< PreviousE nrico Giovannini, il volto della sostenibilità in Italia, già co-fondatore dell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, ora è Ministro dei Trasporti e uno dei suoi primi atti è stato quello ribattezzare il Ministero, aggiungendo "sostenibili" alla dizione. Un segnale chiaro della direzione che imprimerà al dicastero che dirige. Lo abbiamo intervistato nei giorni immediatamente seguenti al giuramento come ministro per sapere cosa c'è dietro all'aggettivo "sostenibile". Lei ha immediatamente ribattezzato il Ministero delle infrastrutture e della mobilità aggiungendo l'aggettivo "sostenibile". Una sfida importante poiché i due settori sono tra i più "insostenibili". Quale sarà il suo approccio generale per tener fede al "nuovo" aggettivo del suo dicastero? «Oltre al cambio del nome del Ministero stiamo procedendo a una riorganizzazione interna. La preparazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza è una priorità e dobbiamo tener presente un aspetto di cui si discute poco ma fondamentale, soprattutto per le infrastrutture: per accedere ai fondi del Next Generation Eu, i progetti del Piano devono essere realizzati entro il 2026. Questo vuol dire che se, per esempio, decidiamo di finanziare una linea o una tratta ferroviaria bisogna renderla fruibile entro quell’anno. Al ministero che guido, sono stati assegnati circa 48 miliardi di euro. Serve perciò un cambio di passo per Ecologia in movimento L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 20 PERSONAGGI / di Sergio Ferraris Mettere ai trasporti Enrico Giovannini è una sfida ma anche un'opportunità. Per l'ambiente e tutti noi 20presentare progetti e renderli operativi in tempi brevi. Infatti, il Pnrr dev’essere presentato alla Commissione Ue entro aprile. Al riguardo, ho costituito un “Comitato Pnrr", un gruppo di lavoro che coinvolge tutte le direzioni del Ministero competenti all’interno del quale operano cinque team specializzati». Andiamo nello specifico. Per la mobilità delle persone in tempi di Covid-19, siccome la pandemia ha messo in crisi il trasporto collettivo, come pensa di agire? «Sul trasporto pubblico locale il governo ha competenze limitate dato che i servizi sono gestiti dalle Regioni e dagli enti locali. A noi il compito di arrivare a una sintesi. Per questo abbiamo avviato un tavolo con i prefetti per superare le problematiche e cercare di individuare le migliori soluzioni. Abbiamo anche creato un gruppo per il monitoraggio insieme al Ministero dell'Interno, alla Conferenza delle Regioni e all'Anci per approfondire le questioni più critiche e seguire le modalità di impiego delle risorse stanziate per superare l’emergenza. Riguardo invece alla mobilità in generale, stiamo lavorando per garantire la sicurezza dei mezzi di trasporto pubblico in vista di una ripresa degli spostamenti che, ci auguriamo, possa avvenire al più presto anche grazie alla campagna vaccinale». Trasporto merci. L'Italia ha da sempre il primato assoluto per il trasporto merci su gomma, nonostante abbia una buona rete ferroviaria al Centro e al Nord e sia circondata dal mare. Pensa sia possibile intervenire su ciò? E come? «In Italia esiste una forte divergenza tra Nord e Sud per quanto riguarda la qualità del trasporto su ferro. La buona notizia è che non siamo all’anno zero ma ripartiamo da quanto di buono è stato finora fatto. Al riguardo, il Ministero, le ferrovie, e i porti, stanno già muovendosi nella direzione richiesta dalla Commissione europea. Inoltre, il mondo della finanza che può dare un contributo importante per la trasformazione delle infrastrutture del Paese, si orienta sempre di più verso investimenti sostenibili. Per fare due esempi, il Ministero dell’economia e delle finanze ha recentemente lanciato il suo primo Btp green, mentre la Banca europea degli investimenti, che ha finanziato l’alta velocità Napoli-Bari, ha annunciato che non sosterrà più progetti basati sulle fonti fossili. Credo che anche il nuovo nome del Ministero, diventato ‘delle infrastrutture e della mobilità sostenibili’, aiuti a far capire a chi ha intenzione di investire nel nostro Paese che per noi sarà fondamentale l’impatto dei progetti sui cittadini, in termini di miglioramento della qualità della vita». Una parte importante