< PreviousL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 30 T utti gli eventi hanno una probabilità di avverarsi, anche quelli più strambi e "immaginifici" e nell'ambito della gestione dei rifiuti, tanto nella sfera della sicurezza quanto in quella economica, sono tante le variabili che determinano l'alea del rischio di evento dannoso. La frequenza degli accadimenti è strettamente legata alla presenza di fattori di pericolo, alla loro numerosità e alle forze scatenanti che possono generare l'evento attivandolo da uno stato di quiescenza. La gestione dei rifiuti è immersa in un mare di interessi che rappresentano, nell'ambito della legalità, le situazioni di pericolo anche di natura corruttiva fin dalla fase di produzione da parte dell'utenza, ancor prima che il rifiuto possa venire raccolto da un gestore incaricato. L'atto della dismissione di un oggetto, giuridicamente genera un rifiuto, Filiere illegali ECONOMIA CIRCOLARE / di Francesco Girardi Il mondo dei rifiuti è stato spesso teatro di un'illegalità tra le più pericoloseL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 31 e fino alla sua definitiva collocazione in luoghi attrezzati e abilitati al suo trattamento e/o smaltimento o naturalmente predisposti alla ricezione senza danno, la parentesi del rischio di evento è aperta; ogni passaggio di mano nasconde dei rischi in quanto comporta costi e/o ricavi di gestione. L'altra faccia della medaglia dei rifiuti ha l'aspetto dei soldi: una faccia è fatta di materia ed energia impiegate per la realizzazione/produzione dell'oggetto, l'altra di interesse economico determinato dalle leggi di mercato. Il mondo dei rifiuti è intriso di economia, di moneta sonante, carburanti, mezzi di raccolta, mezzi di trasporto, impianti di riciclo, impianti o siti di smaltimento finale, tanti posti di lavoro di tipo operativo e amministrativo, di energia consumata, prodotta e sprecata e di miniere, quelle naturali per l'estrazione delle materie prime e quelle urbane: il mondo dei rifiuti è un universo con tanto di parallelismi metaforici alla fisica quantistica in cui i fatti accadono in un verso ma anche nell'esatto opposto. La gestione degli oggetti dismessi apre un mondo fatto di virtù che prolungano la vita dell'oggetto e della materia/energia che li costituisce fino a donargliene un'altra così come, divenuto rifiuto, un oggetto dismesso apre uno scenario successivo fatto di recupero e riciclo in cui smette di essere utilizzato (non sempre divenuto inutile a dire il vero) e inizia a essere smembrato e sminuzzato per diventare nuova materia prima. Parallelamente a queste filiere gestionali vi è il multiverso delle "gestioni grigie", non trasparenti o "invisibili", il cui fine è proprio la scomparsa "burocratica" del rifiuto non essendo possibile, a differenza della fisica quantistica, la sua scomparsa fisica. È sulla rigidità, pur necessaria, delle norme in materia ambientale rispetto alle possibilità di evento corruttivo e/o dannoso che si basa l'attività sostenuta dal profitto illecito, perseguito da coloro che ordiscono un sistema di "passaggi" (giri di bolla) finalizzati a trarre profitti da ripetute speculazioni economiche derivanti da un fittizio classamento del rifiuto. Economia vs. Ecologia Come non vedere uno scollamento tra le possibili finalità dell'economia e quelle certe dell'ecologia in eventi che cagionano danni ambientali e dunque sanitari al territorio in cui vivono gli stessi attori delle condotte illecite? Come non rinvenire in questi eventi il segnale dell'assenza completa di qualunque umanità in soggetti che deliberatamente e solo per scopo di arricchimento personale e monetario, si disfano o gestiscono rifiuti in modo illegale per l'ambiente e per loro stessi? Se da un lato la rigidità necessaria e gli obblighi di Legge determinano i flussi tecnici, burocratici cui attenersi per ottenere il giusto profitto dalle attività economiche che sostengono la corretta filiera di trattamento, dall'altro la loro elasticità, insita nell'interpretazione letterale dei capoversi che costituiscono un testo di Legge, di fatto è anch'esso un rischio onnipresente da cui discendono