< PreviousL'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 30 potere isolante, che abbassa i costi di riscaldamento e raffrescamento e, a seconda del materiale e delle tecniche costruttive, può addirittura rendere superflua l’installazione di un impianto di climatizzazione e di ventilazione. Il risparmio energetico è tuttavia solo uno dei punti a favore della sostenibilità. Utilizzare materiali naturali come legno, paglia, canapa, terra cruda e bambù significa infatti sfruttare risorse rinnovabili, biodegradabili e con un bilancio di emissioni di carbonio neutrale o comunque decisamente inferiore alla più diffusa e più impattante combinazione cemento/acciaio. Non solo: per alcuni di questi materiali, come la paglia, l’utilizzo in edilizia corrisponde all’avvio di una filiera perfettamente circolare, che sfrutta una risorsa altrimenti sprecata. Ultimo ma non meno importante, c’è il fattore benessere. Essere circondati da elementi naturali nel luogo in cui si vive o si lavora migliora la salute sia fisica che psicologica. È una questione di biofilia, ovvero l’innata propensione degli esseri umani verso forme ed elementi della Natura, ma anche, più prosaicamente di salubrità dell’aria, che può migliorare sensibilmente grazie all’uso di materiali traspiranti come paglia, canapa e terra cruda. Il legno Il principe della bioedilizia è stato finora il legno, che ha aperto la strada al ritorno dei materiali naturali nel settore delle costruzioni. Spinta dalla radicata tradizione di molti paesi Nord europei, con in testa Germania, Regno Unito e Svezia, la casa in legno si sta diffondendo ora anche in Italia, dove da diversi anni si registra un trend crescente. Secondo gli ultimi dati di Assolegno (2020), circa il 7% dei permessi di costruzione richiesti riguarda oggi abitazioni in legno. Nella scelta, le qualità estetiche del materiale pesano senz’altro parecchio, ma non è solo questione di bellezza. Costruire in legno ha diversi vantaggi che partono già dal cantiere. «A differenza di un edificio in muratura, si sa quando si comincia e quando si finisce - spiega Marco Toni di Legno Sinergia - Il materiale consente infatti una progettazione raffinata a cui segue l’assemblaggio sul posto, di cui siamo in grado di calcolare esattamente le tempistiche. Si risparmia inoltre sulla metratura, visto che con il cemento è necessario costruire muri che abbiano uno spessore di almeno 47 cm, mentre con il legno ne bastano 21». Attenzione invece a non dare per scontata l’efficienza energetica: «Un edificio in legno – continua Toni – può essere efficiente o no, così come uno in muratura. Dipende dalla qualità dell’isolamento». Sul piano della sostenibilità e dell’impronta di carbonio, il legno dà invece parecchi punti al cemento: non va infatti ad aggiungere anidride carbonica in atmosfera, compensando quella emessa durante il ciclo di produzione con quella catturata dalla pianta attraverso la fotosintesi durante la sua crescita. «È necessario però che il legname provenga da foreste controllate», puntualizza Toni. La paglia La nuova arrivata nel campo della bioedilizia è la paglia. Considerata spesso un materiale “povero”, si sta invece rivelando una delle migliori soluzioni per la bioarchitettura, tanto che ci si costruiscono perfino ville di lusso. Al contrario di quel che suggerirebbe il sentire comune, le case in paglie sono sicure, durevoli, resistenti al fuoco e antisismiche. E poi garantiscono un alto livello di comfort interno, creando ambienti piacevoli da vivere in ogni stagione. «Tra i maggiori vantaggi di un edificio in paglia – spiega Michele Ricci di Archetica-Case in paglia – c’è infatti la regolazione dell’umidità interna in modo completamente naturale. Mentre una casa in legno crea la sua umidità e quindi necessita di sistemi di ventilazione meccanica controllata, quella in paglia, grazie agli