del trasporto merci rimarrà su gomma. Esistono diverse modalità, come gli autotreni elettrici, quelli alimentati a GNL e in futuro l'idrogeno. Come avverrà in futuro il cambio in direzione di una maggiore sostenibilità del settore? «La creazione all’interno del governo di uno specifico Ministero 21 L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 PERSONAGGIPERSONAGGIdedicato alla transizione ecologica non è un caso. Abbiamo bisogno di accelerare il processo di transizione nel rispetto dei diritti dei lavoratori. Ripeto da tempo che la transizione ecologica o è giusta oppure non è. Per quanto riguarda l’alimentazione a idrogeno che deve essere verde, altrimenti non avremo i benefici attesi, e gli altri sistemi di alimentazione del trasporto su gomma, ritengo fondamentale che l’Italia aggiorni il Piano nazionale integrato energia e clima, in linea con gli ambiziosi obiettivi fissati dall’Europa della riduzione delle emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 rispetto al 1990 e della neutralità climatica entro il 2050. Dobbiamo decarbonizzare il settore dei trasporti con soluzioni condivise anche da altri Ministeri. Per quanto riguarda il dicastero che guido, ho intenzione di seguire il modello inglese coinvolgendo nel processo di trasformazione comitati di settore composti da scienziati, imprese, sindacati e società civile». Parliamo di infrastrutture. Molte sono obsolete e altre mancanti, come la rete autostradale oppure quella ferroviaria al Sud. Come intendete coniugare l'adeguamento/creazione di queste strutture con la sostenibilità, specialmente quella di lungo periodo? «Una cosa è certa, dobbiamo costruire realtà urbane in grado di affrontare gli impatti della crisi climatica, che sappiamo diventare sempre più intensi e frequenti. Per preparare l’Italia e per identificare soluzioni efficaci da mettere in campo riguardo al cambiamento climatico, ho deciso di costituire una commissione guidata da Carlo Carraro, dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e membro del board dell’International Panel on Climate Change (IPCC). Per ottenere una sostenibilità di lungo periodo, per esempio, bisogna accelerare il rinnovamento del parco macchine circolante in Italia, partendo dalle auto private, dagli autobus e dai mezzi pesanti. Su questo aspetto c’è molto da lavorare, anche da un punto di vista culturale, basti pensare che in Italia la vendita di auto elettriche cresce meno rispetto ad altri Paesi europei». Per finire. Come immagina i settori di cui ora si occupa in futuro? Diciamo tra dieci anni? «Tra dieci anni saremo già oltre il 2030, anno in cui ci siamo impegnati insieme a altri 193 Paesi del mondo a rispettare i 17 Obiettivi previsti dall’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile. Mi auguro che saremo stati in grado di risolvere tutti i problemi, o almeno grossa parte di essi, che oggi affliggono le nostre città per guardare con più fiducia al futuro. Per esempio, mi piacerebbe che tra dieci anni l’Italia fosse un Paese privo del problema dell’inquinamento atmosferico che, ricordo, ogni anno toglie la vita a circa 80 mila persone. So bene che le cause non dipendono solo dai trasporti e proprio per questo abbiamo bisogno di un approccio sistemico in grado di rendere il nostro Paese più giusto, equo e resiliente. Per costruire un futuro migliore dobbiamo agire da subito, altrimenti rischiamo di non agganciare le opportunità di cambiamento che oggi si presentano». ▲24 L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 IL CONTESTO / di Giorgia Marino* L'acqua è tutto Acqua, clima e giustizia sociale sono l’equazione da risolvere per un futuro sostenibile L’ acqua è la base, della vita, degli ecosiste- mi, delle attività umane. Dall’accesso alle risorse idriche non può prescindere alcun aspetto della nostra esistenza né della no- stra organizzazione sociale, economica e culturale. Dal diritto all’acqua ha inizio qualsiasi concetto di digni- tà umana, giustizia sociale ed equità. L’acqua è anche alla base del clima. In un circolo di cause ed effetti che si rinforzano a vicenda, i cambia- menti climatici impattano sull’equilibrio idrologico del Pianeta, modificando il regime delle piogge, cau- sando eventi meteorologici estremi, fenomeni di sic-25 