tante occasioni di impunità a parità di danno ambientale cagionato. È il caso in cui uno smaltimento in acque superficiali fluenti di un rifiuto che può non rappresentare un reato rispetto allo scarico del medesimo rifiuto in acque stagnanti e lacustri solo per il semplice fatto fisico della maggior diluizione possibile in caso di movimento dell'acqua. È il caso dell'abbruciamento di rifiuti che dal 2014 vede l'introduzione di un aggravio di pena con l'art. 256 bis in virtù del quale sono due le condotte espressamente incriminate: il bruciare rifiuti abbandonati e bruciare rifiuti depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate. Il reato penalmente rilevante non sembra tanto abbracciare, a parità di gravità di impatto ambientale, quanto la condotta di chi bruci, senza averne l’autorizzazione, i propri rifiuti se gli stessi sono regolarmente detenuti. Infatti in tale ipotesi si ricade nella fattispecie non penalmente rilevante e a contravvenzionale di gestione abusiva di rifiuti tramite incenerimento.L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 32 Le filiere di gestione dei rifiuti sono a volte lasciate aperte consapevolmente e deliberatamente favoriscono una gestione "opaca" contando, in alcuni casi, sull'impossibilità di definizione dei percorsi/tragitti dal produttore all'utilizzatore finale. Questo riguarda tanto le filiere dei rifiuti urbani quanto quelle dei rifiuti industriali. Incertezze evidenti Basta pensare ai RAEE: si sa quanto è l'immesso a consumo e dunque a utilizzo di AEE Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche ma non si conoscono i tanti rivoli che prendono i RAEE, i rifiuti derivati dal consumo di AEE. A fronte di 10-12kg di AEE pro capite l'anno, immessi mediamente a consumo in Italia, si ha una raccolta media che non arriva a 5 kg pro capite. Considerando il valore economico rappresentato dai materiali costituenti un generico AEE (circuiti stampati in argento e oro, metalli ferrosi, rame fino alle terre rare e altro "ben di Dio") e l'azione poderosa della moda foraggiata dall'elevatissima evoluzione tecnologica che sorregge il mondo dell'elettronica e dell'informatica, è dunque chiaro che il gap mancante prende vie non ufficiali partendo direttamente dalle case dei cittadini o, se vogliamo, cosa ancor più grave, dai servizi di raccolta comunali. Doverosamente volgendo un ricordo al compianto Ambasciatore Attanasio, vittima in Congo di un agguato ordito a seguito delle sue attività contro lo sfruttamento dei minori nelle miniere di terre rare, un caso emblematico di buona condotta può senza dubbio essere rappresentato dalle migliori prassi di raccolta differenziata di qualità e non solo per motivi di "visibilità Riciclona". È il caso di Tivoli Miniera Urbana un progetto di raccolta grazie al quale i RAEE di Tivoli sono passati in breve tempo da 1,8 kg pro capite l'anno a oltre 7 kg pro capite conseguendo una azione di repressione delle pratiche illegali condotte da due decenni in un campo Rom e fino al 2016. È chiaro che laddove l'interesse economico del servizio di raccolta è quello di voler e saper favorire anche economicamente i cittadini, l'offerta di Rifiuti incontra la Domanda di Servizi (pubblici!) e i cittadini sono l'alfa e l'omega della filiera di raccolta nonché la garanzia per la filiera industriale di riciclo, di ricevere materiale con frequenza costante e qualitativamente elevato. Diversa e molto più insidiosa è invece la filiera dei rifiuti industriali che fino al 2020 (data dell'introduzione del Dlgs 116/2020), incontrava un certo favore nella sua assimilabilità alle filiere urbane e dunque un abbassamento "legittimo" (!?!) dei costi di smaltimento. In nome dell'assimilabilità, diverse Regioni hanno indirizzato le gestioni locali favorendo in modo più o meno consapevole, l'assimilazione tra rifiuti industriali/commerciali e urbani. Con questa premessa si possono interpretare oggettivamente i dati sulla produzione dei rifiuti urbani così variabili da regione a regione con il primato dell’Emilia Romagna, incontrastato, con più di 660 kg pro capite l'anno di produzione di rifiuti urbani. Vera e propria maglia