< PreviousL'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2022 30 greenwashing e distrazione dei fondi verso scopi differenti. Affinché la transizione ecologica sia efficace e allo stesso tempo “giusta” è necessario, tuttavia, che oltre agli aspetti ambientali ed economici, venga tenuta nel giusto conto l’accettazione sociale mettendo a disposizione adeguati meccanismi di sostegno e favorita la consapevolezza di imprese e famiglie della necessità di tale corso. Tuttavia, nell’attuale crisi economica, geopolitica, energetica e climatica, se da una parte si rende urgente e irrimandabile il processo di transizione verso un diverso modello di sviluppo, dall’altra parte le stesse difficoltà e incertezze del momento - e le conseguenti disparità e tensioni sociali - minano l’effettiva possibilità di reale e corretta implementazione di tale transizione. Sebbene i cittadini siano sempre più sensibili alla questione ambientale e inclini a scelte di acquisto sostenibili verso prodotti a minor impatto, questa tendenza viene limitata da una progressiva perdita di fiducia a tutto campo sulla reale sostenibilità, sia ambientale che economica, di tanti prodotti e processi pubblicizzati come ecologici e che invece assai frequentemente sono inquadrabili come mero greenwashing. La tecnologia Blockchain è una forma di innovazione digitale che può essere estremamente utile per tracciare e certificare processi, filiere e prodotti, fornendo a consumatori e investitori la fiducia che le informazioni che ricevono siano veritiere. La Blockchain (in italiano “Catena di Blocchi”) può essere definita come «un tipo di database o un registro digitale, le cui informazioni sono raggruppate in blocchi concatenati tra loro in ordine cronologico, ogni blocco è legato al successivo e al precedente ed è immutabile nel tempo. Il suo contenuto una volta scritto e legato non è più né modificabile né eliminabile, a meno di non invalidare l'intero registro». (https://it.wikipedia.org/wiki/Blockchain) Tecnicamente la validazione delle operazioni contenute in ogni nuovo blocco di informazioni avviene attraverso il consenso distribuito e quindi ad “autorizzare le operazioni” è il muto consenso degli utenti o degli operatori di rete e quindi, in assenza di un ente centrale, non vi è possibilità che qualcuno possa alterare o cancellare i blocchi delle informazioni. La decentralizzazione di un sistema concepito in forma distribuita, l’assenza di un unico controllore (disintermediazione) e la inalterabilità dei dati è ciò che rende democratica e utile questa tecnologia per conservare e tracciare in sicurezza le informazioni e quindi per creare sufficiente fiducia nella certificazione dei processi e dei prodotti sostenibili. Possono essere memorizzati e tracciati i dati, per esempio, sull’origine delle materie prime di un manufatto o di un alimento (utilizzo o meno di concimi o pesticidi di sintesi), quelle usate nella costruzione e efficientamento energetico di un edificio, le emissioni di CO 2 o altri inquinanti di una movimentazione di merci e persone, e in generale di ogni processo e filiera industriale, agroalimentare e agroforestale. Però, nel caso di uso della blockchain per la creazione e gestione di criptovalute digitali il rischio insito proprio nella decentralizzazione è che l’assenza di un organo di controllo sofisticato renda tali valute digitali lo strumento migliore per gli speculatori. Prendiamo per esempio i Carbon Credit: la natura stessa della blockchain si presta ad essere uno strumento eccellente per collegare un credito ad un progetto in modo sicuro, permanente e La tecnologia Blockchain aumenta la sensibilità dei consumatori verso l’ambiente e permette di tracciare e certificare filiere e prodotti, evitando il greenwashingL'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2022 31 *Business Developer **già Europarlamentare verificabile; e non solo a tenere il registro delle emissioni di carbonio di un’azienda, ma anche a tracciare eventuali compensazioni del carbonio emesso. Molte aziende si sono specializzate nel trading e nell’investimento in crediti di