L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 cità e desertificazione, lo scioglimento dei ghiacci, la portata dei fiumi e il livello dei mari, mettendo a rischio la sicurezza idrica di intere aree geografiche e popolazioni, soprattutto di quelle che non hanno i mezzi per far fronte alla crisi. Acqua, clima e giustizia sociale, sebbene spesso trat- tati come capitoli indipendenti nel libro delle emer- genze, sono strettamente connessi. Alla base dello sviluppo sostenibile «Garantire a tutti la disponibi- lità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie»: recita il se- sto obiettivo di Sviluppo Soste- nibile dell’Onu. L’acqua è tut- tavia necessaria alla realizza- zione di tutti gli obiettivi dell’Agenda 2030. Non può esi- stere lotta alla povertà e alla fa- me che non parta dall’accesso alle risorse idriche, così come non possono esserci sviluppo, innovazione, costruzione di co- munità sostenibili, politiche sanitarie efficaci, equità e nem- meno parità di genere. Come ricorda il report “Nessu- no sia lasciato indietro” pubbli- cato in occasione del World Water Day 2019 dall’Onu, nel mondo «tre persone su dieci (2,2 miliardi) non hanno acces- so all’acqua potabile; sei su die- ci (4,2 miliardi) non hanno ser- vizi igienico-sanitari e una su nove pratica la defecazione all’aperto». Per malattie legate all’acqua contaminata ogni anno, muoiono circa 830 mila persone, di cui quasi 300 mila bambini sotto i 5 anni. Almeno il 50% dei problemi di malnutrizione infantile è associato alla scarsa sicurezza idrica. Se si pensa che due persone su cinque non hanno la pos- sibilità di lavarsi le mani con acqua pulita, si ha un’i- dea di quanto sia peggiorata la situazione durante la pandemia. Il difficile accesso all’acqua e la mancanza di servizi igienici aggravano le disuguaglianze di genere. Se l’unica fonte di acqua potabile è un pozzo a chilome- tri da casa, toccherà sempre a una donna passare buo- na parte della sua giornata a fare rifornimento per la famiglia. Se “andare in bagno”, significa cercare un angolo appartato all’aperto, magari al buio, una don- na sarà sempre e comunque un soggetto esposto a possibili aggressioni. Se a scuola non ci sono gabi- netti, una ragazza durante i giorni del ciclo salterà le lezioni compromettendo le sue già scarse possibilità di emancipazione. L’apartheid dell’acqua – come lo definisce Vandana Shiva – non colpisce solo le donne. Più la risorsa idri- ca diventa scarsa e difficile da procurare, più catego- rie di persone ne sono escluse, per i soliti assurdi ep- pure persistenti motivi: appartenenza etnica, prove- nienza geografica (rifugiati e migranti), caste, divisioni reli- giose e sociali, disabilità. Se da un lato si lavora per sconfigge- re le discriminazioni e garanti- re a tutti il diritto all’acqua, dall’altro la crisi climatica ne rende l’accesso sempre più problematico. Clima è acqua Il clima è acqua. E sebbene l’acqua (paradossalmente) non sia esplicitamente citata nell’Accordo di Parigi – come rileva il rapporto UN 2020 "Ac- qua e cambiamenti climatici" – la sua gestione è la base di quasi tutte le strategie di adat- tamento e mitigazione. Nel rapporto si legge che il tasso di utilizzo dell'acqua cresce di circa l'1% all'anno per effetto dell'aumento della popolazio- ne mondiale, dello sviluppo economico e dei modelli di consumo sempre più "idrovo- ri". Oggi, più di 2 miliardi di persone vivono in aree soggette a elevato stress idri- co, mentre circa 4 miliardi affrontano gravi scarsità d'acqua per almeno un mese all’anno. La situazione non potrà che peggiorare in futuro per effetto com- binato della crescente domanda di acqua e per gli impatti del cambiamento climatico. Quali sono i fattori climatici che stanno minaccian- do la sicurezza idrica? «Innanzitutto – spiega Elisa Calliari, ricercatrice del CMCC (Centro Euro-Medi- terraneo sui Cambiamenti Climatici) - la crisi clima- tica mette a rischio la sicurezza idrica non solo per l'accesso all'acqua, la sua quantità e qualità ma anche sul piano della gestione di eventi estremi come ura- gani, alluvioni e siccità». Sulla Terra 4,2 miliardi di persone non possiedono servizi igienico sanitari26 L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 I meccanismi attraverso cui i