nera della sostenibilità, l'Emilia Romagna seguita a ruota dalla vicina Toscana, sembrerebbe caratterizzarsi da un chiaro trend assimilativo. Laddove tali ferite aperte consentono ai rifiuti non urbani di ricevere un bollino di legittimità nella fase di assimilazione, è chiaro che un'altra stortura potrebbe annidarsi nel potersi, da parte degli industriali e utenze non domestiche tutte, attribuire un vantaggio economico nello smaltimento in filiere urbane (inceneritori e digestori anaerobici di grandissima taglia) con grandi e indebiti risparmi per tutti i produttori dei rifiuti assimilati a discapito della concorrenza leale con medesime realtà produttive di altre Regioni. Una concorrenza che sarebbe un concreto sostegno all'aumento di qualità dei servizi, un incentivo alla riduzione dei rifiuti, soprattutto quelli avviati a smaltimento in inceneritori (vedasi la pessima qualità dell'aria Emiliana) garantendo vantaggi ambientali diffusi ed economici solo per chi è davvero Sostenibile e non solo per Greenwashing. ▲ Produzione pro capite dei rifiuti urbani per regione, anni 2019-2020 Produzione procapite dei rifiuti urbani per regione (kg per abitante per anno), anno 2020www.martignani.com MARTIGNANI SRL Via Fermi, 63 - Zona Industriale Lugo 1 48020, S. Agata sul Santerno (RA) Italy Tel. (+39) 0545 230 77 · Fax (+39) 0545 306 64 martignani@martignani.com SOLUZIONI INTELLIGENTI per una AGRICOLTURA MODERNA ED ECO-SOSTENIBILE FOR A GREENER WORLD I Nebulizzatori Martignani: - Usano meno acqua (tra il 70% e il 90%) - Usano meno prodotto chimico (40%) - Riducono l'inquinamento (sensibile RIDUZIONE della deriva e ZERO residui su frutta e vino) - Garantiscono micronizzazione e copertura uniformiL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 34 Il sapore dei soldi ALIMENTAZIONE CONSAPEVOLE / di Fabio Buccolini* N eologismo accreditato dall’enciclopedia “Treccani” e composto dal confisso agro- aggiunto al sostantivo mafia, con il termine “agromafia” (https://bit.ly/3vUaZRX) si identifica un’attività illegale nel settore dell’agricoltura che si realizza con investimenti da riciclaggio, truffe per ottenere fondi pubblici, contraffazione di generi alimentari e controllo sulla vendita dei prodotti nei mercati. L’obiettivo è il denaro, la “pecunia”, ma, come avrebbe detto Vespasiano, se «pecunia non olet» i soldi, anche, nell’Antica Roma un odore ce l’avevano, eccome. L’odore allora era a dir poco sgradevole, basti pensare a quello dei corpi umani nei lupanari, al sudore degli schiavi, all’urina usata allora per smacchiare, oppure al pesce marcio per il garum, che pur se considerato una prelibatezza gastronomica, sempre maleodorante era. L’odore dei soldi, forse in modo più metaforico, risulta sgradevole ancora oggi sebbene pensando al cibo in particolare può essere anche piacevole, come nelle panetterie, nei caffè, oppure nelle pasticcerie, pur rimanendo a volte ingannevole. Il settore agroalimentare è da sempre molto attraente per azioni La relazione tra cibo e legalità ha origini antiche, ma un fronte d'illegalità persiste ancora oggiL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 35 illegali di varia forma e natura con l’unico obiettivo di far soldi tanto che per rimanere in tema già Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) descriveva nelle sue opere le frodi alimentari del proprio tempo. La filiera agroalimentare, dati Coldiretti, è cresciuta del 7% nel 2021 con 575 miliardi di euro di valore e non è sorprendente che sia il settore in cui si riscontra il maggior numero di infrazioni e azioni illegali anche di tipo ambientale, essendo l’ambiente connesso e correlato con la produzione di cibo. Nel cibo, e ancor di più in un prodotto agroalimentare, oggi è concentrata e integrata una lunga filiera produttiva e commerciale interconnessa anche su scala internazionale e questo, se come noto «l’occasione fa l’uomo ladro», consente alle occasioni di abbondare. Infatti, solo tra le frodi alimentari esistono le alterazioni, le adulterazioni, le sofisticazioni e le contraffazioni. Se poi ci riferiamo alle azioni illegali nel settore agroalimentare si evidenziano molteplici