carbonio. Comprano crediti da grandi aziende e li rivendono a chiunque possa averne bisogno. E poiché il prezzo del carbonio è destinato ad aumentare, aumenta anche il valore dei crediti. L’idea di molti è stata quindi quella di assimilare i Carbon Credit ad una sorta di valuta di scambio, associandola ad una cripto-valuta generata, gestita e scambiata con la blockchain: chi detiene cripto-valute di un sistema di Carbon Credits utilizzato dalle imprese vedrà con tutta probabilità aumentato il valore di scambio con le valute tradizionali. Nella realtà ci sono almeno due ordini di problemi: • la misurazione, ovvero quanta anidride carbonica sarà in effetti rimossa da una determinata azione; • la verifica. Dal punto di vista sostanziale quanta energia serve per gestire queste cripto-valute legate ai Carbon Credits? La sostenibilità deve tenere conto, infatti, anche delle risorse utilizzate per far funzionare il sistema: tante maggiori sono le transazioni legate a una blockchain tanto maggiore è l’energia necessaria. Se il sistema fosse utilizzato da tutte le imprese potrebbe accadere che l’imponente complesso informatico necessario a verificare le transazioni debba utilizzare una quantità di energia crescente e talmente alta da ridurre o addirittura annullare ogni vantaggio climatico. Se usciamo dalla speculazione che si innesta inevitabilmente ogni qualvolta un sistema blockchain genera un gettone scambiabile cui viene attribuito un valore, possiamo trovare degli esempi pratici di utilizzo dei registri condivisi blockchain che sono finalizzati esclusivamente alla certificazione e scambi di informazioni tra aziende e aziende e tra aziende e consumatori e non tra acquirenti e venditori di una valuta digitale. L’utilizzo, per esempio, di una blockchain i cui server (nodi) appartengano a delle organizzazioni verificate (trusted) le quali non sono in concorrenza ma invece collaborano per garantire la sincronizzazione dei dati con un sistema di registri condivisi i quali operano in modalità blockchain, che non hanno necessità di operatori con grandi capacità di calcolo, quindi necessità di grandi quantità di energia, gestendo esclusivamente il mantenimento e la sicurezza delle informazioni. Un sistema blockchain creato per avere proprio queste caratteristiche è quello del Social Blockchain Business Network di WREP (www. wrepmediacompany.com): • non utilizza cripto-valute o monete digitali; • non ha consumi energetici rilevanti proprio perché ogni sua operazione è fatta e gestita all’unico scopo di certificare, trasferire e gestire informazioni e dati: • i suoi nodi appartengono a organizzazioni verificate che collaborano per il mantenimento dei registri condivisi. Quindi le blockchain non sono tutte uguali e non tutte sono uno strumento sempre consigliabile come ausilio alla transizione ecologica. In questo momento la stragrande maggioranza di progetti volti a utilizzare la blockchain sono basati su criptovalute più o meno note e più o meno diffuse o facilmente negoziabili, mentre la tecnologia blockchain può, e dovrebbe, essere per lo più utilizzata per usi civili e non finanziari. In particolar modo nel caso del tracciamento e la certificazione di processi e prodotti sostenibili e/o decarbonizzati, per i motivi sopra esposti, la generazione di criptovalute non è coerente con gli obiettivi e l’efficacia reale della transizione ecologica. ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2022 33 Elettroni digitali. Molto ENERGIE / di GB Zorzoli* L’ impatto della digitalizzazione riguarda l’intera catena del valore dell’energia: dagli approvvigionamenti alla distribuzione e al trasporto, fino alla vendita e al rapporto con i clienti finali. Data la rapidità con cui evolvono le tecnologie digitali, per essere all’altezza di questa sfida occorrono notevoli capacità previsionali e tempestività nel prendere le conseguenti decisioni operative. Le potenzialità della digitalizzazione sono moltiplicate dall’avvento del 5G, che non si presenta solo come la tecnologia in grado di assicurare un evidente miglioramento delle performance a oggi garantite dal 4G, ma