cambiamenti climatici agiscono vanno dalla quantità, frequenza e distribu- zione delle precipitazioni (sia pioggia che neve) allo scioglimento dei ghiacci perenni, dalle variazione nella portata dei fiumi all'innalzamento del livello dei mari, in una catena complessa di cause ed effetti il cui sviluppo spesso è tutt'altro che intuitivo. Come nel caso delle piogge. In alcune aree la quantità delle precipitazioni sta diminuendo causando, abbastanza prevedibilmente, problemi di carenza idrica. Senza andare lontano, la Pianura Padana dove, precisa Ja- roslav Mysiak, direttore del dipartimento Risk asses- sment and adaptation strategies del CMCC, «le pre- cipitazioni nel periodo estivo possono diminuire fino al 40%. Ci sono però regioni in cui, - continua Mysiak - pur rimanendo la portata annuale delle precipita- zioni invariata, le precipitazioni si concentrano mag- giormente in certi periodi dell'anno, causando co- munque disagi. Le precipitazioni possono diventare meno frequenti ma più intense e violente e non rie- scono più a penetrare nel suolo». C'è poi il capitolo ghiaccio. «I ghiacciai montani, co- me quelli alpini e himalayani, funzionano da serbatoi idrici – spiega Mysiak - rilasciano acqua nei periodi estivi, facendo aumentare la portata dei fiumi nella stagione secca e andando così a compensare la caren- za di precipitazioni. L’aumento delle temperature medie globali sta causando il progressivo esaurimen- to di questa capacità delle montagne di fare da ser- batoi. Grandi bacini idrici come il Brahmaputra o l'Amu Darya in Asia stanno ricevendo un contributo maggiore dai ghiacciai che si sciolgono, ma quest'ac- qua si esaurirà progressivamente nei prossimi decen- ni compromettendo le risorse idriche di milioni di persone. E non si parla solo di acqua potabile, ma di risorse per l'agricoltura, l'energia, l'industria». Di- verso il discorso, infine, per i ghiacci di regioni come la Groenlandia e l'Antartide. «Il loro scioglimento – continua Mysiak – comporterà un innalzamento del livello medio del mare in modo significativo e ac- celerato, impattando sulla vivibilità delle zone co- stiere e sulle infrastrutture. L'IPCC ha stimato un aumento di circa un metro entro fine secolo. Purtrop- po si tratta di una stima per difetto». Vulnerabilità e adattamento Dagli effetti del cambiamento climatico nessuno può dirsi al sicuro. Jaroslav Mysiak lo sottolinea: «È un fe- nomeno che in modi diversi, impatterà tutto il Piane- ta. Certo, le aree già caratterizzate da una forte caren- za idrica, come il Sahel o l'America Centrale, saranno impattate di più. Ma anche Paesi ricchi d'acqua come la Svezia o la Norvegia dovranno far fronte ad eventi siccitosi più frequenti e prolungati». Impatti e vulnerabilità non sono però la stessa cosa. «La vulnerabilità non è data soltanto dall’effettiva esposizione al rischio - spiega Elisa Calliari - ma da- gli strumenti di adattamento a disposizione. Non so- lo dal punto di vista tecnico ma anche istituzionale, organizzativo, politico e sociale». «Prendiamo per esempio l’Olanda, una delle regioni più a rischio per l’innalzamento del livello del mare – aggiunge Mysiak – è storicamente abituata a gestire il proble- ma e quindi si sta organizzando. Mentre in aree più povere un minimo peggioramento della carenza idri- ca o del rischio per eventi estremi potrebbe risultare devastante proprio per la mancanza di strumenti con cui gestirlo». Le diseguaglianze economiche e sociali saranno il ve- ro discrimine per l’adattamento climatico e la resi- lienza idrica. Una governance dell’acqua più equa e più efficiente a tutti i livelli - locale, nazionale, inter- nazionale - sarà imprescindibile per riuscire a risol- vere l’equazione a tre incognite da cui dipende il fu- turo sostenibile del Pianeta. ▲ Report UN 2020 – Water and Climate Change https://bit.ly/2OK97rV Report UN 2019 – Leaving no one behind https://bit.ly/3tpIdnY World Water Day 2021 https://bit.ly/3vAoW53 SDG 6 https://bit.ly/3bVWx1F CMCC https://www.cmcc.it/ Quando si parla di futuro e di benessere sostenibile, per il singolo e per la comunità, non si può prescindere dal vivere in ambienti salubri e dal respirare aria de- contaminata. Nella pratica, significa stare in spazi si- curi, sanitizzati da