intonaci naturali utilizzati, traspira e si regola da sola». Una casa in paglia non è ovviamente fatta tutta in paglia. «Le nostre case – continua Ricci - hanno una struttura portante in legno, pareti in balle di paglia pressata e intonaci in terra cruda o calce naturale. Tutti materiali naturali. Per questo mi piace sottolineare come le nostre costruzioni siano vera bioedilizia. Inoltre la paglia si inserisce in una filiera completamente circolare, trattandosi di un sottoprodotto dell’agricoltura che il più delle volte viene bruciato. Utilizzandola per costruire si evitano invece emissioni nocive, attivando un vero e proprio upcycling». La canapa «Le costruzioni storiche, quelle che hanno resistito centinaia, migliaia di anni, sono spesso fatte in calce e materiali vegetali, come canapa o paglia. Questa è la tradizione in edilizia, non certo il cemento!». Gilberto Barcella, appassionato direttore tecnico della Tecnocanapa Senini, quando gli chiedono garanzie circa la durabilità degli edifici in canapa e calce pesca a piene mani dalla storia antica: «L'esempio più eclatante è quello del sito archeologico di Ellora in India – racconta - I templi scavati nelle grotte contengono stupefacenti statue e bassorilievi L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 31 risalenti a circa 1500 anni fa. Recentemente è stato scoperto che gli intonaci sono fatti di calce e canapa e hanno mantenuto il microclima che ha permesso di conservare perfettamente i manufatti». I vantaggi del ritorno alla combinazione calce/canapa non si fermano di certo qui. «Da un punto di vista tecnico, - continua Barcella - si tratta di un materiale molto performante nell'isolamento termico. Ci sono ben 47 ricerche scientifiche che lo dimostrano, due condotte in Italia da Enea e dal Politecnico di Milano. Con pareti di calce/canapa non serve un impianto di riscaldamento, è sufficiente una pompa di calore e con 300 euro all'anno si sta caldi in inverno e freschi d'estate». In più la calce è anche un antibatterico perché crea un ambiente alcalino. «Nel nostro processo brevettato di industrializzazione del materiale aggiungiamo all'impasto dei batteri di fotosintesi e di acido lattico che hanno la capacità di mantenere o ripristinare il microclima. In questo modo si evita il formarsi di muffe, dovuto a volte all'uso eccessivo di detergenti. Ma canapa e calce creano pareti più calde, regolano naturalmente l'umidità e favoriscono un microbioma variegato ed equilibrato. Con l'igroregolazione naturale in casa ci sarà sempre un tasso di umidità ottimale del 55%». Infine, ci sono i vantaggi socio-economici: «Promuovendone l'uso in edilizia si può dare il via a un ciclo virtuoso per ripristinare la filiera della canapa, di cui l'Italia, fino al piano Marshall, era il secondo produttore al mondo. Era davvero il nostro petrolio, - conclude Barcella - una materia prima, rinnovabile, per fare tutto». ▲ Legno Sinergia: https://www.legnosinergia.it/ Archetica – Case in Paglia: https://www.caseinpaglia.it/ Trecnocanapa Senini: https://tecnocanapa-bioedilizia.it/ “Canapa e calce”, libro di Gilberto Barcella: (https://bit. ly/3FWUGpz) Studio Politecnico di Milano: (https://bit.ly/3xxjjGt) Per approfondire questi temi potete iscrivervi alla Scuola di alta formazione di Architettura Sostenibile Naturale Mediterranea promossa da ANAB, rivolta a tecnici, professionisti, imprese, studenti.Seminari in diretta streaming su piattaforma dedicata frequentabili anche singolarmente e registrati per eventuali recuperi. Disponibili 20 crediti formativi per architetti e in fase di richiesta per geometri. 