possibili eventi; dalle truffe su finanza agevolata a sostegno di alcune colture piuttosto che alla piaga sociale del caporalato che sfrutta la manodopera in nero, al trasporto e alla logistica della merce non tracciata e tracciabile, fino alla vendita illegale e alla distribuzione dei prodotti nei mercati per finire più genericamente al settore della trasformazione e ristorazione in particolare. Scenario in cambiamento Negli ultimi mesi, con gli eventi pandemici e il mutato scenario internazionale, i rapporti fra la produzione agricola, la trasformazione industriale, la commercializzazione e il consumo dei prodotti agroalimentari si sta modificando ancora. In aggiunta, il carattere transnazionale della catena alimentare attuale, come accennato, aumenta il rischio di frodi e azioni al di fuori delle leggi e dei regolamenti, motivo per cui l’elemento “legalità” deve avere un approccio di tipo “orizzontale” e multisettoriale, a rete e non “verticale” mono-tematico. Su tale principio controlli e verifiche nel nostro Paese sono affidati a tre dicasteri: Ministero della Salute, Ministero Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Ministero delle Finanze, ognuno con i propri organi dedicati (SIAN, NAS, NAC, Guardia di Finanza ecc.) che, supportati da una soddisfacente cultura alimentare italiana, ci garantiscono uno standard qualitativo elevato del cibo contrariamente ad altri paesi europei, come evidenziato dal lavoro dell’ EU Agri-Food Fraud Network. L’agrobusiness quindi, come altri settori dell’economia, mostra molteplici lati oscuri ma è compito di ognuno contribuire al raggiungimento dell’obiettivo 2 dell’Agenda 2030 ONU per la quale occorre porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile. Proprio l’agricoltura, in risposta alle agromafie e grazie alle istituzioni, ha mostrato e mostra positive esperienze sociali, occupazionali, economiche e di rispetto dell’ambiente grazie all’impegno di cooperative sociali e filiere in grado di approcciare la produzione di cibo con grande attenzione e pieno rispetto di quanto con esso correlato. Esperienze che permettono di coltivare e produrre cibo in aree oggetto di confisca o con filiere in assenza di sfruttamento occupazionale e che includono socio-economicamente migranti attivi come braccianti. Conoscere l’articolato mondo del cibo e dell’alimentazione è utile, seppur percettivamente in via ridotta, per contribuire come individui a salvaguardare l’ambiente e l’uomo. Come consumatori ci occorrono conoscenza, trasparenza e fiducia evitando acquisti ad occhi chiusi, informandosi, studiando i prodotti ed essendo consapevoli riguardo agli acquisti che effettuiamo, scegliendo non sempre il miglior prezzo. Magari proviamo a mangiare meno ma a più alta qualità. Per ridurre le frodi e l’illegalità come individui e come consumatori è utile rivendicare le redini della propria alimentazione mangiando sano per vivere in salute e a lungo, perché se per Feuerbach «L’uomo è ciò che mangia», se non sai quel che mangi non sai chi sei. ▲ Associazione NO CAP Un esempio coraggioso di impegno per la legalità è quello di "NO CAP", nata nel 2011 dall’iniziativa di Yvan Sagnet come movimento per contrastare il “caporalato” in agricoltura e per favorire la diffusione del rispetto dei diritti umani, sociali, e dell’ambiente. Ci offre la possibilità di scegliere, come consumatori consapevoli, prodotti realizzati nel pieno rispetto delle persone e della natura, sostenendo chi opera per promuovere la legalità https://www.associazionenocap.it * Ricercatore e Project Manager gastronomico © Camelia Iordache/Salvati Copiii Durante emergenze come conflitti armati, terremoti o siccità le bambine e i bambini sono i più vulnerabili e indifesi. In Ucraina più di 1,5 milioni di persone hanno già lasciato le loro case e tantissimi sono i bambini esposti a fame, freddo, traumi psicologici. Aiutaci a portare cibo, acqua pulita, coperte e supporto psicologico ed economico ai bambini in fuga. DONA ORA PER IL FONDO EMERGENZE www.savethechildren.it/dona-fondo-emergenzeL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 37 Ostacoli alle rinnovabili BUROCRAZIA / di Cecilia Bergamasco «L a burocrazia è un meccanismo gigante mosso da pigmei», così scriveva Honoré de Balzac. Non c’è nulla di più vero e lo sanno gli operatori del settore rinnovabile che da decenni, a fasi alterne, si scontrano con ogni sorta di impedimento amministrativo e di opposizione pubblica allo sviluppo di impianti a fonti rinnovabili, nessuna tecnologia esclusa. Secondo una stima di “Staffetta Quotidiana”, rivista storica del settore energetico, effettuata su 140 autorizzazioni per progetti fotovoltaici e 43 autorizzazioni per progetti eolici, la durata media del solo iter autorizzativo per il fotovoltaico è in media di 13 mesi e 10 giorni e per l’eolico di circa 25 mesi, che diventano 34 considerando anche tre iter durati oltre dieci anni tra cui due progetti in Calabria. Numeri che avvalorano -per il mero aspetto amministrativo- la contraddittorietà di un Paese che annuncia la necessità di avviare la transizione energetica, ora anche per questioni geopolitiche e, aggiungerei etiche e dall’altro Ecco la follia e l’illegalità del blocco delle rinnovabili e l’eterna diatriba tra il bene paesaggistico e il bene ambientaleL'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 38 ostacola lo sviluppo di impianti a fonti rinnovabili. Sembra di leggere un’opera di teatro dell’assurdo ma siamo nella vita reale. Abbiamo raccolto le testimonianze di tre casi emblematici - eolico, geotermico e fotovoltaico – che si stanno confrontando con l’irrazionalità delle procedure burocratiche italiane. Il blocco dell'eolico di AGSM Aim La media italiana per far autorizzare - prendendo in considerazione tutti gli aspetti organizzativi - un impianto eolico è di 5-6 anni con un 20% di probabilità di successo. Nel caso di AGSM Aim di Verona, che cura i progetti nei minimi dettagli, i tempi - sebbene sempre lunghi – sono in genere più brevi. Marco Giusti, Direttore Ingegneria e Ricerca presso Gruppo AGSM Aim di Verona, ci ha raccontato la storia del progetto eolico di Monte Giogo di Villore, in provincia di Firenze, con una potenza di 29,6 MW e una produzione di 80 milioni di kWh all’anno, che permette di risparmiare 40 mila tonnellate di anidride carbonica l’anno. «Abbiamo lavorato tre anni –spiega Giusti - per progettare l’impianto e inviarlo, a dicembre 2019, alla Regione Toscana per l’avvio dell’iter autorizzativo. La Regione ha convocato la Conferenza dei servizi con tutti gli enti interessati. Gli enti convocati sono stati 59, i funzionari che hanno studiato il progetto più di 100 e l’analisi è durata due anni, durante la quale ci sono state richieste ben 350 integrazioni. La Regione Toscana ha chiesto ad AGSM di prendere parte a un processo di partecipazione popolare che in termini legali si chiama ‘inchiesta pubblica’, durante il quale i cittadini e gli esperti di energia e ambiente si confrontano sul progetto. Come risultato abbiamo organizzato otto incontri per un totale di 40 ore di webinar». Tutto questo lavoro vi è valso almeno l’ottenimento dell’autorizzazione? «Sì, ma non è stato sufficiente per far partire i lavori. I 30 enti presenti in Conferenza dei servizi titolati a rilasciare le autorizzazioni hanno dato parere positivo, eccetto la Sovrintendenza dei beni ambientali di Firenze. Le criticità che ha rilevato non sono state fatte sugli aerogeneratori, che al contrario ha valutato positivamente, ma per il taglio di alcuni alberi indispensabile per poter far passare i mezzi sulle piste forestali. La Conferenza dei servizi ha valutato positivamente la compatibilità ambientale del progetto, rilasciando il via libera per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Significa che i benefici ambientali dell’impianto sono superiori agli impatti: 40 mila tonnellate di emissioni di CO 2 risparmiate annualmente, contro qualche albero tagliato e la vista delle pale. Il progetto è stato trasmesso alla Giunta Regionale che ha deliberato la sua compatibilità e ha rilasciato l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio dell’impianto. Siamo arrivati al 7 febbraio del 2022, 26 mesi dopo l’inizio dell’iter autorizzativo». Pronti per stappare la bottiglia di