addirittura di rivoluzionarle. Il 5G ha una velocità di trasferimento Tutto il mondo delle energie, specialmente quelle rinnovabili, sarà profondamente cambiato dal digitale L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2022 34 dei dati centinaia di volte più elevata, permette di gestire un milione di dispositivi in un chilometro quadrato, assicura una durata della batteria dei dispositivi almeno pari a dieci anni e consente di utilizzare diverse frequenze, da 400 MHz a 100 GHz. Nelle tecnologie digitali, una rilevanza crescente la sta assumendo Internet delle cose (IoT), caratterizzato dallo scambio in modo autonomo di informazioni tra oggetti, che modificano le proprie prestazioni sulla base delle informazioni ricevute. La disponibilità a basso costo di sensori connessi in rete favorirà il monitoraggio della domanda di energia in tempo reale, svilupperà prodotti e servizi nell’ambito della domotica e migliorerà la modalità di bilanciamento di domanda e offerta di energia, prospettiva che potrà incrementare l’utilizzo di fonti rinnovabili. Le tecnologie IoT possono: • predire o rilevare quando una macchina richiede manutenzione, riducendo o eliminando arresti non programmati, dilazionando i cicli di manutenzione, con conseguente riduzione dei costi; • garantire il continuo monitoraggio dello stato dell’inventario (ad esempio temperatura, umidità ed eventuali danneggiamenti) e della catena delle forniture, consentendo alle aziende di intervenire rapidamente e ottimizzando le dimensioni dell’inventario; • automatizzare e ottimizzare offerta e domanda di energia, monitorando e controllando in remoto la generazione elettrica distribuita e i sistemi di accumulo, riducendo i costi operativi. Una delle caratteristiche di IoT, non adeguatamente apprezzata, riguarda le nuove modalità di interazione. Mediante dispositivi interconnessi, un comando vocale o un sensore possono modificare la temperatura di un ambiente per renderla gradevole quando vi entra una persona; prestazione resa più agevole in futuro dalla disponibilità di vestiti dotati di sensori interconnessi. Anche il sistema di illuminazione può auto-modificarsi in funzione della luce naturale proveniente dalle finestre. Sono alcuni esempi di abitazione destinata a diventare una smart home, dove i consumi elettrici sono monitorati e ottimizzati in tempo reale attraverso dispositivi avanzati. Un altro campo fondamentale per il settore energetico è rappresentato dalla capacità di utilizzare l’enorme quantità di informazioni generate quotidianamente, denominata Big Data, la cui mole è dell’ordine degli zettabyte (miliardi di terabyte). Un insieme talmente grande e complesso di dati richiede la messa a punto di nuovi strumenti e metodologie per gestirli e processarli in un tempo ragionevole. L’eterogeneità dei dati disponibili, testi scritti, immagini, video e audio, documenti, e-mail, pagine Web, post su blog e social network, richiede l’uso di tecniche, come data mining, machine learning, analisi statistiche molto sofisticate, che offrono ottime posizioni di lavoro a matematici e statistici. Big Data consente di sfruttare i flussi di dati dalle centrali elettriche, per accrescerne l’efficienza o gestire in sicurezza le reti di distribuzione dell’elettricità, o i dati provenienti dai consumatori, per migliorare la previsione dei livelli di consumo e dei picchi della domanda elettrica. Queste potenzialità impongono di considerare prioritari i temi della sicurezza e della privacy. La prima soprattutto in termini di responsabilità nella gestione dei dati; la seconda in relazione al valore che i dati generano e ai benefici che si possono conseguire i quali dovrebbero essere equamente distribuiti tra consumatori e utility che non devono utilizzarle in modo improprio, come fanno i giganti del Web. La sicurezza e la privacy rappresentano questioni di primo piano che necessitano di un’attenzione particolare, in quanto – se non opportunamente risolte - potrebbero ostacolare il processo di digitalizzazione.L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2022 35 *Presidente onorario Coordinamento