22 lezioni valide come aggiornamento per i tecnici /consulenti bio-edili ANAB-IBN. Info e iscrizioni: formazione@anab.itL'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 32 P ossiamo scindere la crisi climatica in due aspetti: la crisi ambientale e la transizione energetica. Se per la prima molto dipenderà da quanto riusciremo a ridurre il nostro impatto sul Pianeta in termini di emissioni gas serra e consumo di risorse, la seconda scandirà il ritmo dell’azione: più proseguiremo spediti e meno ci dovremo preoccupare di un futuro infausto. Diverse soluzioni d’impatto, in grado di cambiare in meglio la nostra vita contribuendo anche alla “salute” delle nostre tasche, che non fa mai male, sono già alla nostra portata. Pannelli fotovoltaici, pale eoliche, geotermia, efficientamento energetico, parliamo di tecnologie mature e ormai pronte a essere utilizzate sia su larga scala e sia nel nostro piccolo. Un vecchio detto cinese afferma: «Se tutti pulissero davanti alla propria porta, l’intero mondo sarebbe pulito». Anche per l’energia le cose funzionano, più o meno, allo stesso modo. Intelligente è il risparmio SOLUZIONI / di Ivan Manzo L'utilizzo delle nuove tecnologie dell'abitare consente risparmi. Sia di CO 2 sia di denaro ph: Federico BeccariL'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 33 In Italia, nel 2019, le pratiche di efficienza energetica hanno consentito un risparmio di 250 milioni di euro e una riduzione di emissioni di CO 2 di quasi 3 milioni di tonnellate Risparmio: soluzione alla crisi climatica Insieme alle rinnovabili, uno dei pilastri su cui fondare gli sforzi per raggiungere gli obiettivi climatici è l’efficienza energetica. Se per l’energia la situazione non è delle migliori, basti pensare che l’80% dell’energia nel mondo è ancora prodotta da combustibili fossili, anche l’efficienza energetica vive un periodo di stallo. Secondo l’ultimo studio sul tema dal titolo “Energy Efficiency 2020” dell’IEA (Agenzia Internazionale dell’Energia) i miglioramenti nell'efficienza energetica globale proseguono al ritmo più lento degli ultimi anni. La tendenza è stata di sicuro accentuata dalla pandemia anche se, va ricordato, ancor prima della crisi l’IEA registrava una flessione del settore. Nel complesso, nel 2020 gli investimenti in efficienza energetica, sia nel comparto degli edifici e sia in quello dei veicoli, si sono ridotti di circa il 9% rispetto all’anno precedente. Per avviare quel processo trasformativo di cui abbiamo bisogno, fondamentale è il ruolo dei governi: serviranno pacchetti di stimolo a sostegno della ripresa di un settore che, sempre secondo gli scenari elaborati dall’IEA, può contribuire a ridurre circa la metà delle emissioni di gas serra provenienti dal settore energetico nei prossimi vent’anni. Per quanto riguarda l’Italia, la situazione è descritta dal “Rapporto sull’efficienza energetica” che ogni anno l’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) redige. L’ultima analisi ci mostra come le pratiche di efficienza energetica abbiano consentito al nostro Paese di ottenere una serie di benefici nell’anno 2019. Parliamo di un risparmio di 250 milioni di euro sulla bolletta energetica e di una riduzione delle emissioni di CO 2 di quasi 3 milioni di tonnellate, due esempi che ricordano come il settore sia in grado ogni anno di creare migliaia di nuovi posti di lavoro. Il risparmio si fa smart Noi cittadini abbiamo a disposizione diversi strumenti per modernizzare le nostre case e per mitigare l’impatto ambientale. Non c’è solo il fotovoltaico, parliamo per esempio della geotermia e dell’auto elettrica, di nuovi e vecchi sistemi adatti a riscaldare e raffrescare gli edifici nei quali viviamo, un esempio è dato dalle pompe di calore ad alta temperatura (di cui parliamo in un approfondimento a pagina 39 e 40). Quasi tutte soluzioni, tra l’altro, che possiamo sfruttare grazie al Superbonus 110%. Tra le alternative c’è una centralina che ha puntato tutto sull’intelligenza, caratteristica che gli è valsa il brevetto europeo. E stata rilasciata sul mercato da ELESS, società che si occupa di soluzioni e sistemi nel