virus, batteri, microrganismi, muffe, inquinanti volatili (VOC) e particolato. Respirare aria pulita migliora la qualità della vita, in termini di riduzione e prevenzione di molte problema- tiche legate sia all’apparato respiratorio sia alla pelle e allo stress, riduce le assenze per malattia, migliora la concentrazione e il rendimento produttivo. Jonix permette di dare corpo a questa visione di futuro con il Non Thermal Plasma (NTP), una tecnologia efficace e sicura, priva di effetti collaterali, che non utilizza né rilascia composti e sostanze e che ha un basso impatto energetico. Tutti i dispositivi Jonix, da quelli per uso domestico a quelli per uso industriale, medico, alberghiero e business, utilizzano la tecno- logia NTP per decontaminare aria e superfici: ionizzano le particelle presenti nell’aria grazie a un sistema chiamato a plasma freddo. Le particelle ionizzate trasportano cariche elettriche che si concentra- no sulla superficie di batteri e altri microrganismi, oppure su mole- cole odoranti e composti organici volatili, ossidandoli e causandone così la distruzione per disgregazione. I dispositivi Jonix con tecnologia NTP sanitizzano aria e superfici degli ambienti indoor in modo continuativo e prolungato, compatibile con la presenza di persone, inclusi soggetti fragili, bambini e anziani. Con una forte esperienza nel trattamento dell’aria, Jonix è l’u- nica azienda in Italia che sperimenta e sviluppa la tecnologia NTP direttamente nel proprio dipartimento interno di ricerca, Jonix Lab, La tecnologia Non Thermal Plasma Pensare profit e agire benefit Jonix durante la pandemia ed è supportata da test e certificazioni esterne a garanzia ulteriore di efficacia e sicurezza. Lo studio e la sperimentazione diretta ga- rantiscono un’approfondita conoscenza della tecnologia NTP, così come la ricerca di nuovi ambiti di applicazione, come la depurazione delle acque, l’agricoltura idroponica e sistemi per coltivazioni smart verticali. Tutte le produzioni industriali sono in Italia e, per una par- te dei dispositivi, includono un progetto sociale che reinserisce nel mondo del lavoro persone con disagio psichico (Sol.Co., Coop.Soc.). Il tema della sanificazione di aria e superfici nel corso del 2020 è diventato di centrale importanza. Avere la certezza di entrare in ambienti sicuri, che siano domestici, professionali, sanitari, di diver- timento o scolastici, non è mai stato così importante come ora. La tecnologia NTP è stata testata dal Dipartimento di medicina mole- colare dell’università di Padova: i risultati ottenuti hanno mostrato che i dispositivi Jonix con tecnologia NTP, adeguatamente utilizzati, svolgono la propria attività antivirale anche nei confronti del nuovo coronavirus Sars-Cov-2 presente nell’aria indoor, proprio come av- viene per gli altri patogeni. NEL FUTURO CHE VOGLIAMO C’È ARIA DI SALUBRITÀ Undicimila al giorno. Sono i litri di aria che un adulto mediamente immette nel proprio organismo tramite la respirazione. Di cosa ci sia in questa notevole quantità di aria, però, spesso non siamo consapevoli. Un po’ come se non avessimo idea degli ingredienti dei cibi che ingeriamo in un’intera giornata. Ma se in quest’ultimo caso basta leggere un’etichetta, con l’aria la questione si complica, soprattutto per quanto riguarda gli ambienti chiusi in cui circolano molte persone e in cui per necessità si passa molto tempo: cosa respiriamo per ore lì dentro? www.jonixair.com28 L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 L'Italia è al quinto posto in Europa per qualità dell'acqua potabile ma è la prima per l'utilizzo di acqua in bottiglia G li italiani hanno una propensione massiccia per l'acqua in botti- glia. Ce n’è per tutti i gusti: quella che fa digerire, quella che fa bene alle ossa, quella che stimola la diuresi, e così via. L’acqua minerale o oligominerale appare sul mercato una cinquantina di anni fa per fornire supporto a un’alimentazione povera di minerali e in sostituzione di integratori farmaceutici (le prime acque minerali si vende- Rubinetto sotto controllo CONSUMI / di Rudi Bressa*29 L'ECOFUTURO MAGAZINE marzo/aprile 2021 vano in farmacia). Con il passare dei decenni si è costru- ito un mercato ben strutturato; l'Italia è la prima nazione in Europa con 200 litri pro capite