champagne? «Purtroppo no. La Sovrintendenza, avvalendosi di un potere speciale, si è appellata al Ministro per i beni culturali Dario Franceschini che ha dato parere contrario all’esito deliberato dalla Regione Toscana e ha chiesto di discutere il progetto in Consiglio dei Ministri ma oggi (28 aprile) sono passati oltre 90 giorni e il parere non è ancora arrivato, perché il funzionario preposto non ha depositato la relazione». Questi ritardi come impattano sul progetto? «Se il funzionario lavora immediatamente la pratica, riusciamo ad avviare la costruzione dell’impianto entro maggio; potrebbe entrare in funzione a ottobre 2023 e produrre 80 milioni di kWh l’anno che L'ECOFUTURO MAGAZINE maggio/giugno 2022 39 permetterebbero di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia. Se invece, come rischia di essere, l’approvazione tarda, l’entrata in funzione dell’impianto slitterà di un anno a causa dei lunghi tempi di consegna del materiale. Ritardare di 12 mesi la messa in funzione del parco eolico significa dover comprare per un altro inverno 20 milioni di metri cubi di gas dalla Russia (il quantitativo necessario a generare l’energia elettrica che avrebbe prodotto l’impianto eolico in un anno) con un costo di 10-20 milioni di euro ed emettere 40 mila tonnellate di CO 2 un quantitativo pari alle emissioni prodotte da una famiglia di quattro persone in 10 mila anni. I numeri parlano chiaro, ma la burocrazia sembra non avere orecchie per sentire». Slalom tra sovrintendenza e comitati di cittadini Rimaniamo in Toscana e cambiamo tecnologia. È il caso di un impianto geotermico situato nel comune di Abbadia San Salvatore, in provincia di Siena, da 10MW e con 40 mila tonnellate di CO 2 evitate ogni anno, che da quasi quattro anni attende il via definitivo per iniziare i lavori di costruzione, come racconta Aurelio Cupelli, Direttore della Rete Geotermica. Breve premessa: per richiedere l’autorizzazione alla realizzazione un impianto geotermico è necessario far riconoscere alla Regione l’idoneità del fluido impiegato per la generazione di energia. «Per questo anni fa fu avviata un’attività di ricerca e raccolta dati che durò sei anni - spiega Cupelli - al termine della quale nel 2018 venne presentata alla Regione Toscana richiesta di riconoscimento della risorsa geotermica individuata. La Regione, in tempi abbastanza veloci, approvò l’area interessata come idonea a produrre sia energia elettrica sia termica. All’inizio del 2019 venne avviato un procedimento autorizzativo unico regionale per poter realizzare la centrale». Quanto è durato l’iter per ottenere l’autorizzazione? «Il procedimento si è concluso a marzo 2022 con parere positivo della commissione di Valutazione di Impatto Ambientale e l’emanazione da parte della Regione Toscana del decreto di compatibilità ambientale, nonostante la Sovrintendenza dei beni culturali avesse dato parere negativo. Parliamo di un capannone da 3 mila mq all’interno di una zona industriale, senza nessun tipo di tubazioni visibili e senza alcun tipo di emissioni». Con quali motivazioni la Sovrintendenza ha espresso parere negativo? «La Sovrintendenza di Siena sosteneva che la centrale alterasse l’aspetto dell’area vista dalla Fortezza di Radicofani. Peccato che all’interno della vicina area industriale sia stata autorizzata la realizzazione di un capannone da 35 mila mq. Nell’ultima seduta della Conferenza, dopo tre anni di procedimento, la Sovrintendenza ha improvvisamente chiesto una nuova soluzione progettuale, per lo spostamento della centrale di circa 150 metri dalla posizione attuale (area destinata ad ospitare impianti) in un’area individuata dalla pianificazione comunale come di pertinenza paesistica o agricola senza contare se questo avrebbe comportato un ulteriore consumo di suolo rispetto alla pianificazione. Il rappresentante della Sovrintendenza ha addirittura suggerito di posizionare la centrale davanti a due capannoni esistenti decisamente brutti per riuscire così a nasconderli da chi ammira il panorama dalla Fortezza di Radicofani». In Italia per autorizzare un impianto eolico servono 5-6 anni con l'80% di probabilità di insuccessoNext >