settore impiantistico. Di questo dispositivo ci ha parlato Dario De Rosa, responsabile relazioni esterne e comunicazione dell’azienda. «Volevamo rivoluzionare la gestione degli impianti di riscaldamento centralizzati, è da qui che parte l’idea della nostra ‘centralina smart’ per l’efficientamento energetico», ci ha detto De Rosa. Il funzionamento del dispositivo è capace di generare un risparmio che oscilla tra il 10% e il 40% dei consumi, dei risultati «ottimi, dato che la centralina smart si installa senza fare nessuna sostituzione e nessuna opera muraria sull’impianto esistente». Normalmente gli impianti di trattamento centralizzati sono costituiti da una caldaia che invia acqua calda nei termosifoni per poi tornare nella caldaia. Questo processo ha come unico controllo quello di una centralina convenzionale che abbassa o alza la temperatura dell’impianto basandosi solamente sulle variazioni climatiche esterne all’abitazione: in pratica se fa più freddo aumenta la temperatura e se fa più caldo la diminuisce, uno standard utilizzato un po’ per tutti gli edifici. Tipi di case Eppure la tipologia di edificio è importante: «l’esposizione al Sole e il cappotto energetico sono caratteristiche che determinano il consumo energetico di un’abitazione. Ogni edificio ha una diversa esigenza, per abbattere dunque l’eccessivo consumo energetico occorre fornire risposte mirate. È proprio ciò che fa la centralina che abbiamo progettato. Se per esempio in una scuola entra un certo numero di ragazzi, ci sarà sicuramente un apporto di calore aggiuntivo del quale però un impianto standard non tiene traccia. L’abbiamo notato anche portando avanti un progetto proprio con Ecofuturo: nelle scuole le temperature superano di parecchio quella consigliata per gli interni, che dovrebbe aggirarsi intorno a 20 °C e non 25-26 °C come abbiamo riscontrato». La centralina all’interno ha un software che prima gestisce i dati ricevuti dall’edificio e poi elabora attraverso un algoritmo la risposta adatta. Una volta venuto a conoscenza di una variazione termica, il dispositivo riesce a ovviare a queste “oscillazioni di temperatura e consumo”, come se fosse presente un termotecnico che ottimizza il funzionamento dell’impianto. Altra cosa fondamentale, da un punto di vista dell’innovazione, è che la centralina smart opera queste regolazioni gestendo unicamente la circolazione del fluido termovettore. «Inutile che l’acqua continui a circolare a 70 °C, se il termosifone non riesce a scaldare l’ambiente con una certa velocità», ha sottolineato De Rosa, «sono proprio questi ‘stop’ che permettono al termosifone di cedere tutto derico BeccariL'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 34 il calore accumulato. In questo modo si ottengono grossi risultati in termini di migliore distribuzione: il termosifone non diventerà più bollente dato che cederà in maniera graduale e costante il calore, il che significa anche avere temperature più omogenee nei nostri ambienti. Inoltre controllando la circolazione ci saranno anche meno ‘dispersioni involontarie’ (dispersioni nel trasporto che non incidono negli appartamenti): i dati raccolti ci hanno mostrato una distribuzione del calore negli appartamenti aumentata del 40-50%, riuscendo contemporaneamente ad avere meno dispersioni involontarie dell’ordine del 20%». In questo modo la gestione dell’impianto da parte del software si traduce anche in un guadagno monetario che può arrivare al 30% della bolletta, e in un risparmio in termini di CO 2 (se per esempio per scaldare casa usiamo una fonte fossile come il gas). La centralina è data in comodato d’uso gratuito. ELESS offre un servizio di tipo ESCo (Energy Service Company) con il cliente, per esempio il condominio. «Il nostro compenso in pratica sarà una parte del risparmio, che in genere è del 50% e ci sarà se e solo se otteniamo dei