FREE La diffusione delle tecnologie digitali aumenta in proporzione anche il rischio di cyberattacchi, di cui la cronaca ci informa con crescente frequenza. È un andamento che sembra replicare quello della sicurezza delle centrali nucleari: la complessità dei sistemi digitali rende praticamente impossibile individuare a priori tutte le difese in grado di renderli inattaccabili. Di fronte all’esplosione dell’offerta di tecnologie e di prodotti digitali, le utility stanno assumendo due atteggiamenti diversi. Alcune si limitano a utilizzarli per rendere più efficiente e meno costoso il loro business tradizionale e spesso le adottano solo quando il loro impiego è obbligato. Altre sfruttano anche le opportunità dell’universo digitale, di allargare le proprie attività a nuovi segmenti di mercato, a partire dai servizi ai clienti. Per esempio proposte di interventi di efficientamento energetico, nella direzione di una smart home, che integri sicurezza, efficienza ed energy management, conseguibili soltanto avvalendosi delle nuove tecnologie di misura e di comunicazione, possono rappresentare un valore aggiunto, che facilita la fidelizzazione del cliente. Inoltre, i distributori di energia elettrica possono utilizzare i dati così acquisiti per migliorare le proprie capacità previsionali e la gestione della domanda. Le informazioni sulle abitudini del cliente, ricavabili da termostati intelligenti come il Nest di Google, consentono alle aziende di conoscere in modo dettagliato l’andamento temporale della domanda termica e quindi di programmare meglio la propria offerta di energia (anche in termini di prezzi). Infine, l’intelligenza artificiale (AI) sta assumendo un ruolo sempre più importante nel settore elettrico, con un grande potenziale per la progettazione del futuro sistema nel suo complesso in chiave di decarbonizzazione ed elettrificazione. Molti e diversificati sono gli ambiti di applicazione dell’AI lungo l’intera filiera dell’energia elettrica: spaziano dalla generazione al trading, dalla gestione delle reti di trasmissione e distribuzione al consumo intelligente da parte degli utenti finali. Le sfide principali consistono nella massimizzazione dell’efficienza del sistema in tutte le sue componenti e nell’ottimizzazione dinamica dell’equilibrio tra domanda e offerta variabili: l’AI ha un potenziale ruolo chiave in termini di capacità predittive, di controllo e coordinamento dinamico delle molte componenti a perimetro della filiera elettrica, per esempio per armonizzare le fonti rinnovabili con la gestione della rete. Il miglioramento delle previsioni meteo è una tra le principali applicazioni della AI necessarie per migliorare l’integrazione della generazione da fonti rinnovabili nel sistema elettrico. Una ulteriore e fondamentalmente applicazione dell’AI è relativa alla manutenzione predittiva degli asset infrastrutturali costituenti gli apparati di generazione da fonti rinnovabili di varia tipologia per massimizzarne l’efficienza, la continuità operativa e di conseguenza la capacità di generazione verde nel suo complesso. Un esempio è dato dall’applicazione dell’AI alla generazione eolica in Giappone da parte di General Electric, con risultati di riduzione dei costi di manutenzione del 20% e di incremento del 5% della potenza erogata. L’AI può altresì migliorare le performance di utilizzo dell’energia gestita tramite storage, rendendo più semplice l’integrazione di fonti diversificate e distribuite di energia rinnovabile con gli aggregati su larga scala di batterie. Alla rapida e dirompente penetrazione nel settore energetico delle tecnologie digitali non corrisponde però un confrontabile aggiornamento delle normative europee e nazionali. Nessuno si preoccupa di affidare alle autorità per l’energia il compito di proteggere i consumatori anche da eventuali usi impropri delle informazioni acquisite da parte di utility e gestori delle reti. ▲LAWALLBOX INTELLIGENTE DISERIE WWW.ZAPPI.EU INFO@ZAPPI.EU #SEGNIPARTICOLARI Gestionedellefonti:reteorinnovabili RicaricaEcoplussolodaenergiasolare Timerprogrammabile Gestionedelcaricodinamicamultipla