Conti. In pratica, la Pubblica amministrazione ha integrato organici già carenti per l’ordinaria novembre/dicembre 2023 28 L'ECOFUTURO MAGAZINE amministrazione con personale incaricato non per tutto il periodo del PNRR, creando non pochi problemi nei flussi di lavoro. Ecologia e sociale affondati Una situazione che ha portato nei mesi scorsi diversi problemi proprio riguardo alle Pubbliche Amministrazioni. Il Governo ha rimodulato la quarta rata da 16,5 miliardi per blindarla sul fronte di Bruxelles definanziando interventi come le piccole opere locali, quelle di rigenerazione urbana, i fondi contro il dissesto idrogeologico e le infrastrutture sociali di comunità. Si tratta di circa 42.786 progetti attivi, appartenenti a nove tipologie d’investimento registrati con il Codice Unico di Progetto, lo strumento che permette il funzionamento del sistema di monitoraggio degli investimenti pubblici. Ebbene, questi progetti secondo il Governo sarebbero a rischio di non essere realizzati entro il 2026, oppure sono stati decretati inammissibili, a posteriori, dai tecnici, o ancora giudicati troppo frammentati. Il problema è che molte amministrazioni locali hanno già fatto e assegnato bandi per 12,3 miliardi e impegnato risorse che non avranno dal PNRR. Il Governo afferma che questi interventi saranno coperti da altre risorse, principalmente dai fondi di coesione, ma i sindaci coinvolti sono sul piede di guerra, anche perché i fondi di coesione arrivano ai comuni attraverso le regioni con tempi biblici e non Non sapere il tasso d'interesse della parte in prestito del Pnrr sarà uno dei fattori d'instabilità dei bilanci nazionali*Giornalista scientifico, caporedattore “L’Ecofuturo Magazine” novembre/dicembre 2023 L'ECOFUTURO MAGAZINE 29 v’è certezza che arrivino, mente i bandi assegnati hanno valore legale. Tra parentesi, sempre il Governo non ha dichiarato dove saranno indirizzate le risorse prelevate ai comuni che comunque arriveranno da Bruxelles. «Sono rimasto veramente molto colpito da questa decisione che non era stata negoziata con i comuni di uno spostamento di risorse da progetti su cui già sono state fatte le gare e con molti cantieri già aperti», afferma Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, città tra le più colpite dai tagli. Sembra che sia un taglio ideologico, visto che tutto il definanziamento riguarda la transizione ecologica, in particolare energetica, e l’inclusione sociale. Oltre a ciò, si tratta di questioni già note fin dalla prima bozza del PNRR, opera del Governo Conte II. Le grandi città perderebbero 229,5 milioni di euro, Roma; 168,7, Milano; 146,6, Genova e 142,1 Napoli. Un totale di 686,9 milioni. Il più svantaggiato è il Sud Italia che ci rimette 5,6 miliardi contro i 4,1 miliardi del Nord e i 2,3 del Centro. L’impressione netta è che ora, dopo l’approssimazione del Governo Conte che ha portato a casa il risultato e il pragmatismo di quello Draghi, con l’esecutivo Meloni si sia entrati in una fase di gestione del PNRR “politica” per non dire “ideologica”. ▲Next >