risultati. Inoltre la centralina può essere gestita anche da remoto, per permettere il controllo in tempo reale delle performance dell’impianto e per poter intervenire tempestivamente anche in caso di guasto». Quali i prossimi passi per questo dispositivo? «La nostra centralina non è soltanto un controllo del riscaldamento ma svolge una funzione domotica e gestisce gli altri impianti, come quello fotovoltaico, che abbiamo nelle nostre case», ci ha detto infine De Rosa, «Obiettivo è una gestione centralizzata, un esempio di come e quanto il digitale può incidere positivamente nel settore dell’efficienza energetica. Possiamo decidere di utilizzare l’energia elettrica in eccesso dei nostri pannelli per riscaldare l’acqua in accumulo negli ACS (accumulatori per l’acqua calda sanitaria) piuttosto che cederla in rete. La scelta sarà solo nostra. Stiamo lavorando per implementare queste funzioni in una semplice App per i nostri smartphone». È proprio il caso di dirlo: il futuro è sempre più nelle nostre mani. ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 36 Città Green EUROPA / di Fabrizio Tucci* e Marco Giampaoletti** R igenerare e trasformare le aree urbane e le città in organismi resilienti, sostenibili e flessibili, rappresentano condizioni non più rimandabili. Gli obiettivi, posti per legge, di riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e il raggiungimento di emissioni nette zero di GHG nel 2050 risultano ad oggi ancora lontani. Le strategie e le azioni sull’ambiente costruito in ambito urbano, obiettivo del Rapporto Verso la Neutralità Climatica delle Green City, coordinato da Fabrizio Tucci e presentato nell'ultima edizione di Ecomondo 2021 (nell'ambito degli Stati generali della Green Economy) definiscono gli indirizzi teorico-metodologici guidati da sei assi strategici, al fine di rendere le città stesse protagoniste di una rigenerazione urbana sostenibile. Le metropoli europee stanno adottando strategie per una sempre maggiore sostenibilità Nelle foto di queste pagine, immagini del progetto di Hammarby a Stoccolma.L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 37 Il primo asse, chiamato Energy Transition, risulta esemplificato, tra i tanti, nel progetto Hammarby a Stoccolma, Svezia, il quale presenta principalmente due assi portanti, il primo, l’abbattimento dei consumi energetici, con fabbisogno energetico degli edifici di circa 72 kWh/m2anno, il secondo, la produzione di energia da fonti rinnovabili e da materie di scarto. A Glad, Svizzera, l’ecodistretto Eikenøtt pone alla base una complessa rete di teleriscaldamento servita da una caldaia alimentata, in modo sostenibile, da legna proveniente da sfalci e potature del limitrofo bosco, da biogas e impianti solari. Tali fonti rinnovabili inoltre, supportate da ulteriori impianti fotovoltaici posti sulle coperture dei parcheggi, alimentano in modo integrato gli alloggi presenti nel quartiere. Il secondo asse, chiamato Bio-climate responsiveness, si definisce nel progetto multiscalare Dietenbach, nella città di Friburgo, Germania, ponendosi come obiettivo principale la neutralità climatica al 2050 impiegando soluzioni bioclimatiche passive negli spazi aperti esterni attraverso una valorizzazione della ventilazione estiva, un miglior soleggiamento termico e la lotta alle isole di calore mediante piantumazione di oltre 4 mila nuovi alberi in grado di fornire ombreggiamento. Il progetto Eco-Life a Kotrijk, Belgio, si struttura invece su una strategia a scala di edificio ove cardini risultano soluzioni bioclimatiche passive negli involucri architettonici quali serre solari, atrii bioclimatici, buffer space, torri di ventilazione, definite secondo profondi studi di fluidodinamica e modellazioni su software. Il terzo asse, chiamato Fuctional mixitè and proximity, risulta ben rappresentato nell’ecoquartiere Nordhavn a Copenhagen, Danimarca, ove