Finoaseizappicontemporaneamente Sempreaggiornato AppgratuitaL'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2022 37 Elettroni mobili. E condivisi C he il modo di spostarsi stia cambiando è fuor di dubbio, sia esso in città o fuori dalle aree metropolitane. Non si tratta solo di salire in auto e percorrere la strada che ci porta in ufficio o a scuola. Significa anche la possibilità di avere a portata di mano una serie di servizi e strumenti che fino a qualche anno fa erano solo sulla carta. Gli anglossassoni la chiamano disruption che potremmo tradurre come il profondo cambiamento di un intero settore che avviene grazie, e soprattutto, alla tecnologia. Ma che cosa significa nella pratica? Già oggi possiamo noleggiare una bici o un monopattino con un'App, pagare il parcheggio o il pedaggio dell'autostrada tramite un unico servizio, prenotare una corsa condivisa su un'auto elettrica o prenotare in tempo Nonostante il contesto energetico ed economico critici, la mobilità elettrica sta crescendo MOBILITÀ / di Rudi Bressa*L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2022 38 La strategia europea per una mobilità a emissioni zero punta sui veicoli elettrici per i trasporti leggeri. Per i trasporti pesanti su efficienza nei consumi e carburanti di quarta generazione non fossili reale il posto in un treno. Non si tratta solo di servizi, ma di una trasformazione radicale che dovrebbe portare a ridurre l'impatto ambientale dei trasporti, e il modo in cui concepiamo la mobilità. La strategia europea per una mobilità a emissioni zero In Europa, come scrive l'Agenzia europea per l'ambiente, le emissioni del settore trasporti sono aumentate costantemente tra il 2013 e il 2019 a causa della crescita del trasporto di passeggeri e dei volumi di merci terrestri. Le emissioni sono poi diminuite del 13,6% tra il 2019 e il 2020 per una drastica diminuzione dell'attività di spostamenti durante la pandemia, mentre hanno ripreso a crescere del 7,7% nel 2021, a seguito di un effetto rimbalzo dell'economia. Secondo le stime dell'agenzia, senza politiche e misure aggiuntive, le emissioni continuerebbero a crescere di circa il 9% entro il 2030. Per questo motivo già nei mesi scorsi, il Parlamento europeo ha raggiunto un accordo che prevede di vietare la vendita di nuovi veicoli, furgoni e van che non siano a emissioni zero dal 2035. Come fase intermedia verso l’azzeramento delle emissioni, le nuove norme in materia di CO 2 richiederanno anche una riduzione media delle emissioni del 55% entro il 2030 per le nuove autovetture e del 50% entro il 2030 per i nuovi furgoni. Insomma, il trasporto privato e tutto il settore automotive è destinato a cambiare radicalmente nei prossimi anni e ad essere incentivati saranno certamente i veicoli elettrici. Di sicuro molto lavoro sarà da compiere sia sul trasporto pesante sia sul settore dell'aviazione civile e quella marittima, che difficilmente potranno essere “elettrificati”. Sarà dunque fondamentale lavorare sia sull'efficienza nei consumi, sia nella realizzazione di carburanti cosiddetti di quarta generazione, ovvero non provenienti da fonti fossili. I numeri della mobilità elettrica Ma come sta cambiando il settore e soprattutto chi lo sta trainando? A scattare una fotografia c'ha pensato il sesto rapporto - Smart Mobility Report - redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e pubblicato a fine settembre. A livello globale è la Cina ad essere il maggiore mercato con un aumento del 155% di nuove immatricolazioni nel 2021, rispetto all'anno precedente. Anche l'Europa mantiene un trend positivo con oltre 2,3 milioni di nuove immatricolazioni (+66% rispetto al 2020), ma tra i paesi che stanno spingendo il passaggio all'elettrico manca l'Italia, che fa registrare ancora numeri bassi rispetto a paesi come Norvegia o Danimarca. Il rapporto parla comunque di “anno record”, dato che i nuovi veicoli sono 137 mila, contro i 60 mila del 2020. I primi mesi del 2022 hanno invece subìto un'inversione di tendenza, vuoi per la carenza di materie prime (chip e semiconduttori), vuoi per i costi che restano ancora troppo alti