l'anno. Seconda la Ger- mania con 168 litri e terzo il Portogallo con 140 litri. A livello mondiale il nostro Paese si attesta come terzo consumatore di “minerale”, dopo Messico e Thailandia. Questo può essere spiegato in vari modi, dalla pervasi- vità del marketing a un’errata conoscenza o accesso alle informazioni riguardanti la qualità dell'acqua di rubi- netto o semplicemente da luoghi comuni radicati nella quotidianità. Acqua di rubinetto e minera- le, le differenze L'acqua del rubinetto è enorme- mente più controllata a livello microbiologico e di composi- zione chimico-fisica di quella in bottiglia. Il D.Lgs. 31/2001 che recepisce la direttiva euro- pea 98/83/Ce, stabilisce i valori massimi delle sostanze che pos- sono trovarsi disciolte e fornisce i parametri di sanitizzazione in grado di garantire che l'acqua arrivi ai nostri rubinetti priva di contaminazioni. Condizioni ri- gorosamente controllate da parte delle Asl regionali, con verifiche puntuali e di pubblica consulta- zione. «L'acqua del rubinetto è molto più controllata di una qua- lunque acqua minerale. Per un Comune di 3 mila abitanti sono effettuati migliaia di controlli in un anno», spiega Andrea Zenna- ro manager di S.I.D.E.A. Italia. «L'acqua in bottiglia è controllata solo poche volte l'anno. Si fa fatica a pensare che possa essere fermata la produzione se c'è qualcosa che non va bene e quando è ritirato dal mercato qualche lotto, beh, forse i limiti si sono passati di molto». Secondo una ricerca dell’Irsa, istituto del Cnr deputato al controllo della qualità dell’acqua, l’Italia è al quin- to posto in Europa per qualità dell’acqua del rubinetto, grazie alla possibilità di attingerne più dell’85 per cen- to da falde sotterranee. Nonostante esistano casi per i quali attingere all'acqua pubblica sia un problema per la carenza di adeguate strutture o per vera e propria man- canza di risorse idriche, la maggior parte dell'acqua che scorre dai nostri rubinetti è buona, sicura e controllata. La nuova direttiva europea sull'acqua Per migliorare la qualità dell'acqua di rubinetto e ridur- re i consumi di plastica, nel 2019 il Parlamento europeo ha approvato nuove norme per migliorare la fiducia dei consumatori, proponendo di rendere più severi i limiti massimi per alcuni inquinanti come il piombo (da di- mezzare) e i batteri nocivi e introdurre nuovi limiti per le sostanze più inquinanti. La direttiva 2020/2184, in vi- gore da gennaio 2021, sostituirà la Direttiva 98/83/Ce e porterà all'aggiornamento della Legge italiana. Tra le novità ci sarà un differente approccio sulla si- curezza dell’acqua, basato sul rischio lungo tutta la filiera, dai bacini idrografici fino ai sistemi domestici di fornitura e di di- stribuzione. L’articolo n. 11 sarà dedicato ai requisiti igienici mi- nimi da rispettare nei materiali utilizzati a contatto con l’acqua potabile, per contrastare l'insor- gere dei cosiddetti inquinanti emergenti, sostanze chimiche di sintesi o presenti in natura, scarsamente monitorate e per le quali non esistono limiti di leg- ge restrittivi come accade per le altre sostanze. Contaminanti che includono sostanze chimi- che presenti nei prodotti farma- ceutici, nei prodotti per la cura della persona, nei pesticidi, nei prodotti industriali e domestici. Una lunga lista che è in continuo aggiornamento. Come riportato anche da re- centi casi di cronaca, esistono alcune aree nel nostro Paese, dove sono presenti nelle falde acquifere sostanze nocive come pesticidi, Pfas o perfluorati, metalli pesanti e microplastiche (per le qua- li però non esistono evidenze scientifiche di tossicità), sulle quali l’ente preposto al controllo non ha posto la giusta attenzione con tempestività. Ciò non significa che i sistemi di potabilizzazione non sono in grado di supplire, significa solamente che in alcuni casi l’impat- to delle pratiche commerciali dell’uomo si è rivelato inaspettatamente e che si è posto rimedio nel miglior modo possibile. Laddove è il parametro limite di con- trollo il fattore limitante dovrà porre rimedio il legi- slatore. «Il problema può anche essere legato alla rete di dispacciamento, ovvero alla rete di tubi e accumuli La preferenza degli italiani per l'acqua in bottiglia non è giustificata da una maggiore qualitàNext >