un mix spinto di residenziale, terziario, commercio e servizi per la comunità, ha definito una adattabilità e flessibilità controllata, nel tempo, degli spazi. L’ecodistretto Valdespartera a Saragozza, Spagna, un intervento esteso su una superficie di 243 ettari, oggi ancora in corso, è caratterizzato invece da un avanzato mix funzionale derivato da un riassetto, implementazione e densificazione degli edifici preesistenti, generando drastiche riduzioni delle emissioni di CO 2 . Il quarto asse, Resources circularity and self-sufficiency, si distingue nell’ecodistretto di Clichy Batignolles a Parigi, Francia, ove un articolato sistema pneumatico di rifiuti sotterraneo ne permette il trattamento e l’incenerimento in un centro di smistamento con recupero di calore, generando una riduzione del 98% delle emissioni di carbonio. Un secondo esempio può essere l’ecodistretto Circular Builsloterham a Amsterdam, Paesi Bassi, un intervento basato su una forte circolarità delle risorse con un completo riciclo e riutilizzo dei prodotti e dei materiali in loco, dei rifiuti (oltre 12 mln di Kg annui) e dell’acqua (oltre 517 mln di litri annui in acque nere e grigie). Il quinto asse, l’Energy Mobility, si pone strategicamente nell’eco distretto City-Zen a Amsterdam, Paesi Bassi, progetto-pilota in Europa per la mobilità sostenibile secondo un sistema di Dynamic Smart Grid incentrato su una viabilità quasi completamente pedonalizzata, * Professore Ordinario, Direttore del Dipartimento di Pianificazione, Design, Tecnologia dell'Architettura, La Sapienza, Università di Roma ** Dottorando di Ricerca presso il Dottorato di Pianificazione, Design, Tecnologia dell'Architettura, La Sapienza, Università di Roma Caso Studio: Il quartiere Dietenbach a Friburgo, Germania Il nuovo quartiere di Dietenbach si trova a Ovest di Friburgo, a 4 km dal centro della città e ha una dimensione di circa 107 ettari. Entro il 2042 saranno costruiti fino a 6.900 appartamenti a prezzi accessibili, e a canone calmierato, per circa 15 mila persone. Dietenbach sta divenendo, con l’avanzamento progettuale, un quartiere efficiente, climaticamente neutro e inclusivo, con obiettivo di risultare un quartiere “di breve distanza dei 20 minuti”. In conformità con gli standard energetici di Friburgo, città che ha posto la sua neutralità climatica al 2050 lavorando intensamente per esserlo già al 2045, gli edifici, costruiti secondo gli standard di Passivhaus e LEED, presentano consumi energetici pari a 15 kWh/m2a, ben al di sotto dei 65 kWh/m2a posti dalla amministrazione. Le ridotte richieste energetiche sono soddisfatte da impianti solari posti sulle coperture degli edifici e in facciate con ottimali esposizioni, garantendo la produzione elettrica in loco. La mixitè funzionale e spaziale è fortemente valorizzata; la vita, il lavoro, l'assistenza sanitaria, il traffico veicolare e le attività ricreative sono strettamente correlate. Il centro del quartiere comprende aree destinate a servizi quali negozi e aziende; grandi mercati per la vendita di prodotti locali sono integrati nel loro sviluppo ai margini delle piazze urbane raggiungibili a piedi. Il campus scolastico ospita una scuola comunitaria, scuola secondaria di primo grado, una scuola elementare, un edificio amministrativo e due palazzetti dello sport; strutture per lo shopping e spazi aperti per la socialità e la convivialità completano la nutrita dotazione di servizi del quartiere. I due assi principali del quartiere Dietenbach che ne definiscono il landmark, sono concepiti come aree di parcheggio con caratteri diversi; il traffico automobilistico è fortemente limitato, con le sedi viarie progettate per incentivare la mobilità ciclopedonale e il carico e scarico merci nelle aree commerciali, con un tempo di sosta limitato a 20 minuti. Il collegamento tram, una fitta rete di piste