per gran parte dei cittadini. Di positivo c'è da registrare però un aumento dei punti di ricarica privati, che grazie anche al Superbonus, si attestano in 88 mila nuove unità, un +250 per cento rispetto all'anno precedente. Timidi segnali, pur sempre positivi.L'ECOFUTURO MAGAZINE novembre/dicembre 2022 39 *Giornalista ambientale e scientifico Il futuro è lo smart charging In questo contesto la rete di ricarica avrà ovviamente un ruolo fondamentale e dovrà gestire i picchi di domanda e la tenuta della rete nazionale. Secondo gli esperti una soluzione arriverà dal cosiddetto “smart charging”, ovvero un sistema di ricarica intelligente che dovrebbe portare la ricarica dei veicoli a un processo ordinato e controllato. Detta in parole più semplici, si tratterebbe di regolare il flusso energetico in base alla domanda che registra la rete in quel dato momento, aumentando o riducendo la quantità di energia in uscita dalla presa elettrica e garantendo comunque la ricarica della batteria. Se le previsioni di aumento della capacità installata da fonti rinnovabili sarà rispettato (70 GW entro il 2030), sarà dunque necessario che anche i veicoli elettrici vengano trasformati in “batterie su ruote”, in grado cioè di dialogare con la rete elettrica e funzionare da accumulatori di elettricità: è il cosiddetto Vehicle2Grid (V2G), ovvero un sistema intelligente capace di cedere elettricità alla rete nel momento di necessità (quando la domanda aumenta) o di stoccarla quando invece l'offerta è maggiore, mantenendo quindi in equilibrio l'intero sistema. Un conto è avere qualche migliaio di auto in carica, un altro sarà averne centinaia di migliaia collegate tutte nello stesso momento. In quest'ottica sarà fondamentale lo sviluppo anche di un'adeguata rete di ricarica, sia a livello nazionale sia europeo. Secondo le rilevazioni effettuate da Motus-E, alla fine di giugno 2022 nel nostro Paese risultavano installati circa 30 mila punti di ricarica distribuiti su 15 mila colonnine, con un aumento del 32 per cento rispetto all'anno precedente, «numero ancora decisamente troppo basso rispetto alle necessità», scrive il Think Tank ECCO in una recente analisi. Il divario poi tra Nord e Sud resta elevato, con il 57% delle “colonnine” che si trova al Nord Italia, il 23% circa al Centro mentre solo il 20% al Sud e nelle isole. Sulle autostrade, i punti di ricarica restano ancora pochi, ovvero 235, di cui 151 per ricariche veloci o ultra veloci. Cresce la sharing mobility Ciò che stiamo vedendo è comunque un aumento repentino dei servizi che mettono in condivisione i mezzi di trasporto in città e capoluoghi di provincia, pur con tutte le loro contraddizioni: pensiamo ad esempio all'aumento degli incidenti causati da un errato impiego dei monopattini elettrici o a come vengono abbandonate alcune biciclette a flusso libero. Ma il trend rimane comunque positivo, come spiega il “Rapporto sulla sharing mobility”, presentato in occasione della 6° Conferenza Nazionale della Sharing Mobility. Nel 2021 i viaggi realizzati in sharing mobility sono stati in tutto 35 milioni circa, +61% rispetto al 2020 (anno del lockdown) e il 25% in più del 2019, mentre l'83% dei noleggi avviene su un veicolo di micromobilità, dato sicuramente interessante perché avrà un effetto anche sulla riduzione del parco veicoli circolante. Anche le flotte aumentano, soprattutto per quanto riguarda i veicoli leggeri: monopattini (51%), bici (31%), scooter (10%) e auto (7%) con il 94,5% dei veicoli in condivisione che sono già a zero emissioni, segno che l'elettrificazione, almeno per quanto riguarda il cosiddetto “ultimo miglio” sta già avvenendo. Un ultimo dato piuttosto interessante presentato proprio durante l'ultima COP27 di Sharm el Sheikh, in Egitto. Secondo il “Zero- Emission Vehicles Factbook” realizzato da Bloomberg New Energy Finance, le previsioni stimano che il passaggio ai veicoli elettrici eviterà l'utilizzo di quasi 1,7 milioni di barili di petrolio al giorno nel 2022, una cifra superiore al consumo totale di petrolio di un'economia di medie dimensioni del G20 come la Francia o il Messico. ▲Next >