ciclabili, offerte di car-sharing e bike-sharing elettrico nonché sistemi di noleggio cargo bike, disincentivano i residenti all’utilizzo di vetture private. Inoltre la conformazione progettuale delle strade presenta soluzioni tecnologiche ambientali in grado di recuperare le acque meteoriche stradali e delle coperture degli edifici per convogliarle in aree di trattamento per il successivo recupero. Gli spazi verdi presenti, costituiti da giardini privati, cortili comuni, giardini frontali alle strade residenziali alle piazze di quartiere, favoriscono un costante ricambio d'aria grazie a canali di ventilazione definiti dalla disposizione progettuale edilizia e dalla piantumazione di oltre 2000 specie arboree, con la conservazione di una foresta urbana limitrofa al quartiere di 9 ettari, contribuendo attivamente all’assorbimento di CO 2 dall’atmosfera. una mobilità tramviaria pubblica su ferro e un utilizzo di autovetture a trazione elettrica. L’eco quartiere Ready a Växjö, Svezia, si basa principalmente su un piano di mobilità sostenibile improntato su spostamenti esclusivamente pedonali e ciclo-pedonali; i veicoli pubblici, già elettrificati da diversi anni, disincentivano l’uso del mezzo privato e sensibilizzano l’opinione pubblica. Il sesto ed ultimo asse, Urban greening, “green and gray” CO 2 subtraction and storage, risulta significativo nell’ecoquartiere La Confluence a Lione, Francia, ove gli assi portanti del progetto risultano essere l’incremento della biodiversità, della permeabilità del suolo e dell’effetto di isola di calore, realizzando 35 ettari di nuove aree verdi, la piantumazione di oltre 4500 specie arboree entro il 2030, proiettando il progetto a una completa neutralità climatica entro il 2040. Altro esempio caratteristico risulta essere l’ecoquartiere La Fleuriaye, a Nantes, Francia, caratterizzato dalla realizzazione di un parco di circa 80 ettari, l’introduzione di oltre 11 mila specie vegetazionali e di pavimentazioni fotocatalitiche che contribuiscono, congiuntamente alla adozione di strategie di green blue infrastructure, a un incremento di biodiversità e una sottrazione e stoccaggio di CO 2 dall’atmosfera. ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2021 39 Calore in movimento I n Italia quasi il 44% di tutte le emissioni inquinanti da combustibili fossili è dovuto agli impianti di riscaldamento cittadini. Nessun altro tipo di emissione raggiunge percentuali così elevate; il trasporto urbano arriva "solo" al 26,7%. La cosa ancor più sconcertante è che queste emissioni sono tutte concentrate nel 2,4% della superficie terrestre destinata al contesto urbano (Rapporto il Onu “World Urbanization Prospect” – 2018). Valori così alti, concentrati in un territorio percentualmente così modesto, indicano inequivocabilmente che la priorità di intervento deve andare nella direzione della riduzione delle emissioni da riscaldamento urbano. Che cosa fare? Si potrebbero abbattere i fabbricati dispersivi e ricostruirli secondo le nuove leggi e regolamenti vigenti in materia energetico- ambientale ma il valore storico-architettonico di gran parte degli edifici urbani lo esclude perché, oltre a essere oneroso e invasivo, snaturerebbe irreversibilmente il contesto architettonico italiano. Si potrebbero ridurre le dispersioni termiche degli involucri edilizi esistenti, anche se i dati ci dicono che il cappotto termico è realizzabile solo sul 2% delle facciate e difficilmente si ridurrebbero le dispersioni di oltre il 30%. C’è l’ipotesi di elettrificare i generatori di calore cittadini in analogia a ciò che si fa col trasporto urbano: qui entra in gioco la pompa di calore. La sostituzione di tutte le caldaie a combustibile fossile con pompe di calore TECNOLOGIE / di Gianfranco Pellegrini Le pompe di calore possono dare un grande contributo nell'abbattimento delle emissioni climalterantiNext >